Un nostro collaboratore vorrebbe interrompere il rapporto unilateralmente, chiedendoci però un’integrazione economica che noi comunque saremmo disposti a dargli. Quindi lui  presenterà le dimissioni con preavviso più breve rispetto a quanto previsto dal contratto e proprio per questo l’accordo tra noi prevedrebbe una buonuscita di due mensilità aggiuntive.
È sufficiente regolarizzare questo accordo con una semplice lettera firmata dal lavoratore?

La fattispecie descritta, ferma la volontà della farmacia di riconoscere al collaboratore dimissionario un’integrazione pari a due mensilità, dovrebbe – per assicurare alla farmacia uno strumento operativo idoneo – essere formalizzata non con una semplice scrittura privata, come sembra abbiate concordato, ma sottoscrivendo una vera e propria conciliazione in sede sindacale.

Questa procedura, come del resto è noto, costituirebbe una modalità sicuramente “virtuosa”, in grado quindi di garantire alla farmacia alcuni vantaggi, soprattutto a fronte della corresponsione delle due mensilità suppletive al lavoratore.

In particolare, con tale procedimento di conciliazione avremmo:

  • l’elaborazione di un testo appunto conciliativo in cui il lavoratore, da un lato, riconosce la piena correttezza dell’intera vicenda lavorativa e, dall’altro, rinuncia conseguentemente a qualsiasi azione in sede giudiziaria;
  • il venir meno per il lavoratore dell’obbligo di comunicare le dimissioni online, quindi con immediata loro efficacia;
  • il venir meno altresì, sempre per il lavoratore, della facoltà – da esercitare entro sette giorni dalla data di trasmissione all’azienda del modulo di dimissioni – di revocare queste ultime con le medesime modalità telematiche;
  • la possibilità di classificare la “buonuscita” come, ad esempio, incentivo all’esodo che a propria volta non è soggetto a contribuzione, perciò con intuibili vantaggi per la farmacia;
  • infine, la definizione e formalizzazione della conciliazione in sede sindacale, c.d. “sede protetta”, quel che – per la sua inoppugnabilità – renderebbe di per sé improponibili eventuali ricorsi in via giudiziaria da parte del lavoratore.

(silvia cecchini)

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