Sono una assegnataria in forma singola di una nuova sede farmaceutica. Mio marito è medico anestesista ormai in pensione, e vorrei sapere se la sua presenza in farmacia, non come medico, ma come aiuto generico, ad esempio nel mettere a posto i prodotti del magazzino, o nel vendere prodotti cosmetici, è anch’essa vietata in modo assoluto, oppure se deve, nel caso, cancellarsi dall’Ordine.
Faccio un ulteriore passo: è assolutamente vietato che come medico faccia tamponi o vaccini in un gazebo vicino alla farmacia?
Differentemente, come vedremo, dal quesito posto nel secondo capoverso, quello esposto nel primo sembra di agevole soluzione, pure se – anche per alcune giuste rivendicazioni che parrebbero provenire almeno in parte dalla stessa vs Categoria – le cose anche qui potrebbero nel tempo subire via via ulteriori evoluzioni proprio sul piano normativo.
Per il momento, però, non sembra possano esserci grandi dubbi: in principio un medico – sol perché iscritto all’albo e anche se pensionato e/o non effettivamente esercente la professione – in farmacia non può svolgere alcuna attività lavorativa e men che meno, fosse anche con carattere di discontinuità, “attività di prescrizione e diagnosi”.
“Prescrizione” e “diagnosi” sono infatti attività entrambe espressamente vietate, al pari di quella di “prelievo di sangue o di plasma mediante siringhe o dispositivi equivalenti”, dal disposto sub e) del comma 2 dell’art. 1 del d.lgs. 153/2009 [che contiene le disposizioni governative delegate dall’art. 11 della l. 69/2009 “in materia di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell’ambito del Servizio sanitario nazionale”].
Quella ora citata del d.lgs. 153/2009 è una norma imperativa che perciò reca con sé anche il divieto per un medico di contrarre con una farmacia [o, se si preferisce, il divieto per una farmacia di contrarre con un medico] rapporti, non necessariamente continuativi, che implichino la frequentazione in qualunque modo della farmacia da parte del medico, così da porre quest’ultimo – anche solo in astratto – nelle condizioni di svolgere per l’appunto [anche] “attività di prescrizione e diagnosi”.
Un indizio comunque non pallidissimo che un tale rigore possa prima o poi essere attenuato da altri interventi legislativi o anche, per qualche aspetto, da provvedimenti amministrativi, possiamo tuttavia rinvenirlo nella sentenza del Consiglio di Stato n. 3357/2017 – rimasta finora isolata, e però convincente nelle conclusioni anche se un po’ meno nell’iter prescelto – che valorizza fortemente il disposto sub c) dello stesso comma 2 dell’art. 1 del d.lgs. 153/2009, secondo cui [“I nuovi servizi assicurati dalle farmacie …omissis… concernono”] “la erogazione di servizi di primo livello, attraverso i quali le farmacie partecipano alla realizzazione dei programmi di educazione sanitaria e di campagne di prevenzione delle principali patologie a forte impatto sociale, rivolti alla popolazione generale ed ai gruppi a rischio e realizzati a livello nazionale e regionale, ricorrendo a modalità di informazione adeguate al tipo di struttura e, ove necessario, previa formazione dei farmacisti che vi operano”.
Come vediamo, partendo proprio da tale disposizione il CdS – nel decidere, rigettandolo, l’appello proposto da un titolare di farmacia avverso la sentenza n. 1692/2016 del Tar Lombardia Brescia e nei confronti [tanto per cambiare…] di un’altra farmacia – afferma che l’evoluzione della normativa mostra che il divieto di cumulare la professione farmaceutica con l’esercizio di altre professioni o arti sanitarie “non impedisce di prevedere, presso le farmacie, giornate di prevenzione, nell’ambito di appositi programmi di educazione sanitaria o di specifiche campagne contro le principali patologie a forte impatto sociale, anche mediante visite mediche, la cui finalità, però, sia quella appunto di favorire il valore essenziale della prevenzione sanitaria e l’anticipato contrasto di patologie a forte impatto sociale”.
A parte però il richiamo al divieto di cumulo soggettivo* sancito nell’art. 102, primo comma, del TU.San. – che d’altronde il CdS ci pare evochi a sproposito perché nella vicenda decisa si era posto tutt’altro problema che quello di un “bi-professionista”, un professionista, cioè, che sia allo stesso tempo medico e farmacista, o farmacista e podologo, o farmacista e dietista, o farmacista e biologo, e così via – merita invece di essere in ogni caso adeguatamente valorizzata, specie nell’ottica di una possibile ulteriore evoluzione del rapporto medico/farmacia, la precisazione successiva del Supremo Consesso circa la ben circoscritta finalità [soltanto, cioè, nell’ambito della “prevenzione” e “di appositi programmi ecc.”] di eventuali visite mediche in farmacia, che ovviamente al di fuori di quegli ambiti sono e restano interdette.
*Che la sentenza, infatti, intenda riferirsi al solo cumulo soggettivo e non al cumulo oggettivo, cui accenneremo tra un momento, si deduce dal richiamo espresso del CdS alla sua precedente decisione n. 6409 dell’1/10/2004.
Ma ritenendo di dover qui accantonare [soprattutto per la sua peculiarità, evidentemente] questo precedente del CdS e non volendo comunque enfatizzarne il ruolo, resta ben fermo e saldo il divieto di qualunque “attività di prescrizione e diagnosi” e quindi anche il divieto per la farmacia di consentire a un medico – alla cui professione, giova sottolinearlo, queste “attività” pertengono in via esclusiva – di porsi, anche solo potenzialmente come rimarcato poco fa, nelle condizioni di svolgere in farmacia prestazioni vietate**
**Invece, come noto, già all’indomani dell’entrata in vigore della legislazione sui “nuovi servizi” delle farmacie furono ritenute, come a maggior ragione devono essere ritenute oggi, del tutto lecite e pertanto consentite al loro interno [grazie anche a un “via libera” del CdS, sorprendente quantomeno per la sua tempestività] le prestazioni di tutti gli altri professionisti sanitari – che oggi sono… un’infinità – “promossi” dalla Lorenzin e con i quali dunque certi accordi sono legittimi come è legittima ogni ipotesi di cumulo oggettivo, a meno che evidentemente non riguardi uno dei “professionisti prescrittori”, come il medico o il dentista o il veterinario.
Deve però essere chiaro, anche per dissipare alcune perplessità sollevate da qualche parte, che – sia con le prestazioni rese nella e/o per la farmacia dai professionisti sanitari diversi dai medici [come pure con la presenza di questi ultimi nella farmacia in ipotesi specifiche riconducibili all’ambito della “prevenzione” e di “appositi programmi ecc.”, che il CdS richiama nella citata decisione n. 3357/2017] – siamo comunque fuori dalla sfera di operatività della disposizione di cui al citato art. 102, ma secondo comma, del TU.San. [“I sanitari che facciano qualsiasi convenzione con farmacisti sulla partecipazione agli utili della farmacia, quando non ricorra l’applicazione delle disposizioni contenute negli articoli 170 e 172, sono puniti con l’ammenda da ecc.…”], perché questi ipotetici rapporti con i “sanitari” non sono articolati sulla loro partecipazione agli utili della farmacia come tale.
Per concludere allora sul primo quesito da Lei posto, Suo marito – finché resterà iscritto all’albo – non potrà fornirLe alcuna concreta collaborazione in farmacia neppure [per usare le parole della mail] “come aiuto generico, ad esempio nel mettere a posto i prodotti del magazzino, o nel vendere prodotti cosmetici”.
Ben diversamente, cancellandosi dall’albo professionale, egli sarà legittimato a fare in farmacia tutto e di più, compresa perfino l’assunzione della gestione commerciale dell’esercizio ma fatta salva, è banale aggiungerlo, qualsiasi dispensazione diretta del farmaco alla clientela.
* * *
Può suscitare invece almeno qualche perplessità, come accennato all’inizio, il secondo quesito, che concerne l’eventuale espletamento da parte di Suo marito – naturalmente quale medico iscritto all’Albo – della sola attività professionale riguardante vaccinazioni e tamponi.
Qui ci interessano il disposto sub e-quater [introdotto con DL n. 24/22 convertito con l. n. 52/22] del già citato comma 2 dell’art. 1 d.lgs. 153/2009 e l’art. 4 del Protocollo d’intesa del 28/7/2022 tra Governo, Regioni, Federfarma, ecc., disposizioni di cui è dunque opportuno riportare integralmente il testo:
- art. 1, comma 2, d.lgs. 153/2009
(I nuovi servizi assicurati dalle farmacie… omissis… concernono:)
e-quater: la somministrazione, con oneri a carico degli assistiti, presso le farmacie, da parte di farmacisti opportunamente formati a seguito del superamento di specifico corso abilitante e di successivi aggiornamenti annuali, organizzati dall’Istituto superiore di sanità, di vaccini anti SARS-CoV-2 e di vaccini antinfluenzali nei confronti dei soggetti di età non inferiore a diciotto anni, previa presentazione di documentazione comprovante la pregressa somministrazione di analoga tipologia di vaccini, nonché l’effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelevamento del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo, da effettuare in aree, locali o strutture, anche esterne, dotate di apprestamenti idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire la tutela della riservatezza. Le aree, i locali o le strutture esterne alla farmacia devono essere compresi nella circoscrizione farmaceutica prevista nella pianta organica di pertinenza della farmacia stessa.
- art. 4 “Protocollo d’intesa”
comma 1. Ai fini dell’offerta di servizi sanitari da parte delle farmacie di cui all’art.1, comma 2, lettera e-quater del decreto legislativo 3 ottobre 2009, n.153, i soggetti titolari di farmacia possono utilizzare aree, locali o strutture separate dai locali ove è ubicata la farmacia.
comma 2. L’esercizio dei servizi sanitari nelle aree, locali o strutture di cui al comma 1 è soggetto a controllo da parte dell’amministrazione sanitaria territorialmente competente, verificando che i soli locali abbiano i requisiti di idoneità igienico-sanitaria già previsti per l’esercizio farmaceutico nelle farmacie di comunità, consentano il rispetto della riservatezza degli utenti, ricadano nell’ambito della sede farmaceutica di pertinenza prevista in pianta organica. In caso di ampliamento dei locali per le attività previste dal presente protocollo la farmacia è tenuta, entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione di cui all’Allegato 1, a presentare domanda di autorizzazione all’autorità competente. Nelle more del rilascio dell’autorizzazione l’attività può essere svolta in ragione della comunicazione di cui all’Allegato 1. 3. Due o più farmacie, di proprietà di soggetti differenti, possono esercitare in comune i servizi sanitari di cui all’art.1, comma 2, lettera e-quater), del decreto legislativo 3 ottobre 2009, n.153, e successive modificazioni, anche utilizzando le aree, i locali o le strutture di cui al comma l, previa stipula del contratto di rete di cui all’articolo 3, comma 4-ter, del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33. 4. L’autorizzazione, all’utilizzo delle aree, locali o strutture di cui al comma I da parte delle farmacie che hanno stipulato il contratto di rete di cui al comma 3, è rilasciata al rappresentante di rete verificando che i soli locali abbiano i requisiti di idoneità igienicosanitaria di cui al comma 2 del presente articolo, consentano il rispetto della riservatezza degli utenti, ricadano nell’ambito della sede farmaceutica di pertinenza di una delle farmacie aderenti al contratto di rete prevista in pianta organica. Nelle more del rilascio dell’autorizzazione l’attività può essere svolta in ragione della comunicazione di cui all’Allegato 1 trasmessa dal rappresentante di rete.
Il disposto sub e-quater, come si è visto, è solo in parte sovrapponibile ai due commi dell’art. 4, i quali infatti regolano anche alcuni aspetti di esecuzione e di dettaglio finendo per ampliare – ma con almeno un dubbio di legittimità, come diremo subito – l’ambito di applicazione ricavabile dall’e‑quater, ritenendo invece di poter accantonare la questione della riservatezza sia perché tutelata nelle due norme sostanzialmente allo stesso modo e in termini non equivoci e sia perché inconferente ai fini di queste nostre notazioni.
Indubbiamente, però, anche i due passaggi che più possono interessarci – cioè “aree, locali o strutture, anche esterne… alla farmacia” [e‑quater] e “aree, locali o strutture separate dai locali ove è ubicata la farmacia” [art. 4] – vogliono dire e dicono in realtà la stessa cosa, e cioè che l’attività di vaccinazione e tamponi può essere esercitata dalla farmacia tanto all’interno dell’esercizio come anche in un’area o struttura o locale separato da quello della farmacia, quindi esterno ad essa, che [differentemente, ad esempio, dal classico gazebo] potrà anche non essere vicinissimo, purché sia compreso “nella circoscrizione farmaceutica prevista nella pianta organica di pertinenza della farmacia stessa”.
Semmai quel sospetto di legittimità accennato poco fa può suscitarlo l’art. 4 quando, discostandosi dall’“e-quater” [che è circoscritto dichiaratamente a vaccinazioni e tamponi], rende utilizzabili “aree, locali o strutture separate” anche per lo svolgimento di [tutti] i “servizi sanitari… di cui all’art. 1, comma 2” dello stesso D.Lgs. 153/2009, così delineando l’allestibilità da parte delle farmacie anche di locali, lontani o lontanissimi, in cui poter esercitare [come fosse un ramo d’azienda distaccato] l’intera attività relativa ai “nuovi servizi”, uno scenario che francamente può sembrare foriero di conseguenze non da poco nei rapporti tra le farmacie.
E allora, la domanda è: queste disposizioni possono forse, al ricorrere magari di alcuni rigorosi presupposti, mettere il ruolo e le prestazioni del medico che vi fosse adibito al riparo dal rischio di una commistione – vietata, per quanto detto fin qui – con l’attività ordinaria di dispensazione del farmaco, visto che in tali ipotesi si potrebbe configurare un’attività anche “fisicamente” separata e del tutto autonoma dalla farmacia, e dunque dalla sua attività ordinaria, pur se nondimeno ad essa riconducibile?
La risposta non può che essere negativa, perlomeno quando l’attività in argomento sia svolta nel locale farmacia anche latamente inteso, perciò in uno qualsiasi degli ambienti che lo compongono, fosse pure un “gazebo” [come Lei sottolinea] o altra struttura a ridosso del locale farmacia.
È vero che, secondo la gran parte degli accordi Regione/Farmacie relativi ai tamponi, requisito ineludibile per espletare il servizio in farmacia era [ma forse bisogna dire è, perché il principio dovrebbe intendersi esteso anche all’attività di vaccinazione quando espletata per l’appunto all’interno dell’esercizio] la netta separazione – con diversità tra i rispettivi orari di svolgimento e/o con diversità di ingressi e uscite – tra l’accesso all’area dedicata e l’accesso al “banco”, così da evitare incontri/sovrapposizioni tra clienti che richiedono una vaccinazione o un tampone nell’area riservata interna della farmacia [o anche, come accennato, in un “gazebo” esterno] e clienti che invece necessitano semplicemente di approvvigionarsi di farmaci, con o senza ricette da spedire.
Senonché, guardando bene, neppure con il rispetto delle prescrizioni appena ricordate, e separando quindi l’attività ordinaria da quella di erogazione al suo interno dei “nuovi servizi”, la farmacia – se può forse evitare l’incontro/sovrapposizione tra le due “clientele” – nulla invece ragionevolmente può fare per impedire la “confusione” tra gli addetti all’attività ordinaria, sanitari o non sanitari, e i professionisti sanitari adibiti ai “nuovi servizi”, che si tratti di tutti i nuovi servizi o soltanto di vaccinazioni e tamponi.
E dunque, in ultima analisi, mentre dalla presenza dell’infermiere, in uno o in un altro degli ambienti del locale farmacia, non possono derivare criticità di alcun genere [come neppure dal suo inquadramento nella farmacia che, come accennato, può con lui validamente intrattenere rapporti], invece – se a vaccinazioni e tamponi sono impiegati (anche) dei medici – non si vede come poter loro impedire in radice (anche) un’attività di “prescrizione e diagnosi”.
Diverso potrebbe essere il discorso [ma il condizionale è quanto mai d’obbligo…] pensando all’ipotesi in cui la farmacia – limitando naturalmente l’attività svolta nel locale esterno, autonomo e separato, soltanto a vaccinazioni e tamponi, come del resto sembra prescrivere il disposto sub e-quater – vi preponga un medico iscritto all’albo, assicurando la piena autonomia funzionale dell’attività rispetto a quella ordinaria, e ferme tutte le cautele e tutti i controlli del caso.
Ma, s’intende, è più che altro una mera ipotesi di lavoro e soltanto “residuale”, dunque tutta da verificare.
* * *
Per concludere anche sul secondo quesito, Suo marito – finché resterà iscritto all’albo – non sembra pertanto possa esserLe di grande aiuto neppure incaricandolo di vaccinazioni e tamponi, anche se nella “realtà non virtuale”, è difficile ignorarlo, alcune farmacie già ora ricorrono disinvoltamente [intendendo meritoriamente assicurare la migliore qualità di questo “nuovo servizio”…] all’ausilio di qualche medico.
Se infatti escludiamo l’ipotesi “residuale” cui si è accennato, la già rilevata assenza – nella normativa di settore – di una prescrizione che impedisca la “confusione” con l’attività ordinaria della farmacia permetterebbe a Suo marito [sempre virtualmente] di svolgere nell’esercizio anche quelle “attività di prescrizione e diagnosi” espressamente interdette, come abbiamo visto ripetutamente.
La farmacia d’altronde non potrebbe beneficiare della collaborazione di Suo marito nel servizio di vaccinazioni e tamponi neppure cancellandosi dall’albo, perché in tal caso potrebbe bensì svolgere tutte quelle attività interne alla farmacia non riservate al farmacista e di cui si è detto [potendo perfino amministrare e gestire l’esercizio…], ma sicuramente non potrebbe svolgere prestazioni riservate in principio al medico e all’infermiere, oltrechè ai farmacisti “opportunamente formati a seguito del superamento, ecc.”, una condizione peraltro che sembrerebbe poco più di una formalità.
In definitiva, però, è chiaro che stiamo navigando in una materia esposta a continue “fibrillazioni” – del legislatore ma anche delle stesse farmacie – e quindi molto può ancora cambiare, e qualche nuovo o diverso indirizzo dobbiamo aspettarcelo anche dal giudice amministrativo.
(gustavo bacigalupo)
La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!