Vi chiediamo se la nostra SRL, interamente partecipata dall’Associazione di categoria, può effettuare mediante un proprio CED il servizio di buste paga senza consulente interno ma avvalendosi di un consulente esterno con cui è stato instaurato un contratto/convenzione.
Secondo una normativa anche recente sembrerebbe che tale servizio di redazione buste paga non possa essere erogato da una società che non abbia al suo interno un consulente del lavoro.
Il Consiglio di Stato con una sentenza del 2015 ha ben individuato le competenze dei CED che elaborano le buste paga, distinguendole dalle attività professionali dei consulenti del lavoro.
Il CED, cioè, può bensì elaborare le buste paga ma deve avvalersi della supervisione di un consulente del lavoro [generalmente, ma non necessariamente, partecipe alla società/associazione che svolge il servizio]; come tale, quindi, il CED non potrebbe astrattamente fornire alcun tipo di consulenza, riservata infatti ai consulenti del lavoro, ai dottori commercialisti e agli avvocati [individualmente o in associazione tra loro], che sembra siano anche i soli professionisti legittimati a intrattenere rapporti con gli Istituti/Enti pubblici del settore lavoristico.
Dubbi sono stati posti talvolta proprio con riguardo ai CED cui non partecipi alcun professionista, ma – come nel vostro caso – siano assistiti da consulenti del lavoro esterni; in queste evenienze il CED potrebbe essere chiamato a “dimostrare” che il consulente del lavoro di riferimento non sia un semplice “prestanome” [utilizzato al mero fine di ottenere l’accreditamento presso gli Enti pubblici e privati con cui egli almeno formalmente intrattiene i rapporti], ma un professionista che eserciti effettivamente l’attività (anche) a favore del CED.
La linea di confine, com’è facile comprendere, può dunque talora rivelarsi molto sottile, cosicché nel concreto in tali vicende, per così dire, “marginali” – specie quando quella “dimostrazione” non sia fornita dal CED e/o dalla SRL in termini soddisfacenti – c’è perfino il rischio di incappare nel reato di esercizio abusivo della professione di cui all’art. 348 del c.p., anche se francamente sembra un’eventualità molto remota.
(giorgio bacigalupo)
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