Avremmo intenzione d’inserire in un cartellone pubblicitario di grandi dimensioni, da installare su una strada di grande traffico, una foto di gruppo, di tipo selfie, dell’intero personale che lavora in farmacia.
Premesso che c’è l’accordo verbale con tutti loro, vorremmo sapere se sono necessarie particolari precauzioni da adottare quali liberatorie scritte sull’uso delle immagini personali.
Dapprima un rapido excursus circa le regole che, anche con l’entrata in vigore del temuto e temibile GDPR, andranno rispettate per la pubblicazione delle foto di terzi a scopi promozionali o simili.
È bene allora dissipare subito un equivoco: le immagini che ritraggono le persone, e in particolare il loro volto, non sono dati sensibili [oggi, secondo la nuova qualificazione, dovremmo dire piuttosto che non sono dati particolari ai sensi dell’art. 9 del GDPR…], ma semplicemente dati personali, perché anche le foto del volto non possono farsi rientrare nel concetto di dato biometrico, tutelato appunto dal citato art. 9 del GDPR.
L’immagine del volto [o, come dice il GDPR (art. 4, par. 1, n. 14), l’“immagine facciale”] diventa dato sensibile (particolare) solo se sottoposta a un trattamento tecnico specifico che la trasforma – mediante la rilevazione di una serie di parametri biometrici – in un mezzo con cui procedere all’identificazione automatica e univoca di una persona.
Detto questo, occorre osservare che la pubblicazione di foto rappresentanti altre persone, e soprattutto il loro volto, trova importanti limiti già nel codice civile, che all’art. 10 dispone: “Qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni”.
A questo si aggiunga, con Cass. I Sez. civ. n. 1748 del 29.1.2016, che – a norma degli artt. 96 e 97 della l. n. 633 del 1941 – la divulgazione dell’immagine senza il consenso dell’interessato è lecita soltanto se e in quanto risponda alle esigenze di pubblica informazione, e non anche perciò quando sia rivolta a fini pubblicitari; il consenso alla pubblicazione della propria immagine costituisce un negozio unilaterale avente a oggetto non il diritto all’immagine, che è personalissimo e inalienabile, ma solo l’esercizio di tale diritto.
Pertanto, sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto, tale consenso resta distinto e autonomo dalla pattuizione che lo contiene, con la conseguenza che esso è sempre revocabile, quale che sia il termine eventualmente indicato per la pubblicazione consentita, e a prescindere dalla pattuizione del compenso che non costituisce infatti un elemento del negozio autorizzativo.
La trasmissione del diritto all’utilizzazione dell’immagine altrui va in ogni caso provata per iscritto, tenendo anche presente che, secondo l’art. 96 della legge sul diritto d’autore (L. 22 aprile 1941, n. 633), “Il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa”, ferme le disposizioni del successivo art. 97 per le quali “Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o colturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico (primo comma). Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata (secondo comma)”.
In conclusione, se consegno una mia fotografia a un amico o a un conoscente perché la conservi nel “libro dei ricordi”, dovremo necessariamente considerare questo come un uso ancora libero – perché personale – dell’immagine, mentre, nel caso in cui l’amico o il conoscente intenda utilizzare la mia foto per finalità promozionali, egli è tenuto a raccogliere preventivamente un’apposita e specifica mia liberatoria all’uso dell’immagine.
(federico mongiello)
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