Con l’ordinanza n. 25.627/2021 la Suprema Corte torna sull’utilizzo del metodo della media aritmetica semplice negli accertamenti analitico-induttivi fondati sulla c.d. “percentuale di ricarico”.
La questione oggetto del giudizio riguardava, guarda caso, proprio una farmacia.
Qui gli Ermellini confermano la precedente loro giurisprudenza per la quale la presunzione di evasione di ricavi (il “nero”) – che il Fisco è solito sollevare allorché riscontri che il ricarico medio calcolato su un campione di referenze opportunamente selezionato sia inferiore al ricarico medio dell’esercizio commerciale desumibile dal bilancio – non può essere costruita con l’utilizzo della media aritmetica c.d. “semplicein presenza di forti divergenze tra i vari settori merceologici in termini di rotazione delle vendite e di prezzi praticati.
Ci spieghiamo meglio.
Abitualmente i verificatori, se sospettano occultamento di incassi, dopo aver selezionato un campione sufficientemente significativo di prodotti venduti dalla farmacia e appartenenti ai diversi settori (farmaco, parafarmaco, cosmetica, ecc.):

  • determinano dapprima il singolo ricarico di ogni prodotto selezionato, confrontando il costo di acquisto con il prezzo di vendita;
  • elaborano la media dei risultati ottenuti;
  • confrontano tale valore con il ricarico medio generale della farmacia desumibile dal bilancio giungendo a concludere, se il primo dato è superiore al secondo, che la farmacia ha ricavi in nero.

Ed è a questo punto che si innesta la tesi che peraltro la Cassazione sta affermando ormai da qualche tempo.
L’uso della media aritmetica c.d. “semplice” nella rielaborazione del ricarico appena richiamata conduce, cioè, a un risultato attendibile se i prezzi e le rotazioni [la frequenza di vendita nell’unità di tempo considerata: settimana/mese/anno] dei prodotti appartenenti ai singoli settori merceologici non presentano differenze rilevanti.
In caso contrario, e quindi se tra i vari reparti della farmacia sussistono rilevanti differenze di prezzo e/o di rotazione [che poi sta diventando quasi la “regola”, come diremo tra poco…], è necessario – eccoci al punto – utilizzare nella formazione del campione la media aritmetica “ponderata” con le quantità vendute di ciascuna referenza selezionata, se si vuole che la presunzione di evasione [che eventualmente ne scaturisca] “regga” a un’attenta verifica del giudice.
È intuibile, infatti, che se le vendite del prodotto con ricarico più basso rispetto a quello medio della farmacia hanno una rotazione relativamente più elevata rispetto a quella della globalità dei prodotti ceduti, la media aritmetica “semplice” – che invece non tiene conto di questo – “falsa” il dato finale, mentre la ponderazione con le quantità cedute riequilibra il risultato fugando ogni sospetto di evasione.
Con la profonda trasformazione commerciale che sta vivendo la farmacia, la diversificazione merceologica è ormai la realtà prevalente della quasi totalità degli esercizi; di questo il Fisco non può non tener conto e deve dunque adottare nel corso delle sue verifiche criteri appropriati, tanto più che – come abbiamo appena visto – la stessa Suprema Corte, con orientamento pressoché consolidato, tende ormai per lo più a ritenerli corretti.

(stefano civitareale)

 

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