Un nostro magazziniere, che aveva contratto il Covid19, è risultato in queste ore negativo al tampone e vorrebbe perciò tornare in farmacia a lavorare.
Leggendo un po’ dappertutto e sentendo le tante opinioni diverse in tv, vorremmo qualche chiarimento su quel che possiamo o dobbiamo fare verso questo dipendente.

È un quesito molto ricorrente quanto dibattuto anche per il susseguirsi di provvedimenti e disposizioni di contenuto diverso.
Certo è che la procedura di rientro al lavoro di un ex paziente Covid-19 non è semplicissima se non altro per la varietà delle singole situazioni e la conseguente diversità dei regimi applicabili.
Senonché, proprio recentemente, cioè il 6 aprile u.s. [guarda caso, la stessa data entro cui anche le farmacie avrebbero dovuto trasmettere alla Regione l’elenco dei propri dipendenti non farmacisti, sempreché considerati “operatori di interesse sanitario”, dato che per i dipendenti farmacisti dovrebbero essere sufficienti gli elenchi inviati dagli Ordini], è stato sottoscritto – aggiornando alcune disposizioni della circolare del Min. Salute del 12 ottobre 2020 – il “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro”.
Soffermiamoci quindi su questa vicenda in generale distinguendo le varie fattispecie.
a) Lavoratori positivi con sintomi gravi e ricovero: questi sono i soggetti che hanno sviluppato una polmonite o comunque un’infezione respiratoria acuta grave e naturalmente sono anche e soprattutto quelli che sono stati ricoverati in terapia intensiva; per loro il medico competente [ove nominato] o il medico di base deve redigere il certificato in cui si attesta la negatività del paziente risultante da un tampone molecolare.
b) Lavoratori positivi sintomatici: per loro restano valide le regole che in gran parte tutti conosciamo e che prevedono, dopo un isolamento di almeno 10 giorni dalla comparsa dei sintomi e il riscontro di un tampone molecolare negativo eseguito dopo almeno tre giorni senza sintomi, il rientro in comunità ma allo stesso tempo anche la riammissione alle normali attività lavorative.
c) Lavoratori positivi asintomatici: anche questi lavoratori possono rientrare al lavoro dopo il periodo di isolamento di almeno 10 giorni calcolati dall’accertamento della positività e però, s’intende, sempre dopo l’esecuzione di un tampone molecolare con esito negativo.
Tutte e tre le categorie di lavoratori indicate sub a), b) e c), sempre ai fini del reintegro in farmacia, devono inviare al titolare – mediante anche qui il medico competente o il medico di base – il certificato che attesta l’avvenuta negativizzazione.
Inoltre, i lavoratori di cui sopra – risultati negativi al tampone – anche quando nel loro nucleo familiare risultino casi ancora positivi possono nondimeno tornare in comunità e anche, al tempo stesso, riprendere le attività lavorative perché in ogni caso non considerati contatti stretti.
d) Lavoratori positivi a lungo termine: i soggetti risultati ancora positivi al test molecolare dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi, possono bensì – come recita la circolare del Min. Salute del 12 ottobre 2020 – tornare in comunità ma, ed è questa l’importante novità che reca il citato Protocollo del 6 aprile u.s., non possono rientrare tout court in servizio [come era contemplato in precedenza e come abbiamo appena visto nei casi precedenti] dovendo per questo sottoporsi a un tampone molecolare o anche rapido antigenico con esito negativo effettuato in struttura autorizzata dal SSN; anche in questa specifica ipotesi il lavoratore dovrà previamente inviare il referto al datore di lavoro con il solito medico competente o di base.
Giova aggiungere che – nell’“interregno” tra la fine dell’isolamento [i famosi 21 giorni] certificata dal medico curante in conformità alla circolare predetta e la completa negativizzazione – il lavoratore può essere adibito alla modalità di lavoro c.d. agile (smart working) e, ove questo non sia possibile [e/o compatibile con le mansioni svolte e/o con l’attività aziendale], potrà proseguire il periodo di malattia iniziato dalla comparsa dei sintomi, se naturalmente sintomatico, oppure dall’accertamento della positività, se asintomatico.
La negativizzazione definitiva del nostro lavoratore “positivo a lungo termine” non necessita – almeno lui! – di validazione dal medico curante.
e) Lavoratore con un “contatto stretto” asintomatico: siamo infine al lavoratore identificato/considerato come “contatto stretto” di un caso a sua volta positivo ma asintomatico; egli deve essere posto in regime di smart working [messaggio Inps n. 3653 del 9/10/2020] e, se la sua mansione lavorativa non è compatibile con il lavoro agile, potrà informare il suo medico curante che gli rilascerà il certificato telematico di malattia.
Ai fini, da ultimo, della sua riammissione in farmacia, questo lavoratore, trascorso il periodo di quarantena di 10 giorni dall’ultimo contatto con caso positivo, dovrà effettuare un tampone antigenico o molecolare e il referto negativo dovrà essere trasmesso dalla struttura al lavoratore che a sua volta provvederà immediatamente a inviarlo al titolare della farmacia sempre mediante il medico competente o quello di base.
Tutto questo, evidentemente, fino alle prossime novità.

(giorgio bacigalupo)

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