Dopo quattro anni di gestione in comune di una farmacia vinta a concorso, ci siamo resi conto che la farmacia non è forse in grado di garantire a tutti e tre i soci il raggiungimento delle nostre aspettative di allora e inoltre non c’è lavoro in farmacia per tutti e tre.
Viste le complicazioni soprattutto per questioni economiche dell’uscita dalla snc di un socio, stiamo pensando di liberare dagli obblighi lavorativi uno di noi perché lui avrebbe l’occasione di aprire una parafarmacia con il fratello non farmacista in una zona comunque lontana dalla farmacia e perciò non ci sarebbero problemi di concorrenza.
Se questa soluzione fosse realizzabile, gli altri due soci potrebbero vedere aumentati i compensi lavorativi previsti nello statuto nel quale quindi scomparirebbero gli obblighi del terzo socio di svolgere la sua professione nella farmacia della società.
In pratica, gli utili della snc verrebbero sempre divisi per tre ma i maggiori compensi degli altri due soci ne ridurrebbero l’ammontare distribuibile.
Nella vostra rubrica, che apprezziamo molto per la varietà di argomenti e la puntualità con cui ci pervengono ogni mattina le Sediva News, voi avete affrontato sicuramente anche questo problema della compatibilità tra società e parafarmacia; ma vi preghiamo di precisarci meglio se, in questo caso che abbiamo cercato di descrivere, il socio rischia o meno l’incompatibilità prestando nella parafarmacia la sua attività professionale.

È una vicenda tutt’altro che nuova, perché non è infrequente assistere a società titolari di farmacia di recente formazione – per lo più costituite proprio tra covincitori in concorsi straordinari, come la vostra – costrette a fronteggiare realtà imprenditoriali [ma anche professionali] diverse da quelle auspicate al momento della partecipazione al concorso e in qualche caso anche serie difficoltà di “convivenza” tra loro.

Nonostante comunque l’ampiezza degli aspetti coinvolti dal quesito, dobbiamo evidentemente circoscrivere questa indagine proprio alla questione centrale della vs. email, che è quella della compatibilità o meno della partecipazione alla società titolare di farmacia per il socio che avvii una parafarmacia prestandovi anche la propria attività professionale, magari assumendo il ruolo e la veste di responsabile dell’esercizio.

La questione in effetti è stata da noi già esaminata da vari punti di vista e possiamo dunque almeno in parte replicare quanto osservato a suo tempo, tanto più che, ad esempio, il tema specifico riguardante le tre categorie di incompatibilità che tutti ben conoscete è ancor oggi fermo alle recenti decisioni di Corte costituzionale e Consiglio di Stato [il “punto” sull’argomento è in Sediva News del 15/07/2021].

  • Socio e titolarità di parafarmacia

Ribadita allora in primo luogo la persistente esclusività dell’oggetto sociale di una società titolare di farmacia [alla quale infatti è tuttora (ma fino a quando?) precluso l’esercizio di una parafarmacia, come pure di una qualsiasi attività diversa dall’assunzione della titolarità e/o gestione di una o più farmacie], non si rinvengono invece disposizioni normative che si occupino seppur indirettamente della compatibilità o incompatibilità tra lo status di socio e l’esercizio di una qualunque altra impresa commerciale.

Sembra quindi sicuro che chiunque partecipa a una società titolare di farmacia – farmacista o non farmacista, persona fisica o società – può esercitare anche una o più parafarmacie in forma di impresa sia individuale [come illustriamo brevemente nella Sediva News del 25/02/2021] che ovviamente anche sociale.

“Legittimata” così la veste di quel socio come imprenditore individuale o sociale, dobbiamo ora valutare in punto di diritto – quel che d’altronde chiede il quesito – i riflessi degli incarichi lavorativi da lui eventualmente assunti nella parafarmacia sulla sua partecipazione alla snc attualmente titolare di farmacia.

  • Il lavoro del socio nella parafarmacia

Trascuriamo intanto l’ipotesi che quel socio possa inquadrare le sue prestazioni di farmacista nella parafarmacia in un rapporto di lavoro subordinato: è un’evenienza infatti molto poco realistica, dato che qui titolare della farmacia è una snc in cui, a differenza che nella sas, nessuno può parteciparvi come socio di mero capitale e quindi per quel vs. socio ‑ tenuto conto della nota sentenza interpretativa della Corte Costituzionale – si materializzerebbe senza possibilità di scorciatoie o vie di fuga una indubbia e insanabile condizione di incompatibilità ex art. 8, comma 1, lett. c), della l. 362/91.

Di conseguenza, la domanda diventa questa: ci sono ruoli o attività lavorative di quel socio, che egli voglia intraprendere nella o per la parafarmacia, tali da configurarne la non conciliabilità con la sua partecipazione alla vs. snc?

  • In particolare: il socio come “farmacista responsabile” della parafarmacia

Certo, non sono contestabili prestazioni puramente gestorie e/o amministrative dell’esercizio di vicinato, ma potrebbero invece rivelarsi tali, non tanto naturalmente sporadici e/o discontinui atti professionali di assistenza alla clientela della parafarmacia, quanto e piuttosto le attività inerenti all’incarico eventualmente da lui assunto di “farmacista responsabile” della parafarmacia.

Si tratterebbe in realtà di verificare se in questa eventualità possa essere ipotizzabile [richiamando quanto ampiamente già chiarito in un’altra circostanza] una violazione:

a] dell’art. 8, comma 1, lett. b) della l. 362/91, che sancisce a carico di un farmacista che partecipa a una società [non importa se di persone o di capitali] titolare di farmacia l’incompatibilità di tale suo status con la “posizione di titolare, gestore provvisorio, direttore o collaboratore di altra farmacia, ricordando comunque per l’ennesima volta che per “altra farmacia” deve intendersi un esercizio di cui sia titolare una società cui non partecipi la persona in questione e quindi, per esemplificare, se io partecipo a 10 società, di persone o di capitali, titolari di altrettante farmacie, potrò prestare attività lavorativa – anche quella, s’intende, di farmacista – in tutte e 10 le farmacie sociali pur potendo assumere la direzione responsabile soltanto di una di esse;

ovvero, più verosimilmente

b] della già citata lett. c) dello stesso comma 1, che ne contempla invece l’incompatibilità “con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato”.

Se però in una farmacia è figura tipica e necessaria proprio quella di direttore responsabile [che come noto, quando la titolarità sia individuale, è il titolare stesso], in una parafarmacia il ruolo per certi profili è svolto dal “farmacista che (vi) esplica l’attività professionale”, oppure – se nella parafarmacia/esercizio di vicinato o nella parafarmacia/corner operano “più farmacisti” – dal “farmacista responsabile” individuato dal “titolare dell’esercizio commerciale” e reso “identificabile dall’utente”.

Riportata quasi integralmente, è questa la disciplina che si trae dal comma 1 bis e comma 1 ter dell’art. 108 del Codice comunitario dei farmaci [aggiunti all’originario comma 1 dal comma 20 dell’art. 2, D.Lgs. 29 dicembre 2007, n. 274], i quali attribuiscono espressamente all’unico farmacista addetto all’esercizio o al corner – o al “farmacista responsabile”, come appena ricordato – la responsabilità “della gestione del reparto e dell’attività di vendita al pubblico dei medicinali” nonché “del connesso stoccaggio dei medicinali nel magazzino annesso, funzionale all’esercizio commerciale” [e dunque su questi specifici versanti della gestione della parafarmacia il “farmacista responsabile” può essere chiamato, poniamo, a rispondere sui vari aspetti ragionevolmente configurabili: civilistico, penale, deontologico e disciplinare].

Tornando però al cuore della questione, dobbiamo subito serenamente escludere l’applicabilità in questo caso delle figure di incompatibilità sopra indicate sub a]: infatti, la parafarmacia non è sicuramente una farmacia e almeno qui non c’è spazio per una qualsiasi interpretazione estensiva.

Resta allora da controllare se il vs. socio farmacista, assumendo/svolgendo l’incarico di responsabile di una parafarmacia, incappi nelle incompatibilità indicate sub b], quel che però tenderemmo a escludere, salva l’eventualità – per quanto già illustrato – che l’incarico sia svolto proprio nell’ambito di un rapporto di lavoro subordinato perché in tal caso il dettato letterale non lascerebbe già di per sé spiragli di uscita.

È vero che la Commissione Speciale del Consiglio di Stato [parere del 03.01.2018] ha ritenuto estensibile questa figura di incompatibilità al di là dei confini del lavoro dipendente, e particolarmente – come si è sottolineato più volte – anche alle attività di lavoro autonomo laddove queste siano esercitate con continuità e [aggiungiamo] con carattere di prevalenza rispetto alle altre attività lavorative, specie quelle professionali, del socio farmacista, ferma ovviamente l’assoluta estraneità a tutto questo del socio non farmacista.

Senonché, dobbiamo anche considerare che – nonostante le attribuzioni e le responsabilità di indubbio rilievo sul piano formale che, come si coglie dalle disposizioni riportate poco fa, sono ascrivibili al ruolo di farmacista responsabile della parafarmacia – le prestazioni strettamente inerenti all’incarico, non implicando una presenza continuativa, potrebbero renderne lo svolgimento almeno in linea generale compatibile con l’espletamento dell’attività professionale nella farmacia sociale.

È proprio tale compatibilità, infatti, che il parere del CdS sembra aver voluto fermamente preservare quando ha esteso l’ambito applicativo dell’incompatibilità sub c) del comma 1, art. 8 anche al lavoro autonomo sia pure dettandone i limiti e le condizioni di cui si è appena detto [per la verità, questo pur “lodevole” inquadramento interpretativo del CdS sembra – ancor più dopo la l. 124/2017 – privo di un vero sostegno nell’odierno sistema normativo…].

D’altra parte, senza voler peccare di superficialità o eccessiva disinvoltura, come al titolare individuale non è più imposta “la gestione diretta e personale dell’esercizio e dei beni patrimoniali della farmacia” [come prevedeva il vecchio testo del primo comma dell’art. 11 della l. 475/68] perché ben diversamente il nuovo testo [dettato dall’art. 11 della l. 362/91] gli ascrive la molto più tenue “responsabilità del regolare esercizio e della gestione dei beni patrimoniali della farmacia”, allo stesso modo il riferito mini quadro normativo sulla figura del “farmacista responsabile” di parafarmacia gli richiede soltanto di organizzare adeguatamente la gestione e l’attività di vendita dei medicinali, dunque la cura dei profili più altamente pubblicistici dell’attività e non ultimo, è chiaro, quello della costante presenza nella parafarmacia di un farmacista che garantisca la prescritta “assistenza personale e diretta al cliente”.

Indubbiamente, può darsi comunque il caso – e anzi non è affatto da escludere – che nelle “quotidianità” qualche Asl possa pretendere che il socio farmacista, ove responsabile di una parafarmacia, non assuma anche la direzione responsabile della farmacia di cui è titolare la società da lui partecipata e che cioè non ritenga cumulabili tra loro le due “direzioni” [anche se, come noto, il farmacista responsabile della parafarmacia è soprattutto il soggetto referente nei rapporti con la P.A.].

Ma al di là di questo peculiare possibile impedimento – che del resto non pare privo di fondamento – quel vs. socio non dovrebbe incontrare altri grandi ostacoli nella conservazione dello status e nel contemporaneo svolgimento dell’incarico nella parafarmacia.

Insomma, socio di società titolare e “parafarmacista” sono ruoli/figure/condizioni che sembrano generalmente conciliabili.

(gustavo bacigalupo)

 

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