[…costituita per la titolarità/gestione di una farmacia assegnata in forma associata in un concorso straordinario]

A me e a un mio collega è stata assegnata una farmacia a seguito del penultimo interpello nella nostra Regione.

Abbiamo accettato la sede ma non possiamo ancora aprire la farmacia perché non ci sono locali nella sede e stiamo tentando di farla modificare e nel frattempo la Regione, alla quale abbiamo segnalato questo problema dei locali, ci ha concesso una proroga di altri sei mesi oltre a quelli di legge.

Il problema nostro è però anche un altro ed è per questo che vi scrivo: io lavoro da anni in un’industria di articoli sanitari e non ho comunicato l’assegnazione della sede.

Vorrei sapere se posso essere incorso in un’infrazione disciplinare e rischiare così di perdere il posto e soprattutto se questo mio attuale impiego nell’industria mi consente o no di assumere la titolarità e partecipare alla gestione della farmacia con il mio collega costituendo una società.

Intanto, se escludiamo casi specifici e attività particolarissime, non ci sono generalmente prescrizioni – normative o regolamentari o contrattuali – che obblighino un farmacista [che sia un dipendente, pubblico o privato, dirigente o funzionario o impiegato] a comunicare al datore di lavoro l’avvenuta assegnazione di una sede farmaceutica in un concorso straordinario o anche ordinario, e non importa se in forma individuale o, come nel vs. caso, in forma associata.

Ma la questione più delicata che può riguardarvi [che è ancor più delicata se guardiamo ai primi tre anni successivi al rilascio del provvedimento di autorizzazione] Lei sembra averla intuita: si tratta cioè della compatibilità o meno del Suo rapporto di lavoro, da un lato, con l’assunzione della titolarità – sia pure “pro quota” – di una farmacia e, dall’altro, con la Sua partecipazione a una società di gestione dell’esercizio.

È questo infatti il duplice aspetto che Lei deve ora fronteggiare, come del resto devono affrontarlo tutti i vincitori in forma associata in un concorso straordinario al pari evidentemente di chi in precedenza si sia trovato nelle stesse condizioni.

È chiaro però, lo diciamo subito, che, se si ravvisassero ostacoli non aggirabili nell’uno e/o nell’altro versante, la vostra permanenza nella procedura passerà inevitabilmente per la rassegnazione da parte Sua delle dimissioni [in tempo utile rispetto al rilascio della titolarità] e con il preavviso previsto dal CCNL applicabile.

Per seguire comunque lo stesso iter espositivo del quesito, è certo che invece dalla mera accettazione della sede non può essere derivata a vostro carico nessuna conseguenza perché un problema di decadenza dall’assegnazione [prescindendo dalla soluzione della questione della reperibilità di locali idonei nella sede di pertinenza] si porrà solo se e quando non avrete rimosso tempestivamente quegli impedimenti, una volta che le amministrazioni competenti ve li abbiano frapposti come insuperabili.

E tuttavia, lo ribadiamo, in questa fase – comunque si risolvano, e lo vedremo subito, i profili riguardanti la compatibilità del Suo impiego – Lei in questo momento non deve comunicare alcunché a chicchessia, dato che fino all’ipotetico rilascio della titolarità non sono configurabili condotte neppure astrattamente in contrasto con le norme regolatrici del rapporto di lavoro [codice civile e CCNL].

Esaminata allora la vicenda sul versante giuslavoristico [dunque non preoccupante] dobbiamo ora esaminarla sul fronte – per voi sicuramente più rilevante – dell’ordinamento settoriale che, come accennato all’inizio, disciplina il rilascio della titolarità ai vincitori in forma associata e la costituzione tra loro della società di gestione della farmacia.

Ed essendo Lei coinvolto – come noto – almeno per tre anni sia come titolare [pro quota] che come partecipe a una società di gestione, bisogna verificare se e quali ostacoli – permanendo il Suo attuale rapporto con l’industria di articoli sanitari – possano impedirLe l’assunzione dei due ruoli, quel che fatalmente coinvolgerebbe anche il Suo collega nella decadenza dall’assegnazione.

Ora, è vero, come probabilmente Lei ha già avuto occasione di cogliere, che l’incompatibilità “con qualsiasi rapporto di lavoro pubblico o privato” [figura prevista sub c) del comma 1 dell’art. 8 della l. 362/91] non sarebbe applicabile, secondo la ben nota sentenza della Corte Costituzione n. 11 del 2020, ai dipendenti pubblici o privati [e anche ai lavoratori autonomi, come ha precisato il parere del CdS del gennaio 2018] quando partecipino a una società titolare di farmacia senza l’assunzione di ruoli apicali e quindi come soci di mero capitale.

Senonché, qualche mese dopo il Consiglio di Stato ha ritenuto questa pronuncia della Consulta inestensibile ai vincitori in forma associata di sedi farmaceutiche nei concorsi straordinari, e questo per l’obbligo che [secondo il CdS ma non anche, ci pare, secondo la Corte…] l’art. 11 del Crescitalia sancirebbe a carico di tutti i covincitori di gestire “pariteticamente” la farmacia loro conferita o, quantomeno, di non precludersene nel concreto l’esercizio in comune per la sussistenza, ad esempio, di rapporti di lavoro che in astratto lo precludono.

Perciò, ha concluso il CdS, per i primi tre anni i componenti di compagini assegnatarie di sedi in forma associata non possono assumere nelle società di gestione tra loro costituite la veste di soci di mero capitale.

Sol per questo, insomma, il Suo rapporto d’impiego con l’industria, dirigenziale o meno, non Le consentirebbe di partecipare alla società formata con il Suo compagno di cordata, talché, come detto e ridetto, ne conseguirebbe in questa evenienza la decadenza dall’assegnazione dell’intera vostra compagine.

A questo punto, non c’è dubbio che perda di qualunque rilievo l’oggetto sociale e/o le attività ascritte/ascrivibili all’industria in cui Lei opera, perché – pur sembrando evidente che lo svolgimento di una qualsiasi attività di lavoro per un’industria che fabbrica articoli sanitari o simili non può rientrare nelle condizioni di incompatibilità previste sub a) del comma 1 dell’art. 8 della l. 362/91 – crediamo resti nondimeno insuperabile nel Suo caso lo scoglio dell’incompatibilità indicata sub c) dello stesso articolo, anche perché nulla può far pensare che il CdS possa rivedere in tempi brevi la posizione espressa in ordine all’ambito di applicazione della sentenza della Corte di cui si è parlato.

Concludendo, se verrete messi nelle condizioni di aprire concretamente la farmacia relativa alla sede assegnatavi, pensiamo che Lei non possa fare altro che rassegnare tempestivamente le dimissioni.

(gustavo bacigalupo)

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