[…nella programmazione/organizzazione territoriale delle farmacie]
Stiamo dunque parlando (anche) dei criteri di individuazione delle amministrazioni titolari dei procedimenti di pianificazione sul territorio del servizio farmaceutico e delle competenze al rilascio dei relativi provvedimenti.
È un tema su cui da qualche tempo ci riservavamo l’analisi della sentenza del Consiglio di Stato n. 2240 del 15/03/2021, una decisione di grande importanza perché – sia pure con una disinvoltura non proprio frequentissima nel CdS – ha nientedimeno che ribaltato in un sol colpo la sua stessa giurisprudenza di questi ultimi otto o nove anni che per di più, si badi, si era formata con un andamento “crescente” e mai in realtà contraddittorio.
Quindi è un giro di volta semplicemente inspiegabile e che d’altra parte il CdS non si è dato cura di spiegare minimamente.
Il nostro proponimento di rinviare il lavoro era dettato anche dal dubbio che potesse trattarsi di una decisione “sfuggita” alla Terza Sezione forse anche – perché no? – per sottrarsi [come qui in effetti il CdS finisce per sottrarsi…] a impegnativi provvedimenti di rinvio alla Corte Europea di Giustizia o alla Consulta e che pertanto non fosse da escludere del tutto un pronto “ripristino” della giurisprudenza precedente, quel che peraltro in qualche circostanza è già accaduto e accadrà ancora.
- Il precedente “approdo” di CdS n. 6998/2019
Ma finora non c’è stato alcun ripensamento ed è perciò tempo di parlarne, ricordando subito che fino a questa sentenza l’allora salda posizione del CdS era così sintetizzabile: l’art. 11 del Crescitalia ha introdotto nel settore un nuovo principio fondamentale statale per il quale è attribuita in via esclusiva ai comuni ogni competenza inerente alla programmazione territoriale delle farmacie, con la sola esclusione – perché vicende evidentemente “ultracomunali” – dell’istituzione delle farmacie c.d. aggiuntive, dei trasferimenti intercomunali e dei concorsi per sedi farmaceutiche.
Compete di conseguenza ai comuni – oltre alla localizzazione delle farmacie (vecchie e nuove) espressamente prevista nell’art. 11 – anche l’istituzione/soppressione di farmacie in soprannumero ex art. 104 TU.San., di farmacie succursali e di dispensari farmaceutici [permanenti e stagionali], e anche il decentramento di una sede da una zona all’altra del territorio comunale.
Che le cose stessero così fino a questo recentissimo ribaltamento è facile coglierlo dalla sentenza di “approdo” – la n. 6998 del 15/10/2019 – ampiamente commentata nella Sediva News del 19/11/2019, che può essere utile leggere o rileggere prima di continuare la disamina di queste note.
Stiamo d’altronde affrontando un aspetto centrale per la vita giuridica delle farmacie che allora – se vogliono tentare di capire meglio in quale ordinamento, pur sezionale, stanno operando – è bene conoscano quali siano o possano essere le amministrazioni titolari delle varie funzioni pubbliche di settore e come tali i loro necessari interlocutori, anche perché talvolta può costare caro sbagliare la “giusta” amministrazione di riferimento per quella o quell’altra pratica…
- L’imprevedibile nuovo arresto di CdS 2240/2021 [che “salva” la l.r. Marche n. 4/2015]
Come avrete capito, però, ogni certezza parrebbe almeno per ora svanita al punto che qui oggi siamo costretti a navigare a vista, se non proprio al buio: questo però è il solito nostro personale disappunto per l’ennesima conferma che la famosa “certezza del diritto” in realtà sta a cuore a ben pochi [e sicuramente non ai massimi organi di giustizia…] e quindi non vuole esprimere nessuna delusione per una così rumorosa spoliazione dei comuni della pienezza di attribuzioni nella programmazione territoriale del servizio farmaceutico.
Anzi, i comuni – sia quelli metropolitani che quelli minuscoli – non sempre hanno fatto buon governo di competenze così ampie, tradendo nel concreto anche il tanto enfatizzato principio di sussidiarietà verticale [di cui pure l’art. 11 del Crescitalia è applicazione] sancito dal primo comma dell’art. 118 Cost., per il quale le attribuzioni amministrative vengono esercitate con priorità dagli enti più vicini ai cittadini e quindi meglio in grado di rispondere ai loro bisogni.
Quando infatti il comune è troppo piccolo possiamo dover fare i conti con provvedimenti [o “non provvedimenti”] illegittimi perché viziati talora dall’eccessiva “vicinanza” ai cittadini, e quando è troppo grande la burocrazia – cui generalmente certo non si sottraggono neppure le amministrazioni comunali – può farla da padrone in barba all’efficienza e alla trasparenza dell’agire della p.a.
Se perciò i comuni usciranno definitivamente ridimensionati da questo “scontro di giurisprudenze” i farmacisti non è di questo che dovranno di per sé dolersi, ma del caos che potrà derivare dall’inevitabile perdita di orientamento in una fase-ponte che rischierebbe di allungarsi parecchio nel tempo.
Fatto sta, per tornare alla nostra rapida analisi, che – se guardiamo alle due citate decisioni del Consiglio di Stato [n. 6998/2019 e n. 2240/2021], in sostanza antitetiche l’un l’altra e con la n. 2240/2021 che gravemente ignora del tutto, giova ribadirlo, la precedente – in questo momento noi possiamo far conto sull’unico punto di convergenza tra le due che è quello della riserva ai comuni delle sole competenze riguardanti la localizzazione/territorializza-zione delle farmacie.
Secondo CdS 2240/2021, infatti, se osserviamo la lettera del nuovo comma 1 dell’art. 2 della l. 475/68 [come riformulato sub c) del comma 1 del citato art. 11: “Al fine… il comune… identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie”], il Crescitalia non ha affatto introdotto un nuovo principio fondamentale con l’ampia latitudine finora configurata dalla giurisprudenza ma quello ben più circoscritto del riconoscimento in via esclusiva ai comuni di questa sola attribuzione.
È chiaro però che, quanto più si ritiene di dover restringere l’ambito di applicazione e la sfera di operatività di un nuovo principio fondamentale statale [come fa qui il CdS, ancorandosi con straordinario ma irragionevole formalismo alla pura lettera della norma appena riportata: “…identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie…”], tanto più va ampliato lo spatium operandi della relativa legislazione regionale, di dettaglio e non solo, e però allo stesso tempo anche aumentato – rispetto allo scenario derivante dall’adozione di un nuovo principio a spettro molto più ampio come individuato dalla giurisprudenza precedente – il numero delle disposizioni statali, anteriori o successive al Crescitalia, da ritenersi ancor oggi in vigore, purché naturalmente compatibili con il (ridotto) nuovo principio da esso dettato.
Se allora, ad esempio, l’art. 5 della l. 362/91 sul decentramento identifica espressamente nelle Regioni [e in Trento e Bolzano] le amministrazioni competenti a disporre lo spostamento di una sede da una zona all’altra del territorio comunale, all’interno quindi di una stessa p.o., sono ancor oggi – pur dopo cioè il Crescitalia – le Regioni [e Trento e Bolzano] le amministrazioni competenti [perché il decentramento, secondo quanto abbiamo appena detto, è fuori dalla riserva comunale di attribuzioni], come però, attenzione, deve anche ritenersi per la stessa ragione consentito al legislatore regionale [o provinciale] disporre diversamente
Un altro esempio può riguardare proprio il dispensario, che è lo specifico tema affrontato per il territorio marchigiano da CdS n. 2240/2021, che –trattandosi appunto di materia anch’essa non riservata dal Crescitalia alla competenza comunale – respinge l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 22 della l.r. Marche n. 4/2015 che ribadisce la competenza attribuita all’amministrazione regionale dalle norme statali: secondo il precedente orientamento del CdS, l’ampiezza del principio statale che si trae dall’art. 11 del Crescitalia avrebbe invece potuto/dovuto suggerire il rinvio della disposizione alla Corte [non però la sua disapplicazione, come avevano richiesto i ricorrenti…].
Ma con un principio statale così circoscritto, la l.r. Marche non può essere sospettata di incostituzionalità.
- Come finirà?
Torneremo alla giurisprudenza precedente con il riconoscimento ai comuni di una pienezza di attribuzioni nella pianificazione territoriale delle farmacie, oppure il CdS si assesterà su questa ultima sua inopinata decisione, riducendo il ruolo comunale alla sola localizzazione territoriale delle farmacie?
Certo, nessuno in questo momento può dirlo, ma dovrebbe comunque preoccupare – crediamo – un eventuale consolidamento di questa nuova posizione perché vorrebbe dire “campo libero” per il legislatore regionale; ne deriverebbe il rischio che le regioni – vogliose magari di riprendersi buona parte di quel che è stato loro “sottratto” proprio dal CdS – possano nel tempo dar vita nei fatti a tanti diversi ordinamenti settoriali se non altro con riguardo alla distribuzione delle varie competenze [e riservando ai comuni il solo compito, pur di massimo rilievo, di collocare sul territorio le farmacie].
Può darsi che tutto quel che è accaduto [e in parte ancora sta accadendo] tra Stato e Regioni per/nella pandemia finisca per accelerare un nuovo tentativo di intervenire sul Titolo V della Costituzione, fallito qualche anno fa: operazione indubbiamente difficile per le ragioni che sanno tutti, ma è sicuro che la “tutela della salute” merita, in tema di competenze legislative, una forte revisione dell’attuale sistema di riparto tra legislatore statale e legislatore regionale.
(gustavo bacigalupo)
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