Siamo tre soci di una sas, di cui due accomandatari e un accomandante.
Quest’ultimo, a nostra insaputa, ha effettuato due ordini di prodotti senza il nostro benestare e soprattutto prodotti realisticamente non vendibili nella nostra farmacia.
Oltre a questi due ordini, complessivamente molto onerosi per la società, questo socio tende a compiere altri atti di intrusione nella gestione anche se ci rendiamo conto che la farmacia è una piccola azienda in cui è difficile separare del tutto la gestione vera e propria dagli atti di pura esecuzione.
Quali “provvedimenti” però potremmo prendere nei suoi confronti, quantomeno per evitare il ripetersi di questi fatti?
Infine, il socio accomandante può essere, come nel ns caso, un dipendente part time di un’azienda privata?

 

Il ruolo, con tutti i suoi limiti, del socio accomandante è ben delineato nell’art. 2320 del cod. civ. che vale la pena riprodurre integralmente :

  1. I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, ne’ trattare o concludere affari in nome della societa’, se non in forza di procura speciale per singoli affari. Il socio accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilita’ illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali e puo’ essere escluso a norma dell’art. 2286.
  2. I soci accomandanti possono tuttavia prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori e, se l’atto costitutivo lo consente, dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiere atti di ispezione e di sorveglianza.
  3. In ogni caso essi hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della societa’.

Quindi, come leggiamo, avendo il vs. accomandante agìto “senza il vostro benestare” – perciò senza deleghe o procure di almeno uno dei due soci accomandatari – è virtualmente incappato nelle maglie del disposto di cui al comma 1, in particolare assumendo una “responsabilita’ illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali” e rischiando ora di “essere escluso a norma dell’art. 2286”.
Ed è esattamente l’esclusione il “provvedimento” – un provvedimento-limite, s’intende – che la società potrebbe oggi adottare a suo carico.
Non è difficile cogliere la ratio di queste regole: la posizione del socio accomandante [come del resto abbiamo sottolineato in varie circostanze]  è equiparabile sotto parecchi profili a quella di un “mero” socio di capitali e allora egli potrà bensì prestare – anche nel quadro di un rapporto di lavoro subordinato con la società – la propria attività lavorativa a favore della società stessa e/o della farmacia sociale, come potrà anche [ma soltanto se lo statuto lo prevede] dare “autorizzazioni e pareri per determinate operazioni” oltreché “compiere atti di ispezione e di sorveglianza”.
Invece, se non vuole vedersi “convertire” di fatto in un socio accomandatario, egli non potrà compiere autentici atti di amministrazione o di gestione, per quanto questo possa essere frequente in una farmacia.
Beninteso, come accennato, lo statuto – ma anche la stessa condotta dei soci accomandatari – possono concretamente ampliare quel poco che le disposizioni civilistiche permettono sulla carta all’accomandante e quindi, oltre a deleghe e procure varie, egli può essere ammesso a partecipare alla formazione della volontà sociale, ma le scelte amministrative e gestionali finali sono e restano ineludibilmente [pena le conseguenze di cui si è detto] prerogativa esclusiva dei soci accomandatari.
Abbiamo parlato un attimo fa di trasformazione “di fatto” dell’accomandante “invadente” in socio accomandatario, perché di diritto la sas resta sempre una sas e l’accomandante resta sempre un accomandante, perciò anche nel caso di una sua ingerenza negli affari sociali e pur assumendo in questa evenienza, come si è visto, una “responsabilita’ illimitata e solidale verso i terzi per tutte le obbligazioni sociali”.
Dunque, detto altrimenti, neppure in una tale ipotesi la sas si modifica ipso iure in una snc, e questo per la tipizzazione delle forme di società volute dal codice.
Da ultimo, proprio perché l’accomandante è sostanzialmente un mero socio di capitali, può partecipare a una sas in questa veste – se ricordate quel che ha detto la Corte Costituzionale circa la migliore interpretazione del disposto sub c) del comma 1 dell’art. 8 della l. 362/91, quello che contempla la condizione di incompatibilità con “qualsiasi rapporto di lavoro pubblico e privato” – anche un qualunque impiegato pubblico o privato, come d’altronde pure un avvocato o un qualsiasi altro professionista “a tempo pieno”, purché [almeno fino a quando la Consulta non dirà diversamente, come è possibile che avvenga] non si tratti di un farmacista che svolga l’attività in un’“altra farmacia”.
Se non rientra allora in quest’ultima eventualità, alla vs sas, in definitiva, il vs accomandante può legittimamente partecipare, anche se  – è chiaro  – per evitare ulteriori pregiudizi alla sas è necessario naturalmente che gli accomandatari richiamino formalmente all’ordine il loro compagno di cordata, pronti all’adozione di qualsiasi “provvedimento”.

(gustavo bacigalupo)

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