[…anche quando si sia subito provveduto a regolarizzare l’errore]
Secondo una recente ordinanza della Cassazione [n. 33093 del 9 novembre 2022], l’emissione di una fattura senza l’esposizione dell’Iva per operazioni invece imponibili, e dunque una fattura errata, si configura come una violazione sanzionabile anche se il soggetto passivo [nel nostro caso la farmacia] provvede alla sua regolarizzazione – con l’emissione, ad esempio, dapprima di una nota di credito e successivamente di una nuova fattura con l’indicazione però dell’imposta – prima della contestazione da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Detto questo, quando una fattura sia stata emessa [anche se con l’errore appunto della mancata esposizione dell’Iva], immaginiamo a settembre 2022, e sia stata successivamente – immaginiamo a novembre 2022 – sanata come appena descritto [nota di credito e successiva nuova fattura], diventa agevole per l’Agenzia delle Entrate dimostrare che l’azienda non abbia in realtà assolto all’obbligo di pagamento dell’Iva sin dal momento in cui era insorto, cioè sin dal momento di emissione della fattura, quindi già nel mese di settembre, come ovviamente era invece tenuta.
In questo modo, attenzione, non si configurerebbe una violazione soltanto formale, avendo infatti inciso negativamente sul risultato parziale di esercizio derivante dalla liquidazione dell’Iva, perciò con un danno per l’Erario.
In altre parole, in un caso come questo, la violazione è di tipo sostanziale perché il comportamento del contribuente si traduce in un effetto che incide sulla determinazione della base imponibile dell’imposta e pertanto sul conseguente [mancato e/o intempestivo] versamento dell’Iva.
(marco righini – valerio salimbeni)
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