La Riforma Cartabia [D.lgs. 149/2022], notoriamente intervenuta modificando [anche] la complessa disciplina del processo civile nel nostro ordinamento, ha apportato rilevanti e incisive variazioni anche in tema di “A.D.R.” [Alternative Dispute Resolution], cioè con riguardo a mediazione, arbitrato e negoziazione, che sono i tre metodi di risoluzione delle controversie alternativi alla via giudiziaria.
Per alcune materie previste tassativamente dalla legge, la mediazione è oggi configurata come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, ma, attenzione, non dell’arbitrato, talché – quando nello statuto sociale figuri una clausola compromissoria [quella classica e corrente, ma anche qualsiasi altra che devolva l’ipotetica lite tra soci o tra un socio e la società a un terzo in veste arbitrale] – il ricorso all’arbitro non richiede il preventivo esperimento della mediazione.
La Riforma Cartabia, inoltre, ha ampliato l’elenco indicato nell’art. 5 del D.lgs 28/2010, includendo – a decorrere dal 30 giugno 2023, data di entrata in vigore di questo segmento della Riforma – le controversie aventi ad oggetto l’associazione in partecipazione, il consorzio, il franchising, i contratti d’opera, di rete, di somministrazione, le società di persone, e la subfornitura.
La ratio di questo ampliamento dell’area di operatività della mediazione sta con tutta evidenza nella volontà legislativa – d’altronde più volte dichiarata dalla stessa Ministra – di risolvere eventuali conflitti prima ancora che possa essere avviata un’azione giudiziaria, con l’indubitabile conseguenza di risparmiare tempo [evitando cioè tutte le lungaggini che, purtroppo, affliggono la giustizia civile italiana], ma anche importanti risorse.
Il D.lgs. 149/2022 ha dunque, come detto, irrobustito la schiera delle materie per le quali è obbligatorio usufruire di questi istituti, annoverando tra i conflitti in cui si deve ricorrere alla mediazione proprio quelli che – come anticipa il titolo di queste note – coinvolgono questioni inerenti le società di persone.
Ora, per quanto i soci possano e/o vogliano evitarli [del resto, pensiamo alla durata obbligatoria di tre anni delle società costituite tra vincitori in forma associata nei concorsi straordinari…], non si può certo escludere, specie quando si tratti di società in nome collettivo in cui per lo più i soci assolvono con pari grado e dignità le funzioni vitali dell’amministrazione e della direzione responsabile della farmacia, che tra loro sorgano conflitti in grado – se non risolti rapidamente – di riflettersi spesso e “malvolentieri” sulla resa delle attività sociali se non addirittura sulla sopravvivenza della società di persone.
Vediamo dunque concretamente come funziona la mediazione.

  • Il procedimento

Come statuisce il nuovo art. 4 del D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, “la domanda di mediazione relativa alle controversie di cui all’art. 2 [incluse pertanto anche quelle relative alle società di persone] è depositata da una delle parti presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia”.


N.B. – E’ necessario che la domanda di mediazione indichi l’organismo competente, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa.


Nel momento in cui si presenta la domanda di mediazione, il responsabile del procedimento nominerà un mediatore fissando il primo incontro tra le parti, “che deve tenersi non prima di venti e non oltre quaranta giorni dal deposito della domanda” [art. 8, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28], a meno che le parti stesse non abbiano già raggiunto un accordo tra loro.
Una volta comunicata alle parti la domanda di mediazione, gli interessati potranno partecipare alla procedura che si svolgerà presso la sede dell’organismo di mediazione, ovvero nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo stesso.
Generalmente, sin dal primo incontro viene redatto a cura del mediatore un verbale sottoscritto da tutti i partecipanti.


N.B. – Naturalmente è possibile anche qui che l’incontro possa/debba osservare modalità telematiche.


L’obiettivo del mediatore è quello di raggiungere un accordo di conciliazione che conseguentemente porterà alla conclusione del procedimento: pertanto, se viene raggiunto l’accordo, il mediatore “forma un processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo” [art. 11, comma 1, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28]; diversamente, il mediatore ne darà atto nel verbale e formulerà, se richiesto da tutte le parti, una proposta di conciliazione da allegare al verbale stesso.
Il verbale conclusivo della mediazione, contenente l’accordo, dovrà poi essere sottoscritto “dalle parti, dai loro avvocati e dagli altri partecipanti alla procedura nonché dal mediatore” [art. 11, comma 4, D.lgs. 4 marzo 2010 n. 28] il quale certificherà le firme apportate da tutti i partecipanti alla procedura.

  • Un esempio

Si pensi a una snc titolare di farmacia con due soli soci, entrambi farmacisti, che decidono di amministrare la società disgiuntamente ovveroquando in particolare ricorra una delle operazioni espressamente ritenute dallo statuto come eccedenti l’amministrazione disgiunta – congiuntamente tra loro.
Ragionevolmente i soci individuano una serie di attività/operazioni [a titolo puramente esemplificativo: l’assunzione e/o il licenziamento di personale dipendente, l’acquisto di beni con un valore superiore a 5.000/10.000 euro, ovviamente la cessione della farmacia sociale, l’accensione di mutui e/o ipoteche, l’acquisto di beni immobili strumentali, e così via …] il cui compimento è rimesso – pena l’inopponibilità alla società  da parte di terzi – al consenso preventivo di tutti i soci o della maggioranza di loro.
Dunque, per tutte le altre attività [quelle, per così dire, ordinarie, come possono essere gli ordinativi di merce che si rendano via via necessari] i due soci potranno agire liberamente, ma – si badi bene [è un’avvertenza che riteniamo necessario sottolineare ogni volta che affrontiamo temi del genere] – l’art. 2257, secondo comma, cod. civ. prevede che “se l’amministrazione spetta disgiuntamente a più soci, ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi all’operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta”.
Se allora il socio X, per restare nell’area dell’amministrazione disgiunta, ritenesse opportuno acquistare per la farmacia sociale uno stock di prodotti omeopatici di linee aziendali diverse [per un importo comunque non eccedente quello appunto dell’amministrazione disgiunta] e il socio Y non fosse d’accordo, quest’ultimo può opporsi all’acquisto paralizzandolo e innescando così, evidentemente solo nel caso in cui il socio X tenesse fermo il suo intendimento originario, un conflitto tra soci.
In questa evenienza la soluzione giudiziaria può essere evitata ricorrendo alla mediazione obbligatoria che, come si è visto, prevede la Riforma Cartabia, oppure, se lo statuto sociale lo contempla, il conflitto potrà essere risolto da un terzo soggetto – verosimilmente, un farmacista nominato dal presidente dell’Ordine competente – in veste di arbitratore.

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In definitiva la mediazione obbligatoria in ambito societario potrebbe essere, come indubbiamente era nei voti del legislatore, una buona occasione per evitare inutili, onerosi e magari defatiganti giudizi, anche se per la verità la pratica di questi ultimi 13 anni – dato che l’entrata in vigore della mediazione obbligatoria risale al 2010 – non può rendere ottimisti sull’effettiva riuscita di questa pur ampliata forma di A.D.R.

(aldo montini – stefano lucidi)

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