[…indipendentemente da intervenute variazioni statutarie e qualunque sia la forma della società]

Non appena la legge lo ha consentito, è stata trasformata a novembre 2017 una farmacia di cui era titolare una persona fisica in una srl con il figlio farmacista e successivamente, ma abbastanza di recente, l’ex titolare ha ceduto una parte della sua quota a un amico che è imprenditore nel mondo finanziario, senza però comunicare all’Asl questo secondo ingresso nel capitale della società perché il nuovo socio ha chiesto di evitare un’eccessiva pubblicità.

Nel lungo e articolatissimo quesito [ben formulato, tanto da far pensare che provenga da uno studio professionale legale e/o commerciale] prendevano corpo in realtà anche ulteriori aspetti tutt’altro che di secondo piano – aumento del capitale sociale, finanziamento soci, patti parasociali, e così via – sui quali però, trattandosi di una vicenda sin troppo specifica, crediamo di dover senz’altro sorvolare e circoscrivere pertanto la risposta al tema riportato nel titolo, anche se l’argomento lo abbiamo già affrontato con parecchi dettagli e dunque possiamo limitarci a replicarli almeno nei passaggi più pertinenti.

  • Il confronto tra il vecchio e il nuovo testo del comma 2 dell’art. 8 della l. 362/91

Oltre alle enormi novità che la l. 124/2017 ha recato, e che tutti ben conoscete, uno degli interventi della Legge Concorrenza ha riguardato anche gli obblighi di comunicazione previsti nella disposizione appena citata.

Questo il testo precedente:

Lo statuto delle società di cui all’articolo 7 ed ogni successiva variazione sono comunicati alla Federazione degli ordini dei farmacisti italiani, nonché all’assessore alla sanità della competente regione o provincia autonoma, all’ordine provinciale dei farmacisti e alla unità sanitaria locale competente per territorio, entro 60 gg. dalla data dell’autorizzazione alla gestione della farmacia”.

E questo è il testo attuale, come consegue alle modifiche apportate dal comma 160 della l. 124/2017:

Lo statuto delle società di cui all’articolo 7 e ogni successiva variazione, ivi incluse quelle relative alla compagine sociale, sono comunicati, entro sessanta giorni, alla Federazione degli ordini dei farmacisti italiani, nonché all’assessore alla sanità della competente regione o provincia autonoma, all’ordine provinciale dei farmacisti e all’unità sanitaria locale competente per territorio”.

  • Il nuovo testo convince il Comune di Roma a superare finalmente la “presa d’atto”

Sul punto che ci interessa l’autentica novità introdotta dal nuovo testo sta perciò nell’estensione espressa dell’obbligo di comunicazione anche alle variazioni “relative alla compagine sociale”, ma per un refuso o altro queste vengono erroneamente “incluse” tra le variazioni dello statuto sociale, come cioè se l’ingresso o l’uscita di un socio dalla società presupponga indefettibilmente una modifica statutaria [vedremo invece più in là che le cose non stanno proprio così].

Questo intervento legislativo ha però convinto Roma Capitale che oggi, diversamente dal regime derivante dal vecchio testo, qualsiasi variazione dello statuto [riguardi o non riguardi la compagine sociale e/o una sua semplice modifica] non richiede più – a meno che “non comporti il trasferimento di titolarità di una sede farmaceutica” – un provvedimento di “presa d’atto”.

Quest’ultima, precisa ulteriormente l’amministrazione capitolina, ha infatti perduto il suo “presupposto normativo” e inoltre “le società di capitali, per loro natura dinamiche nella composizione societaria, dovrebbero essere assoggettate, al rilascio di provvedimenti inerenti le “prese d’atto”, ogni qualvolta intervenga una modifica degli assetti sociali”.

Sono notazioni su cui si può essere pragmaticamente d’accordo nelle conclusioni ma un po’ meno nelle ragioni addotte dato che – ancor prima e indipendentemente dalla l. 124/2017 – la presa d’atto in questo ambito non è mai assurta a provvedimento amministrativo [come sottolineato in più di una circostanza], e in ogni caso il suo fantomatico “presupposto normativo” non stava certo nel vecchio testo del comma 2 dell’art. 8, perché in pratica a ben vedere costituiva più che altro un’invenzione burocratica.

Come deve però ora comportarsi l’Asl, per citarne una, che riceve da una società titolare di farmacia una comunicazione di intervenuta variazione statutaria o anche, più semplicemente, di intervenuta modifica della compagine sociale con l’ingresso di X e Y, l’uscita di Z e così via?

Qui Roma Capitale, pur reiterando l’assunto sbagliato di partenza segnalato poco fa, se la cava con discreto senso pratico invitando le “Aziende Sanitarie, qualora intervengano modifiche delle compagini societarie e variazioni dello statuto inerenti le Società che gestiscono sedi farmaceutiche, a far data dal 1 gennaio 2019, ad inoltrare allo scrivente dipartimento, soltanto una comunicazione di avvenuta variazione societaria”, affinché sia “conservata agli atti” del Comune.

Allora, per concludere, almeno oggi le prese d’atto – dall’incerto e comunque modestissimo rilievo giuridico – dovrebbero finalmente aver fatto il loro tempo anche per le altre amministrazioni pubbliche che facevano/fanno ricorso a questa misteriosa misura, e non solo quindi per quella romana.

Staremo naturalmente a vedere ma, certo, meglio tardi che mai.

  • L’obbligo di comunicazione delle variazioni della compagine sociale [con o senza modifiche statutarie] e la ratio dell’intervento legislativo

Ora, le modifiche introdotte dalla l. 124/2017 al comma 2 dell’art. 8 sono state dettate, sembra evidente, proprio dalla disposta estensione della legittimazione all’assunzione della titolarità di farmacie anche alle società di capitali, tenendo cioè conto che – particolarmente, come diremo, per le cessioni azionarie – non tutte le variazioni “relative alla compagine sociale” postulano in principio il ricorso ad atti o contratti soggetti a pubblicità [iscrizione e/o deposito nel Registro Imprese tenuto dalla CCIAA].

È quindi pienamente condivisibile che il legislatore abbia voluto, sia pure con un dettato letterale non felicissimo, estendere l’obbligo di comunicazione anche a qualunque modifica della compagine sociale con o senza variazioni statutarie, diversamente – ecco il punto – non potendo gli uffici pubblici esercitare il controllo [pur nei limiti, molto angusti, in cui esso può ritenersi consentito] circa eventuali nuovi soci, specie evidentemente sul tormentato versante delle compatibilità/incompatibilità.

È chiaro pertanto che, come accennato, anche nella sua nuova formulazione [come del resto nella precedente] questo sfortunato comma 2 dell’art. 8 va letto discostandosi da quel che vi è scritto, o comunque – se si  preferisce – deve essere interpretato come se l’inciso “ivi incluse quelle relative alla compagine socialedicesse, senza alcun vincolo con una qualsiasi variazione statutaria, “ivi incluse le modifiche/variazioni relative alla compagine sociale”.

  • Variazioni dello statuto e/o delle compagini sociali: forme, contenuti, effetti e pubblicità

Per meglio apprezzare però la diversità delle fattispecie, può essere utile riportare anche qui un quadro seppur sintetico di forma, contenuto ed efficacia delle variazioni statutarie e delle modifiche delle compagini sociali, distinguendo tra società di persone, srl e spa.

    • Snc e sas

Per qualsiasi variazione statutaria, come per ogni modifica della compagine sociale, è sempre necessario il rogito notarile: l’una e/o l’altra, inoltre, hanno effetto dalla data di stipula dell’atto [e non da quella della sua iscrizione nel Registro Imprese, che infatti ha semplicemente natura, come si suol dire, dichiarativa], talché i 60 giorni decorrono dal rogito.

    • Srl

Le variazioni statutarie devono essere approvate con atto pubblico notarile, producendo però effetti soltanto dalla sua iscrizione nel R.I. [che qui perciò ha natura costitutiva], dalla quale conseguentemente scattano anche i 60 gg.

Quanto alle modifiche delle compagini sociali [che da qualche tempo per le srl possono essere perfezionate anche da un commercialista], la loro efficacia, con decorrenza quindi anche dei 60 gg., scaturisce dal deposito dell’atto nel R.I. [ovvero dall’iscrizione nel libro soci nel caso in cui la srl non si sia avvalsa dell’agevolazione introdotta nel 2009 che ne ha consentito l’eliminazione]: fino a quel momento – quello del deposito nel R.I. o dell’iscrizione nel libro soci – la cessione della partecipazione ha effetti solo inter partes e quindi il cessionario sino ad allora non è socio.

Quest’ultima precisazione parrebbe suggerire alle srl l’adozione, anche se diventata facoltativa, proprio del libro soci (una formalità che d’altronde è ben poco onerosa), perché potrebbe offrire qualche opzione in più con riguardo alla data di efficacia verso i terzi dell’ingresso nella compagine sociale di uno o più nuovi soci.

Il che talora potrebbe magari comportare qualche vantaggio di ordine pratico, come l’irrilevanza di un’eventuale condizione di incompatibilità o cose del genere.

Si tratta però di una mera ipotesi di “lavoro” che ci limitiamo a enunciare, senza perciò ulteriori approfondimenti.

    • Spa

Per le variazioni statutarie, il notaio che ha verbalizzato – con atto pubblico – la deliberazione di modifica deve richiederne entro 30 gg. l’iscrizione nel R.I. contestualmente al deposito: dalla data di iscrizione e deposito decorre l’efficacia della modifica statutaria e pertanto anche il termine di 60gg per la comunicazione a FOFI, Ordine, ecc.

Diversa è per la spa, invece, la disciplina circa le modifiche della compagine sociale, quindi, in sostanza, delle cessioni azionarie: è sufficiente l’atto autenticato da notaio o anche la semplice girata del titolo (sempre autenticata da notaio o agente di cambio), e però, attenzione, qui l’efficacia nei confronti della società decorre sempre dall’iscrizione della cessione azionaria nel libro soci, da cui conseguentemente decorrono anche i 60 gg.

In definitiva, almeno per le cessioni azionarie – si è visto – la modifica normativa si spiega pienamente.

  • Immutato invece il regime delle sanzioni

Questo è invece un versante in cui – per colpevole negligenza o disinteresse, ma sicuramente non per convincimenti del Legislatore – non ci sono state novità neppure da parte della l. 124/2017, perché il comma 3 dell’art. 8 della l. 362/91 è rimasto invariato nel suo testo originario che quindi era e tuttora è il seguente: “La violazione delle disposizioni di cui al presente articolo e all’articolo 7 comporta la sospensione del farmacista dall’albo professionale per un periodo non inferiore ad un anno. Se è sospeso il socio che è direttore responsabile, la direzione della farmacia gestita da una società è affidata ad un altro dei soci. Se sono sospesi tutti i soci è interrotta la gestione della farmacia per il periodo corrispondente alla sospensione dei soci. L’autorità sanitaria competente nomina, ove necessario, un commissario per il periodo di interruzione della gestione ordinaria, da scegliersi in un elenco di professionisti predisposto dal consiglio direttivo dell’ordine provinciale dei farmacisti”.

Indubbiamente è un’importante occasione persa per fare ordine e chiarezza sul regime sanzionatorio, visto che – soprattutto dopo la rivoluzione anche ideologica che porta con sé la Legge Concorrenza [anche se parrebbe ora riaprirsi qualche spiraglio di riforma… della riforma, e pensiamo non tanto all’agognato 51% di capitale riservato al farmacista, quanto a un più realistico intervento nel mare magno confusionale delle compatibilità e incompatibilità, iniziando dalla soppressione almeno per le società di capitali (come leggiamo in una proposta o bozza di proposta di legge che speriamo non resti… tale) dell’incompatibilità per il prestatore di lavoro subordinato o autonomo nel pubblico come nel privato] – non si può certo continuare a fare di tutte le erbe un fascio, accomunando in un unico destino, barbaro e cinico, le violazioni di precetti che non sono minimamente coniugabili tra loro, che hanno un ruolo e una rilevanza molto diversi gli uni rispetto agli altri e che in ogni caso non possono evidentemente suscitare pari “allarme sociale”.

Infatti, riproponendo ancora una volta un ormai vecchio interrogativo, chi potrebbe mai pensare – per fare un esempio – di comparare tra loro la partecipazione a una società titolare di farmacia da parte di un medico e la mancata comunicazione di una banalissima variazione statutaria?

Sembra inevitabile, insomma, che il comma 3 dell’art. 8 – oggi più che ieri – vada interamente riscritto, anche se fino ad allora non crediamo possa avere un eccessivo ambito operativo, come è vero che almeno noi non abbiamo notizia  di un provvedimento disciplinare assunto ex art. 8, comma 3, a carico di qualche socio farmacista per aver omesso la comunicazione di una qualsiasi variazione statutaria.

Ma, nell’attesa che le cose siano riviste, è ovviamente consigliabile – circa la vicenda descritta nel quesito – che l’obbligo di comunicazione sia osservato, pur se tardivamente, anche con riguardo all’ingresso del socio finanziatore, il quale d’altra parte non ci pare debba riceverne chissà quale pregiudizio visto che la pubblicità della sua partecipazione al capitale della società potrebbe forse essersi già perfezionata con il deposito dell’atto di cessione nel Registro Imprese, come si è rilevato poco fa.

 (gustavo bacigalupo)

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