Alcuni giorni fa il Governo ha approvato il decreto legislativo avente a oggetto il concordato preventivo biennale rivolto a piccole imprese e lavoratori autonomi [soggetti a ISA, come la gran parte delle farmacie], oltre che evidentemente ai contribuenti forfettari che, come noto, non sono soggetti a ISA.
In pratica, l’istituto prende il via da una proposta – rivolta, attenzione, dall’Agenzia delle Entrate al contribuente – di definizione biennale del reddito d’impresa o di lavoro autonomo, anche ai fini dell’IRAP, e, in fase di prima applicazione, i due anni cui la proposta si riferirà sono il 2024 e il 2025.
In particolare, entro il 15 marzo di ogni anno [per il 2024 entro il 30 aprile], l’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione dei contribuenti e dei loro professionisti di riferimento un software per l’acquisizione dei dati necessari alla formulazione della proposta [sostanzialmente saranno i dati, compresi quelli ai fini dell’elaborazione degli ISA, relativi all’anno d’imposta immediatamente precedente].
L’AdE, basandosi sui dati dichiarati dal contribuente e di tutti quelli presenti nelle vastissime banche dati a sua disposizione, elaborerà una proposta entro il decimo giorno che precede il termine del 30 giugno [per il 2024 il termine è del 30 luglio] che verrà trasmessa agli interessati entro il quinto giorno antecedente il 30 giugno [per il 2024 la trasmissione avverrà entro il quinto giorno antecedente il 30 luglio].
La proposta conterrà l’ammontare del reddito concordato con il Fisco [per la prima volta – ripetiamo – per gli anni 2024 e 2025] e il contribuente avrà a disposizione 5 giorni di tempo per aderire o meno, per decidere cioè se accettare o non accettare la proposta: è, insomma, un “prendere o lasciare” con buona pace del contraddittorio preventivo con l’Amministrazione finanziaria, anche se, a ben vedere, la vastissima platea cui sono dirette le singole proposte non sembra dare eccessivo spazio, proprio per l’elevato numero di destinatari, a ulteriori eventuali “trattazioni” sull’importo determinato dall’AdE.
Gli ordini professionali [soprattutto quello dei Commercialisti] sono però insorti eccependo l’esiguità del termine di 5 giorni per poter rispondere alla proposta, e la loro “protesta” è stata recepita e vagliata positivamente dal Mef, che ha infatti promesso una “rivisitazione” di questo lasso temporale, e quindi staremo a vedere.
Con l’adesione, il contribuente sarà obbligato a dichiarare l’importo accettato per le dette due annualità 2024 e 2025, ed eventuali incrementi o decrementi del reddito che risulteranno dai bilanci approvati per gli stessi anni d’imposta non incideranno sul reddito proposto/accettato a tassazione, a meno che il contribuente non rilevi una riduzione di ricavi superiore al 60%, oppure non emergano importi evasi maggiori del 30% del fatturato dichiarato [per omessa contabilizzazione di proventi] a seguito di verifiche da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Il reddito proposto non terrà in ogni caso conto di eventuali plusvalenze e minusvalenze e il reddito concordato/accettato dovrà essere modificato dal contribuente sulla base del saldo tra le plusvalenze e le minusvalenze realizzate nell’anno d’imposta e determinate analiticamente.
Va altresì precisato che il reddito proposto con il concordato non può essere inferiore a Euro 2.000 e nel caso in cui si tratti di snc o sas o di srl “trasparente” [che ha adottato cioè, come abbiamo già avuto occasione di precisare, il regime di tassazione tipico della snc e della sas] dovrà essere ripartito tra i soci tenendo conto delle loro quote di partecipazione al capitale sociale.
Non tutti i contribuenti soggetti a ISA, tuttavia, potranno accedere al concordato preventivo, perché questo è subordinato ad alcune condizioni, tra cui: a) l’aver ottenuto negli anni pregressi [e anche nel 2023] un punteggio di affidabilità pari almeno a 8 [la “pagella” ISA che ormai tutti avete imparato a conoscere] sulla base delle precedenti trasmissioni di dati all’Erario; e b) la non sussistenza dei debiti tributari di importo pari o superiore a Euro 5.000.
Oltre all’ipotesi sopra indicata – che non va minimamente “sottovalutata”, se ci riflettiamo un momento – di accertamento di importi evasi maggiori del 30% del fatturato dichiarato, si decadrà dal concordato accettato anche in caso di:
- discordanza tra i dati contenuti nelle dichiarazioni dei redditi e quelli successivamente modificati dal contribuente a seguito di successiva integrazione tale da determinare una diversa base sulla quale è stata formulata la proposta di concordato;
- omesso versamento di imposte relative al reddito concordato e valore della produzione dovuti a seguito dell’adesione al concordato;
- condanna per reati tributari commessi negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato;
- mancata presentazione della dichiarazione dei redditi sempre relative agli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato.
Come si vede, va bene la proposta, va bene anche l’adesione, e dunque va bene il concordato preventivo, ma alcune spade di Damocle permangono, anche se francamente soprattutto le imprese dovrebbero essere in grado di evitare di incapparvi.
La contabilità, comunque, dovrà essere tenuta indipendentemente dall’adesione al concordato preventivo, anche perché l’Iva sarà determinata analiticamente, come dovranno anche essere presentate le dichiarazioni dei redditi relative alle annualità interessate dal nuovo istituto.
Secondo le intenzioni del Governo, chi non aderirà al concordato preventivo sarà soggetto a controlli da parte dell’Amministrazione finanziaria e perciò l’appeal per l’accettazione della proposta sta particolarmente nella sottrazione del contribuente [quello che aderisce ovviamente] almeno in prima battuta a verifiche fiscali, anche se per la verità – come del resto avrete forse già colto per quello che abbiamo ulteriormente sottolineato – le verifiche non sono del tutto scongiurate, e valga per tutte, tra quelle sopra ricordate, l’ipotesi in cui venga accertata l’omessa dichiarazione di ricavi superiore al 30% che comporta, come detto, la decadenza del concordato.
Ma per le farmacie, è necessario qui rammentarlo, il 2024 si presenta con la grande novità della nuova remunerazione prevista dalla Legge di Bilancio [v. Sediva News del 26.10.2023], che influirà fatalmente sui conti economici delle vs aziende, mentre la proposta di concordato preventivo si baserà sui dati dichiarati negli anni 2023 e precedenti che di conseguenza non potranno essere minimamente influenzati da tale innovazione, e questo – nella sostanza – obbligherà più o meno tutti voi a un “giudizio prognostico” circa eventuali perdite di fatturato, che certo nessuno si augura, ma che potrebbero influenzare [in diminuzione] l’utile, da confrontare poi con il reddito proposto.
E, si badi bene, i tempi per questo “giudizio prognostico” sono clamorosamente strettissimi.
(stefano lucidi)
La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!