Come anticipato qualche giorno fa, la giurisprudenza amministrativa si è ormai mossa con tutti i suoi battaglioni e ad ampio spettro anche su questo delicatissimo tema e dunque, in una splendida e non usuale assoluta uniformità di giudizi tra i Tar e il Consiglio di Stato, oggi il quadro di vaccini, Green pass, tamponi, ecc., appare abbastanza chiaro ed esaustivo perlomeno dal punto di vista giuridico e ai “no vax” francamente sono state date risposte praticamente su tutto.

Beninteso, i giudici amministrativi – talora probabilmente incappando in qualche eccesso di potere… giudiziario – hanno ovviamente potuto prendere finora in esame solo i provvedimenti che conoscete e soprattutto i due Dl. del 2021 nn. 44 e 172, sui quali ci siamo peraltro anche noi soffermati adeguatamente.

Ma altri provvedimenti sembrano fatalmente in arrivo, come vedremo, e quindi il Consiglio di Stato avrà ancora – e purtroppo forse a lungo – il suo daffare.

Ora però dobbiamo dar conto di quel che la giurisprudenza ci ha detto fin qui.

  • La piena legittimità dell’obbligo vaccinale

Consiglio di Stato sent. n. 7045 del 20/10/2021

Il CdS ha esaminato la vicenda dell’obbligo vaccinale secondo il quadro normativo vigente, soffermandosi in particolare sui profili della sua compatibilità con le norme costituzionali e comunitarie e concludendo per la piena legittimità su tutti i versanti degli adempimenti posti a carico degli esercenti le professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario [per una più ampia disamina v. Sediva News del 21.10.2021: “Legittimo per il Consiglio di Stato l’obbligo vaccinale per i professionisti e gli operatori sanitari”].

  • Sull’inconfigurabilità di un periculum in mora nella sospensione dall’esercizio della professione

Consiglio di Stato ord. nn. 6476 e 6477 del 3/12/2021

Il CdS in queste due ordinanze ha affermato non sussistere il periculum [ovvero il grave e irreparabile pregiudizio che possa derivare ai ricorrenti durante il tempo necessario per giungere ad una decisione sul gravame] nella considerazione che la misura impugnata [sospensione] ha efficacia limitata al 31/12/2021, sicché è a questo arco temporale di durata relativamente circoscritta che va commisurato il paventato pregiudizio.

Sulla scorta di questa affermazione, che sembra condivisibile, ci chiediamo se – come parrebbe corretto – dal primo gennaio 2022 il consapevole No Vax possa/debba essere non più considerato sospeso e se, stante la diversa formulazione operata dal dl 172/2021, egli vada sottoposto ad un altro e ulteriore procedimento di verifica del mancato adempimento relativo all’obbligo vaccinale. Oppure, se le cose stiano in modo diverso…

È una questione comunque molto delicata perché proprio in queste ore cessa il provvedimento di sospensione adottato nel vigore del dl. 44 e dunque c’è il rischio che l’Ordine – che oggi è l’unica amministrazione competente anche in sede sanzionatoria – debba fare qualcosa o rifare tutto da capo.

Da ultimo, però, ci piace riportare qui di seguito l’ultimo passaggio dell’ord. n. 6477 perché affiorano considerazioni che negli scritti difensivi devono aver assunto toni non certo di stima o di affetto nei confronti del Supremo Consesso:

Ravvisata infine la necessità da parte del Collegio di stigmatizzare fermamente l’affermazione -OMISSIS- e conducente alla tesi secondo cui questa Sezione, con i propri recenti pronunciamenti, si sarebbe arrogata funzioni specialistiche e cognitive estranee alle sue competenze, viepiù esprimendo orientamenti di “chiara e sospetta ispirazione… governativa”. L’affermazione, oltre che gravemente irriguardosa ed eccedente i limiti della vis polemica consentita dall’agone giudiziario, appare priva di costrutto oltre che palesemente contraddittoria con altra e larga parte delle deduzioni contenute nell’atto di appello, intese a criticare l’eccessivo affidamento riposto dal giudice nelle autorità scientifiche terze, delle quali pure si pretende di mettere in dubbio, con analoga inconsistenza di argomenti e  preconcetta carica ideologica, il grado di indipendenza e imparzialità”.

Null’altro da aggiungere, ci pare.

  • Le competenze di Asl e medico di medicina generale nell’iter di esonero dall’obbligo vaccinale

Consiglio di Stato ord. n. 6790 del 22/12/2021

Il CdS chiarisce che all’Azienda sanitaria locale compete la decisione finale in ordine alla necessità di derogare all’obbligo vaccinale in considerazione di quanto dichiarato dal medico di medicina generale nel proprio certificato, il quale peraltro, proprio perché costituente l’oggetto (diretto ed esclusivo) dell’attività di verifica della Azienda sanitaria locale, deve consentire all’Amministrazione di appurare la sussistenza dei presupposti dell’esonero.

Il legislatore ha infatti attribuito al medico di medicina generale un compito di “filtro” delle “istanze” di esonero, ferma tuttavia la responsabilità dell’Azienda di verificare l’idoneità della certificazione all’uopo rilasciata: non di inutile “duplicazione”, perciò, si tratta perché, da un lato, c’è il contatto “diretto” del medico di medicina generale con il paziente e, dall’altro, quello secondario e “indiretto” dell’Azienda, mediato però quest’ultimo dalla certificazione del medico e dalla documentazione a corredo.

Quanto al fumus della fase cautelare, il CdS respinge la possibilità di collocare il ricorrente in smart working, in quanto nel caso di specie – trattandosi del direttore sanitario di una casa di cura – le responsabilità del ruolo richiedono una presenza costante nel luogo di lavoro.

  • Sulla natura della comunicazione dell’Ordine di sospensione dall’esercizio della professione

Tar Friuli Venezia Giulia n. 276, del 13 settembre 2021 e  290 del 27 settembre 2021 e Tar Emilia n. 1003 del 09/12/2021

Il Tar udinese con le due sentenze respinge i ricorsi presentati da altrettanti professionisti sanitari, dichiarandoli inammissibili per carenza di interesse all’impugnazione attesa la natura non provvedimentale della comunicazione di sospensione effettuata dall’Ordine.

A quel tempo, infatti, l’Ordine – dopo aver trasmesso alla Regione l’elenco degli iscritti – si limitava in sostanza a comunicare loro, tutti “no vax” naturalmente, atti/provvedimenti adottati dalle Asl: l’Ordine, perciò, era allora poco più di un passacarte mentre oggi provvede.

Quanto alla sospensione dall’esercizio della professione, proseguono le due decisioni, si tratta di un’ipotesi “atipica” quanto a presupposti ed effetti, ed estranea alle competenze dell’Ordine professionale in senso proprio, trattandosi in realtà di una sospensione che:

non aveva [come non ha] finalità sanzionatoria ma precauzionale, quale misura di tutela della salute collettiva;

non riguarda, proprio per questo, l’esercizio della professione in toto, ma solo “il diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”; così, ad esempio, un medico, inibito a svolgere attività cliniche o chirurgiche, ben potrebbe svolgere attività di laboratorio;

non consegue, pertanto, all’esercizio di un potere disciplinare e quindi di un procedimento di valutazione in concreto della gravità di una condotta, ma è l’effetto rigidamente predeterminato ed automatico di un presupposto di fatto [l’inadempimento all’obbligo vaccinale, accertato dall’azienda sanitaria].

  • Sul possibile difetto di giurisdizione del giudice amministrativo

Tar Liguria sent. n. 991 del 06/10/2021, nn. 985 e 986 del 18/11/2021, Tar Marche sent. n. 881 del 18/12/2021

Le tre pronunce, partendo dal presupposto che “l’obbligo vaccinale è previsto immediatamente dalla legge senza alcuna intermediazione del potere amministrativo”, proseguono osservando che l’inottemperanza all’obbligo vaccinale, consacrata in un apposito atto di accertamento, determina una serie di conseguenze sulla sfera lavorativa del destinatario, che possono compendiarsi nella preclusione a svolgere mansioni a contatto con il pubblico o che comunque comportino il rischio di diffusione dell’infezione SARS-CoV-2.

Le conseguenze dell’inottemperanza all’obbligo vaccinale non discendono dunque dall’atto di accertamento in quanto tale, ma dai successivi provvedimenti del datore di lavoro e del Consiglio dell’Ordine, cosicché sono provvedimenti che, in ipotesi, potrebbero anche non essere adottati laddove il sanitario non svolgesse mansioni idonee a renderlo potenziale veicolo di infezione Sars-Cov-2.

Inoltre, i giudici genovesi – particolarmente nella sent. n. 991 – attribuiscono al giudice ordinario la competenza a giudicare in materia di sospensione di medici, professionisti sanitari ed operatori di interesse sanitario per violazione dell’obbligo vaccinale di cui all’art. 4 del d.l. n. 44/2021, perché è un obbligo sancito direttamente dalla legge senza alcuna intermediazione del potere amministrativo, essendo il procedimento di cui all’art. 4 finalizzato unicamente a far emergere l’eventuale inadempimento del vaccinando.

Di conseguenza, la pretesa eventualmente azionata da professionisti ed operatori non vaccinati è strettamente collegata alla tutela del diritto fondamentale alla salute, garantito dall’art. 32 Cost. come diritto soggettivo perfetto, che non può essere degradato o affievolito ad interesse legittimo mediante l’esercizio della potestà discrezionale dell’amministrazione.

E questo emerge in termini ancor più eloquenti, prosegue il Tar, se si considera che gli atti adottati dalle Asl ai sensi dell’art. 4 citato non hanno natura discrezionale ed autoritativa, ma, al contrario, presentano carattere vincolato, sostanziandosi in una serie di comunicazioni ed accertamenti a dare attuazione al precetto legislativo.

Insomma, almeno alla luce del quadro normativo in vigore al momento delle loro decisioni [dl. 44], per il Tar Liguria e il Tar Marche la giurisdizione compete al giudice ordinario e francamente qualche dubbio in tal senso parrebbe a noi lecito anche alla luce del dl. 172, per quanto osservato a pag. 3 della Sediva News del 16/12/2021 [“Persistenti incertezze sull’obbligo vaccinale…”].

  • Ancora sulla legittimità dell’obbligo vaccinale

Tar Puglia – sent. – 19/11/2021, n. 1685

Il Tar ribadisce il recente orientamento del CdS secondo cui la vaccinazione obbligatoria selettiva introdotta dall’art. 4 D.L. n. 44 del 2021 ha il compito di garantire la tutela della salute della collettività.

Infatti, in fase emergenziale il principio di precauzione opera all’inverso e consente l’imposizione di terapie – in ambito sanitario -in grado di assicurare più benefici che rischi.

Pertanto, “il potenziale rischio di un evento avverso per un singolo individuo, con l’utilizzo di quel farmaco, è di gran lunga inferiore del reale nocumento per una intera società, senza l’utilizzo di quel farmaco”, con la conseguenza che non vi è alcuno spazio per la c.d. esitazione vaccinale.

 

  • La documentazione necessaria per l’esenzione vaccinale

Tar Lazio sent. n. 11543 del 10/11/2021

I giudici romani, sulla base del “combinato disposto” dei commi 2 e 5 dell’art. 4 del dl 44/2021 assumono che il professionista sanitario o l’operatore di interesse sanitario che chieda l’esonero dall’obbligo vaccinale debba produrre non solo la certificazione in sé redatta dal medico curante ma anche la “documentazione comprovante” quelle “specifiche condizioni cliniche” in base alle quali il medico stesso ha ritenuto che la vaccinazione debba essere omessa (o differita), pena un pericolo per la salute del paziente.

Né, d’altro canto, si potrà opporre la tutela della privacy al fine di non produrre la documentazione necessaria, in quanto “Il necessario bilanciamento tra riservatezza e trattamento dei dati sensibili da parte della competente amministrazione deputata alla verifica di attendibilità della attestazione di esonero dalla vaccinazione è stato direttamente operato “a monte” dal legislatore di emergenza, a favore ossia della possibilità di trattare tali dati ad opera della competente PA, nel momento in cui il richiamato comma 5 dell’art. 4 del DL n. 44 del 2021 ha previsto l’obbligo, a carico dell’interessato, di versare agli atti del procedimento non solo la “certificazione” del proprio medico curante ma anche tutta la “documentazione comprovante” le ragioni poste alla base di siffatto esonero vaccinale”.

Ecco un esempio, a quanto pare, di un possibile eccesso di potere… giudiziario.

  • I definitivi (per il momento) arresti del Consiglio di Stato

Consiglio di Stato sent. n. 8454 del 20/12/2021

Il CdS decide quindi l’appello, respingendolo, contro la decisione del Tar Lazio n. 11543/2021 che abbiamo esaminato poco fa, confermando in particolare il passaggio e gli assunti riguardanti l’esonero dall’obbligo vaccinale, che può ritenersi legittimo solo nel “caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale”.

Il CdS, inoltre, ricostruendo la procedura di verifica dell’obbligo vaccinale individua la differente disciplina delle conseguenze dell’accertata omessa vaccinazione tra la nuova [dl 172/2021] e la vecchia normativa dove la prima determina “l’immediata sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie”, mentre nel regime previgente era prevista semplicemente la sospensione “dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”, laddove l’adibizione “a mansioni anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, in modo da evitare il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2” è prevista dal vigente comma 7 nei confronti dei soli soggetti esentati dall’obbligo vaccinale.

L’Alto Consesso risponde pertanto, ora per allora, al dubbio che anche noi avevamo sollevato in chiusura della già citata Sediva News del 21.10.21, invocando un chiarimento giurisprudenziale proprio sulle conseguenze immediate – per giunta, di diritto – dell’accertato inadempimento del professionista sanitario all’obbligo vaccinale, che nel vigore del dl. 44 avrebbero dovuto [secondo noi, ma non secondo alcuni Ordini professionali…] essere circoscritte agli effetti meno drastici rispetto alla sospensione dall’esercizio della professione, diventata invece l’unica misura discendente ope legis nel sistema del dl. 172 [N.B.: citiamo questo specifico aspetto dell’intera vicenda per ribadire il nostro convincimento circa il decisivo ruolo nella formazione dell’ultimo dl. del Ministero della Salute, che infatti aveva mostrato anche in precedenza di propendere decisamente per questa misura…].

Proseguendo, poi, nella disamina dei motivi di appello il CdS si sofferma sulla censurata illegittimità costituzionale delle norme de quibus laddove, nella presunta violazione dell’art. 3 Cost., prevedono l’imposizione di un obbligo vaccinale solo per la categoria degli appartenenti alle professioni sanitarie, mentre, per le altre categorie professionali [che sono parimenti a contatto diretto con il pubblico], le pertinenti disposizioni prevedono l’obbligo del cd. Green Pass, che nella sua versione c.d. “base” [che dovrebbe avere però le ore contate…] consente la scelta tra il sottoporsi alla vaccinazione e l’effettuazione di tamponi ripetuti così da verificare la persistente mancanza di contagiosità.

Muovendo, in particolare, dal rilievo che il tampone ha una prevalente finalità diagnostica [essendo finalizzato ad accertare l’avvenuta infezione da Sars-CoV-2], mentre il vaccino persegue anche una funzione preventiva [in quanto finalizzato a impedire l’infezione e comunque l’evoluzione patologica della stessa, soprattutto nelle forme particolarmente gravi con cui si manifesterebbe in caso di mancata somministrazione], il Consiglio di Stato entra nel merito delle differenze dei due percorsi: quello Vaccinale puramente e semplicemente, da una parte, e il duplice iter che può condurre invece al Green Pass, dall’altra.

La diversa efficacia del vaccino rispetto al tampone “al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza” [art. 4, comma 1, d.l. n. 44/2021] viene in ultima analisi ricondotta alla considerazione che, mentre il tampone da eseguire con cadenza di 48 ore espone comunque al pericolo di contagio (e conseguente diffusione virale) nel pur breve periodo intermedio che intercorre tra l’uno e l’altro, il vaccino garantisce una copertura anti-virale, nel lasso temporale della sua efficacia, ininterrotta.

L’obbligo vaccinale, in definitiva, è quindi volto al contenimento della trasmissione virale, attesa la maggiore fragilità che in astratto caratterizza i soggetti che accedono alle prestazioni sanitarie; ed è proprio tale potenziale fragilità a giustificare l’adozione a fini preventivi di misure ritenute maggiormente efficaci, anche se evidentemente più incidenti sulla libertà in senso lato dell’operatore sanitario, come appunto l’obbligo vaccinale.

* * *

Questa la giurisprudenza fino alla giornata di San Silvestro del 2021, ma, come accennato, sono ipotizzabili altri provvedimenti, più o meno invasivi per le nostre vite, e pensiamo all’estensione dell’obbligo vaccinale ad altre categorie [tra cui potrebbero rientrare anche i dipendenti non laureati di farmacia perché anch’essi potenzialmente in contatto con la platea degli utenti], al lockdown per i non vaccinati [che forse potrebbero decidersi a saltare… il Rubicone], all’obbligo vaccinale tout court per l’intero orbe terracqueo, a quarantene ridotte in funzione del singolo stato vaccinale, a interventi normativi su tamponi rapidi e molecolari, e così via.

(gustavo bacigalupo – cecilia sposato – aldo montini)

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