Una recente ordinanza della Cassazione (Sez. V 11.161/2021) aiuta a fare il punto sulla figura del socio amministratore di una srl che svolga per la società anche attività lavorativa, per così dire, ordinaria: è facile allora pensare al socio farmacista che assuma l’incarico di amministratore [in forma individuale o congiunta] e nel contempo lavori anche al “banco” della farmacia sociale.

[N.B. – Le farmacie gestite sotto forma di srl sono in numero via via leggermente crescente, ma per noi – ci preme ribadirlo una volta di più – quella della srl resta un’opzione da circoscrivere a casi specifici e le ragioni le abbiamo illustrate ripetutamente.]

Dunque, come sono regolate le due figure ipotizzate [amministratore e lavoratore al “banco”] quando si assommino nella stessa persona?

Anche sulla scorta della giurisprudenza precedente, gli Ermellini chiariscono che la qualità di socio amministratore è potenzialmente compatibile con la qualifica di lavoratore subordinato della società, qualora il vincolo di subordinazione risulti da un effettivo e concreto assoggettamento del socio amministratore/lavoratore all’organo collegiale amministrativo [stiamo parlando in particolare di una srl amministrata da un cda oppure congiuntamente/disgiuntamente dal nostro “eroe” e da un altro socio, ma con il primo sempre nella veste anche di dipendente, che poi era proprio il caso dedotto nel giudizio deciso dalla Suprema Corte].

Anche il socio componente ad esempio del cda di una srl può pertanto essere dipendente della società alla condizione però – precisando meglio quanto accennato poco fa – che egli risulti in concreto assoggettato al potere disciplinare e di controllo degli altri componenti dell’organo cui appartiene.

Mancando questo specifico presupposto, tutti gli altri elementi [peraltro noti] che generalmente contraddistinguono e caratterizzano il rapporto di lavoro subordinato [come l’osservanza di un determinato orario di lavoro; la percezione di una regolare retribuzione; ecc.] non sono sufficienti a farne ritenere l’esistenza.

Ne deriva quindi, in questa eventualità, la disconoscibilità anche delle prestazioni previdenziali maturate per effetto del versamento dei relativi contributi, mentre – specie per il socio non farmacista – quella di poter legittimamente maturare una posizione previdenziale specifica in funzione del suo rapporto con la srl potrebbe rivelarsi una chance da perseguire.

Per quanto detto, però, non potrà evidentemente mai configurarsi per il socio amministratore unico un rapporto di lavoro dipendente con la propria società valido sotto ogni profilo, compreso quello contributivo.

In quest’ultima ipotesi, per di più, ai sensi dell’art. 62 del TUIR diventano indeducibili per la srl i compensi del socio amministratore/lavoratore dipendente, dato che per tale disposizione – come sappiamo – non sono ammesse deduzioni a questo titolo per il lavoro prestato o l’opera svolta dall’imprenditore [al titolare individuale di farmacia, del resto, è mai venuto in mente di considerare deducibile come costo aziendale il compenso da lui ipoteticamente assegnato e liquidato a se stesso?].

Si tenga anche conto comunque che la posizione di amministratore unico di srl è perfettamente equiparabile a quella del titolare individuale di impresa, e d’altra parte – per tale sua attività di gestione – non è seriamente individuabile nel socio-amministratore unico una volontà imprenditoriale come distinta dalla volontà sociale, e questo finisce irrimediabilmente per escludere qualsiasi suo assoggettamento/assoggettabilità all’altrui potere direttivo, di controllo e disciplinare che, non dimentichiamolo, costituisce il complesso dei requisiti tipici della subordinazione.

Un altro importante chiarimento che si coglie nell’ordinanza della Suprema Corte attiene tuttavia proprio alla distinzione tra le attività riconducibili alla carica di amministratore e quelle ascrivibili al rapporto di lavoro in quanto tale.

Il socio-amministratore-lavoratore deve infatti svolgere, appunto quale lavoratore, mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita, considerando – ai fini della distinzione dei due diversi piani di riferimento – che l’apporto lavorativo è diretto “alla concreta realizzazione dello scopo sociale, attraverso il concorso dell’opera prestata dai soci e dagli altri lavoratori” mentre l’incarico di amministratore è rivolto “alla esecuzione del contratto di società sulla base di una relazione di immedesimazione organica volta, a seconda della concreta delega, alla partecipazione alle attività di gestione, di impulso e rappresentanza”.

La stessa distinzione rileva ai fini del trattamento previdenziale delle due attività presso l’INPS, l’una (quella di amministratore) assicurata con la gestione separata; l’altra (quella di lavoratore), sempreché abbia carattere di continuità e prevalenza, assicurata invece con la gestione commercianti, quando ovviamente non si tratti di un socio farmacista iscritto all’albo e quindi assoggettato ad Enpaf.

(stefano civitareale)

La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!