Purtroppo non consulto come dovrei la casella Pec della Farmacia. La settimana scorsa dopo diversi mesi di omesso controllo ho scoperto che l’Agenzia delle Entrate aveva notificato, proprio alla Casella Pec, varie cartelle esattoriali che ovviamente non ho pagato e la settimana scorsa ha disposto il fermo amministrativo della vettura aziendale. Cosa posso fare?
Le (fin troppo…) numerose occasioni in cui abbiamo raccomandato – illustrandone ampiamente le ragioni – il controllo quotidiano della casella pec [che, ribadiamo ancora una volta, è il domicilio digitale della farmacia] miravano a ridurre ai minimi termini il rischio di ricevere sulla pec, senza venirne a conoscenza appunto per la mancata sua consultazione, avvisi di accertamento o cartelle esattoriali, e con le conseguenze che Lei ha descritto.
Per di più, e anche questo è bene ricordarlo ancora, dal 1° marzo 2023 gli atti giudiziari indirizzati alle imprese, professionisti e pubbliche amministrazioni devono obbligatoriamente essere notificati proprio al domicilio digitale.
Venendo ora al quesito, le c.d. “ganasce fiscali” sintetizzano plasticamente la procedura cautelare utilizzata dall’Agente della Riscossione per proteggere il credito erariale maturato nei confronti di un contribuente moroso.
Qui siamo dunque in presenza di un fermo amministrativo che implica direttamente lo stop alla circolazione del veicolo intestato al debitore [qui la farmacia come tale] e oggetto delle “ganasce”.
Il fermo viene registrato presso il PRA (Pubblico Registro Automobilistico) e, fino a quando il debito non viene estinto, l’utilizzo del veicolo è naturalmente vietato, diversamente incappando in sanzioni amministrative.
A ogni buon conto, ai sensi del secondo comma dell’art. 86 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602*, il fermo amministrativo non può essere iscritto a carico dei beni [veicoli] strumentali all’esercizio dell’impresa.
*L’art. 86 dispone al comma 2 che: “la procedura di iscrizione del fermo di beni mobili registrati è avviata dall’agente della riscossione con la notifica al debitore o ai coobbligati iscritti nei pubblici registri di una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni sarà eseguito il fermo, senza necessità di ulteriore comunicazione, salvo che il debitore o i coobbligati nel predetto termine dimostrino all’agente della riscossione che il bene mobile è strumentale all’attività d’impresa”.
Il provvedimento assunto dal concessionario della riscossione in violazione del citato precetto normativo può essere annullato impugnando l’atto innanzi al giudice compente [il giudice di pace, la Commissione tributaria oppure il tribunale ordinario della sezione Lavoro, secondo che il fermo amministrativo sia causato dal mancato pagamento di multe stradali, tributi o contributi previdenziali o assistenziali].
Il contribuente dovrà fornire la prova della strumentalità dell’autovettura anche [ma, forse, non solo] con la produzione del registro dei beni ammortizzabili.
Definita positivamente la procedura giudiziale, o dopo aver eseguito il pagamento del dovuto, suggeriamo di verificare l’avvenuta cancellazione del fermo utilizzando l’apposito servizio disponibile sul sito ACI.
Per accedervi, sarà necessario autenticarsi tramite SPID o altri sistemi di autenticazione [CIE o CNS] e inserire la targa e la tipologia del veicolo, unitamente al codice fiscale del proprietario, così da poter verificare nel concreto se il veicolo risulti davvero ancora sottoposto a fermo.
Infine, ancora una nota sulle sanzioni cui può essere assoggettato chi sia sorpreso al volante di un’auto durante il periodo di fermo: la sanzione, come detto, è amministrativa e varia da euro 1.984 a 7.937, ma – oltre a quella pecuniaria – può essere applicata anche la misura accessoria della confisca del veicolo e revoca della patente.
(aldo montini – matteo lucidi)
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