Un emendamento al Decreto sostegni bis, recentemente approvato dal Parlamento, ha modificato l’attuale disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato introdotta dal c.d. Decreto dignità nel 2018.
Come molti di voi ricorderanno, l’Esecutivo di quegli anni – intenzionato a disincentivare i datori di lavoro a ricorrere eccessivamente alle assunzioni a tempo determinato – introdusse delle causali che “scattavano” in caso di un prolungamento della durata del contratto [che, sottolineiamo, non può superare i 24 mesi], ovvero:
- esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze sostitutive di altri lavoratori;
- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Tuttavia, l’Istat ha accertato che durante la “pandemia” c’è stato un sensibile aumento dell’occupazione, connesso particolarmente – per non dire, esclusivamente – al contratto a tempo determinato e alla luce di questa circostanza l’emendamento citato in premessa tende ad allentare le “maglie” istituite dal Decreto Dignità, dando la possibilità alle parti sociali di prevedere negli accordi collettivi le ipotesi in cui sia possibile ricorrere al contratto a termine.
Si tratta indubbiamente di un’importante novità per il mondo del lavoro e quindi dovremo attendere e vedere se e quali cambiamenti le varie rappresentanze sindacali introdurranno nei contratti collettivi.
(matteo lucidi)
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