[…ma può soprattutto impensierire la ripetuta messa in discussione della distanza legale tra farmacie]

Secondo il c.d. principio della mezzeria, giova forse rammentarlo, quando una via o una piazza [o anche, perché no ?, un fiume…] figura nella “pianta organica” come attribuita a due sedi farmaceutiche adiacenti la linea [ideale] di confine passa proprio sulla “mezzeria”, e dunque ognuna delle due farmacie di pertinenza può essere legittimamente posta in esercizio soltanto in locali ubicati nel lato interno della via comune alle due sedi.
Fino, diciamo, al Crescitalia, questo criterio poteva considerarsi logico corollario dell’idea di fondo del legislatore che, in tema di pianificazione territoriale del servizio farmaceutico, “assegnava” infatti a ogni farmacia una porzione territoriale [appunto una sede farmaceutica] rigidamente delimitata/demarcata e come tale “inviolabile” per gli esercizi relativi alle sedi contermini.
In questo quadro, quindi, una linea di mezzeria avrebbe potuto ritenersi “valicabile” da una farmacia solo se nella “pianta organica” quella via di confine risultasse assegnata alla sede di sua pertinenza ambo i lati oppure, il che in pratica è lo stesso, risultasse espressamente esclusa dall’area di pertinenza della sede adiacente.
Negli ultimi anni, però, il giudice amministrativo ha cambiato progressivamente opinione [anche] su questo specifico e a lungo controverso aspetto dell’organizzazione delle farmacie sul territorio giungendo infine alla conclusione che il criterio che deve guidare la pianificazione comunale è esattamente quello opposto: il c.d. principio della mezzeria, cioè, deve considerarsi oggi caduto e pertanto una via comune pertiene egualmente a entrambe le sedi, salvi i casi [oltre a quelli già accennati di attribuzione di una via ambo i lati] in cui nella p.o. i relativi perimetri siano stati configurati con l’esatta specificazione dei numeri civici di pertinenza di una delle due sedi e la conseguente pertinenza alla sede adiacente degli altri numeri civici della stessa via.
Questi in sintesi gli assunti della sentenza n. 3410 del 2 maggio u.s. con cui il CdS ribadisce con analisi ancor più accurate quanto già in principio affermato nella fondamentale pronuncia n. 1976 del 19/03/2020 [per una sua ampia disamina rimandiamo alla Sediva News del 27 marzo 2020: “Il Consiglio di Stato contro la “mera fissazione di confini” tra le sedi”], confermando integralmente le statuizioni in primo grado del Tar Lazio [n. 4527 del 16/4/2021, sulla quale v. Sediva News del 10.05.2022: “Sulla “mezzeria” [e non solo] il Tar Lazio fa proprie le tesi del CdS”].
Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici di legittimità trae origine [come forse alcuni di voi ricorderanno] dall’impugnazione, da parte di un titolare di farmacia, del provvedimento di riconoscimento – a favore della società costituita tra i vincitori in forma associata in un concorso straordinario – della titolarità di un esercizio di nuova istituzione, assumendone l’illegittimità per essere quest’ultimo ubicato, bensì, su una via di confine comune alla sede del ricorrente e a quella neoistituita, e però nel lato che avrebbe dovuto secondo il ricorrente ritenersi [nonostante l’assenza di qualsiasi indicazione] di pertinenza della sua sede, essendo, rispetto a quella neoistituita, il lato esterno all’ideale linea di mezzeria.
Già in primo grado il TAR Lazio – allineandosi all’orientamento inaugurato in particolare dal citato CdS n. 1976 del 19/03/2020 – aveva respinto il ricorso affermando che, “in assenza di ulteriori specificazioni da parte degli atti adottati dal Comune”, e tenuto conto della nuova concezione della programmazione e della distribuzione del servizio farmaceutico sul territorio [che esclude ormai, come si è detto, rigide delimitazioni e demarcazioni invalicabili tra le sedi confinanti] non vi fossero elementi idonei ad autorizzare una lettura del provvedimento impugnato nei termini prospettati dal ricorrente, e cioè come affetto da illegittimità per aver “violato la linea di mezzeria permettendo alla nuova farmacia di invadere l’area riservata alla sede” del ricorrente.
In fase di appello il Supremo Consesso, richiamando espressamente proprio CdS n. 1976/2020, coglie l’occasione per precisare ulteriormente – nei termini riferiti poco fa – gli ormai ridottissimi presupposti applicativi del c.d. principio della mezzeria.
L’odierno depotenziamento di tale criterio [e la conseguente qualificazione della via di confine come “promiscua”, ascrivibile quindi ambo i lati indifferentemente all’una e all’altra delle due sedi contermini] deriva, precisano i giudici, dalla necessità che si faccia riferimento non tanto alla mera “fissazione di confini fra zone riservate alle singole farmacie”, quanto piuttosto all’equilibrio dell’offerta fra le diverse aree, mediante una pianificazione attenta alla copertura dei bisogni individuati per centri di insediamento o di aggregazione che ben può prendere in considerazione “una strada nella sua interezza”.
D’altra parte, prosegue il CdS evocando peraltro assunti recentemente ribaditi più volte, sul Comune non grava alcun obbligo di impedire la sovrapposizione tra le farmacie, essendo l’ente territoriale chiamato unicamente a garantire per quanto possibile un’equa distribuzione delle farmacie sul territorio, sulla base di molteplici criteri discrezionalmente valutabili che garantiscano un ponderato bilanciamento dei diversi interessi attinenti alla popolazione [attuale e potenzialmente insediabile], nonché alle vie e ai mezzi di comunicazione, mediante una scelta per ciò stesso sindacabile soltanto sotto il profilo della manifesta illogicità o della errata valutazione degli elementi fattuali posti a fondamento della decisione assunta.
La finalità, pertanto, di garantire l’accessibilità agli utenti del servizio di distribuzione dei farmaci – del tutto rispondente alla ratio della riforma introdotta dal Crescitalia – ben può comportare una sovrapposizione tra i bacini di utenza facenti capo alle sedi preesistenti e a quelle neo-istituite: lo scopo della norma non è, infatti, quello di garantire ai titolari di una sede farmaceutica una rendita di posizione, ma quello di assicurare l’efficacia del servizio farmaceutico nei confronti della popolazione, mediante una valutazione riservata al potere discrezionale della competente autorità.
Il rapporto numerico fra farmacie e numero di abitanti di cui all’art. 1 l. 475/1968 – conclude il CdS richiamando questa volta il suo precedente n. 6237/2019 – lungi dall’essere stato introdotto al fine di garantire che il titolare di ciascuna sede “profitti di un determinato livello”, serve solo a “individuare il numero massimo di autorizzazioni che l’Amministrazione può assentire”.
Prima di chiudere, però, vogliamo invitarvi a leggere con attenzione i passaggi della sentenza riportati ai § dal 10.3 al 10.8, e con qualche preoccupazione quello di cui al § 10.2 che ad ogni buon fine trascriviamo qui di seguito integralmente.
“10.2. Questo Consiglio di Stato ha chiarito che «il rispetto di tale distanza, peraltro, non può intendersi in modo rigido» e che «proprio in base alla giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia CE n. 570 del 1 giugno 2010), spetta al giudice nazionale verificare se le regole che pongono limiti all’apertura delle farmacie siano compatibili a consentire l’erogazione di un servizio adeguato con l’obiettivo di contemperare le riserve stabilite dal legislatore in favore dei farmacisti con la tutela della salute pubblica (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 862 del 9.2.2011)», sicché, secondo la Corte di Giustizia, «le autorità competenti potrebbero perfino essere indotte ad interpretare la regola generale nel senso che è possibile autorizzare l’apertura di una farmacia a distanza inferiore alla distanza minima non solo in casi del tutto eccezionali, ma ogni volta che la rigida applicazione della regola generale rischi di non garantire un accesso adeguato al servizio farmaceutico» (Cons. St., sez. III, 15 ottobre 2019, n. 6998)”.
Come vedete, il nostro massimo organo di giustizia amministrativa non sembra aver pace neppure sulla distanza tra farmacie, che è un tema che abbiamo già affrontato più volte e su cui purtroppo saremo probabilmente costretti a tornare: quello della caduta del principio della mezzeria rischia allora di apparire perfino un “non problema”, se confrontato con un’ipotetica revisione della distanza come autentico caposaldo dell’intero sistema.

(gustavo bacigalupo – cecilia sposato)

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