Anche se non frutto di errori od omissioni, ma di una precisa scelta “fraudolenta”, la sanzione fiscale che può esserne conseguita è anch’essa riparabile – e quindi in ogni caso definibile – con il ravvedimento operoso, che come noto è la misura introdotta dal D.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472.

L’art. 13 comma 2 del D.lgs 10 marzo 2000 n. 74, come successivamente modificato [d.l. 124/2019], prevede in proposito che:

I reati di cui agli articoli 2 [Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti], 3 [Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici], 4 [Dichiarazione infedele] e 5 [Omessa dichiarazione] non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché  il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore  del  reato abbia avuto formale conoscenza di accessi,  ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali”.

Si è mostrata d’“accordo” anche la Guardia di Finanza con riguardo a una verifica fiscale da cui, infatti, era emerso che il contribuente si era reso responsabile scientemente dell’evasione, che dunque non era dipesa da condotte meramente colpose.

Inoltre, una recente circolare dell’Agenzia delle entrate [11E del 12 maggio 2022] ha chiarito che “Alla luce delle intervenute modifiche legislative, [art. 13, comma 2 D.lgs.n. 74 del 2000] deve dunque ritenersi superata la preclusione al ravvedimento in presenza di condotte fraudolente come espressa con la circolare n. 180/E del 1998, riconoscendo al contribuente la possibilità di accedere allo strumento del ravvedimento operoso per regolarizzare anche le violazioni fiscali connesse a condotte fraudolente.

Come si vede, il documento – ricalcando il dettame normativo – afferma che nel caso in cui vengano ravvisate, nel corso di un controllo fiscale, condotte antigiuridiche che “non abbiano origine da un errore o da un’omissione” il contribuente “fraudolento” potrà comunque ricorrere anch’egli al ravvedimento, sempreché naturalmente previsto, per estinguere il suo debito verso l’Erario.

Ricordiamo infine che, a seguito delle riforme introdotte dal d.lgs. 158/2015 e dal d.l. 124/2019, il ravvedimento operoso è stato previsto come strumento finalizzato all’estinzione di debiti tributari e annoverato tra le cause di non punibilità del contribuente che abbia reso una dichiarazione fraudolenta “mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”.

(matteo lucidi)

 

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