Non era per niente scontato, vista la disinvoltura con cui i giudici amministrativi si disallineano talora dai loro stessi precedenti, per di più senza darne alcun conto, come vedremo meglio quando parleremo una buona volta dell’inopinato ribaltone del Consiglio di Stato con la decisione n. 2240 del 15/3/2021.

Almeno il Tar Lazio [n. 4527 del 16/4/2021] ha invece scelto – quanto alle mezzerie delle vie di confine comuni a due sedi farmaceutiche, che è il tema su cui oggi stiamo tornando – di non discostarsi dalle tesi espresse dal CdS nella fondamentale decisione n. 1976 del 19/03/2020 [sulla quale v. Sediva News del 27/3/2020: “Il Consiglio di Stato contro la “mera fissazione di confini” tra le sedi], fornendo anzi qualche nuovo spunto applicativo.

Ricordiamo che il citato CdS n. 1976/2020 – riformando Tar Abruzzo n. 68/2019 – aveva affermato l’inapplicabilità del “criterio della mezzeria” quando dalla configurazione/descrizione di due sedi adiacenti non possano trarsi indicazioni specifiche che, nella delimitazione dei rispettivi ambiti di pertinenza, presuppongano che l’amministrazione abbia scelto di far passare il confine proprio lungo la mezzeria ideale della via che è ad esse comune.

In particolare, seguendo questa chiara linea guida, il Consiglio di Stato aveva precisato che – per poter assumere la mezzeria come invalicabile linea di confine e quindi di rigida separazione tra due sedi contermini – sarebbe stato necessario [nella fattispecie decisa dal CdS in quella circostanza, naturalmente] che, almeno per una delle due, fossero stati precisati i numeri civici di pertinenza, “appartenendo conseguentemente gli altri numeri civici all’altra zona pur in assenza di una specifica indicazione”.

Come vediamo, quindi, il “criterio della mezzeria” deve in realtà ritenersi tuttora operante anche per il Consiglio di Stato ma sol quando – con riguardo evidentemente a una via di confine comune a due sedi esattamente delimitatevengano precisati e distinti i due versanti di appartenenza [numeri civici pari o dispari, o indicazioni del genere], perché se invece specificazioni in tal senso mancano – e generalmente mancano, dato che per lo più una via di confine tra due sedi adiacenti figura nel perimetro di entrambe senza alcun indizio circa la sua riferibilità all’una o all’altra – quella via deve essere considerata ascrivibile “ambo i lati” indifferentemente all’una e all’altra sede.

Ora, il caso esaminato dai giudici romani è appunto quello di un titolare di farmacia che propone ricorso contro il provvedimento di riconoscimento – a favore della società costituita tra i vincitori in forma associata in un concorso straordinario – della titolarità di un esercizio di nuova istituzione assumendone l’illegittimità per essere quest’ultimo ubicato bensì su una via di confine comune alla sede del ricorrente e a quella neoistituita e però nel lato che avrebbe dovuto secondo il ricorrente ritenersi [nonostante l’assenza di qualsiasi indicazione] di pertinenza della sua sede, essendo, rispetto a quella neoistituita, il lato esterno all’ideale linea di mezzeria.

Ma il TAR respinge il ricorso allineandosi perfettamente al Supremo Consesso e affermando che, “in assenza di ulteriori specificazioni da parte degli atti adottati dal Comune”, e tenuto conto della nuova concezione della programmazione e della distribuzione del servizio farmaceutico sul territorio [che esclude ormai rigide delimitazioni e demarcazioni invalicabili tra le sedi confinanti], nessun elemento né letterale, né logico autorizza la lettura del provvedimento impugnato proposta nel ricorso per sostenerne l’illegittimità per aver “violato la linea di mezzeria permettendo alla nuova farmacia di invadere l’area riservata alla sede” del ricorrente.

Del resto, prosegue il Tar, l’evoluzione normativa e giurisprudenziale è andata sempre più nella direzione di un “alleggerimento dell’obbligo dei Comuni di delimitare territorialmente le sedi farmaceutiche” che comporta necessariamente anche “l’ampliamento della possibilità per le nuove sedi di stabilire i propri esercizi, nel rispetto della distanza di 200 m ancora prevista, in tutto l’ambito ad asse assegnato, senza alcuna ulteriore limitazione come la “linea di mezzeria”, per questioni di parità di trattamento rispetto alle sedi di più risalente istituzione, che altrimenti conserverebbero una ingiustificata posizione di vantaggio e di “esclusiva”, e di tutela della concorrenza.

Quest’ultima notazione è un altro passo avanti perché, se non sbagliamo, è la prima volta che il giudice amministrativo accenna in sostanza alla questione della “convivenza” tra sedi [di vecchia istituzione] esattamente configurate e sedi [di nuova istituzione] descritte sommariamente, che d’altronde abbiamo posto già nella Sediva News del 12.04.2017 [“La difficile convivenza di “sedi” definite e “zone” indicate in forma semplificata”] e che comprensibilmente il Tar Lazio lambisce soltanto, utilizzandola tuttavia come argomento ulteriore a sostegno della sua decisione.

Ma è proprio questo il problema da risolvere in un futuro più o meno prossimo, perché una tale “convivenza” non può che generare incertezze, come stiamo vedendo in questi ultimi anni.

(romina raponigustavo bacigalupo)

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