Con sentenza non definitiva n. 8634 del 27/12/2021, il CdS ha infatti chiesto all’Adunanza Plenaria di “chiarire quale interpretazione debba trovare l’art. 7 comma 2 della l. n. 362 del 1991 nel caso di farmacia detenuta da società, ove quest’ultima sia partecipata da altra società attiva in ambito sanitario e avente i caratteri sopra segnalati; ed, in particolare, come debbano intendersi in relazione a tale fattispecie, o quali adattamenti interpretativi possano trovare, gli elementi normativi concernenti la “gestione” della farmacia e l’“esercizio della professione medica””.
Per darvi un’idea di cosa stiamo parlando basterà probabilmente rileggere la Sediva News dell’11/02/2021 [“Per il Tar Marche una casa di cura non può partecipare a una società titolare di farmacia… e non si può naturalmente che essere d’accordo”] e quella del 15/07/2021 [“Sull’incompatibilità assoluta di una clinica a partecipare a una società titolare (o gestore) di farmacia…quali i veri dubbi del Consiglio di Stato?”].
È facile allora prevedere che, se l’A.P. riterrà la vicenda sottoposta al suo giudizio non confliggente [per uno o l’altro dei due aspetti chiamati in causa] con la prescrizione del comma 2 dell’art. 7 della l. 362/91 [incompatibilità tra “la partecipazione alla società” titolare dell’esercizio di una farmacia privata e “l’esercizio della professione medica”], e se pertanto una casa di cura potrà legittimamente assumere (addirittura) la veste di socio unico di una società titolare di farmacia, sarà l’intero sistema delle incompatibilità a traballare per poi saltare praticamente del tutto alla prima buccia di banana successiva.
Potremo ovviamente riparlarne soltanto nel… prossimo anno.
(gustavo bacigalupo)
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