Un ns. collaboratore è assente per malattia ormai da quasi sei mesi.
Considerato pertanto che si sta avvicinando il superamento del periodo di comporto posso procedere al licenziamento?

Ribadendo almeno in parte quanto già osservato in altre occasioni [v. soprattutto Sediva News del 21/06/2018], il licenziamento per il superamento del periodo di comporto – che corrisponde a 180 gg. di calendario nell’anno solare [art. 47 del CCNL farmacie private] – è attuabile dal datore di lavoro anche senza la sussistenza di un giustificato motivo o di una giusta causa.

E però, l’aspetto più insidioso di cui tener conto attiene alla tempestività con cui il titolare della farmacia deve comunicare il licenziamento, dato che un’azione tardiva – per esempio avviata al 185° giorno – potrebbe configurarsi come una rinuncia del datore di lavoro a procedere al recesso.

Pur quando tuttavia ricorrano tutti i presupposti di un licenziamento per il compimento del comporto [per aver verificato l’effettivo superamento del periodo], potrebbe essere nondimeno consigliabile – prima di avviare l’iter di recesso nei confronti del lavoratore – considerare anche la sequenza degli episodi di malattia, il tipo di infermità, le qualità anche morali della persona, e così via.

Si tratta in sostanza di valutare con la migliore attenzione [tutto considerato] se può esserci un superstite interesse per la farmacia a proseguire il rapporto nonostante le assenze del dipendente [come si rileva anche scorrendo Cass. n. 4818/1999 e n. 23920/2010], e dunque in ultima analisi prendere in esame i vari aspetti che può comportare sia la cessazione definitiva di prestazioni lavorative da parte di un dipendente magari con buoni e collaudati “precedenti” e sia, per converso, le incertezze che possono oggettivamente riguardare una nuova unità lavorativa, di cui si ignori evidentemente quale possa rivelarsi nel tempo, poniamo, la capacità di integrarsi in un assetto aziendale ormai consolidato.

Il titolare potrebbe insomma anche decidere di attendere il rientro in farmacia del lavoratore e appurare convenientemente se vi siano o meno buoni margini di utilizzo o riutilizzo del lavoratore [anche qui abbiamo tratto qualcosa da Cass. sent. n. 24899/2011, 18411/2016, 24739/2017 e 7849/2019].

Infine, senza naturalmente avere la pretesa di poter risolvere in astratto vicende così delicate e apprezzabili adeguatamente solo nel concreto, teniamo conto anche di quanto sia infrequente – e soprattutto nelle piccole imprese – il ricorso al recesso da parte del datore di lavoro per il compimento dei 180 gg. di comporto. E questo forse può voler dir qualcosa…

Da ultimo, però, ancora due importanti notazioni.

Il licenziamento per il compimento del periodo di comporto non è impedito dal blocco dei licenziamenti disposto in questa lunghissima fase di pandemia [la data del 31 marzo sembra per di più destinata a un’ulteriore proroga, con tutte le conseguenze che possono derivarne per le aziende in crisi…], come del resto non lo è neppure il licenziamento per giusta causa.

Sembra invece incluso nel “blocco” il licenziamento per “eccessiva morbilità”, che naturalmente prescinde dal compimento dei 180 giorni perché si può giustificare per le modalità con cui le assenze si verificano [si pensi a quelle articolate chirurgicamente a macchia di leopardo o con grande regolarità e “costanza” nei giorni sempre immediatamente precedenti o successivi alle festività, ecc.]: infatti, l’eccessiva morbilità – che è frutto particolare dell’elaborazione giurisprudenziale – rientra tra le cause di recesso del datore di lavoro per giustificato motivo oggettivo e tali licenziamenti in questo periodo sono per l’appunto vietati.

È comunque materia, lo sappiamo tutti, da maneggiare con grande cura.

(giorgio bacigalupo)

La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!