Quando la nostra casella Pec è piena – questa la fine sostanza del titolo – quali conseguenze possono derivarcene?
Ne parliamo perché questa è una vicenda che registriamo [e ci viene segnalata] fin troppo spesso.
Ora, con la comunicazione in CCIAA dell’indirizzo pec, i titolari di farmacie [in forma individuale o sociale, perché è soprattutto di loro che intendiamo parlare] hanno indicato/indicano il proprio domicilio digitale ovvero il luogo virtuale in cui vuole ricevere le comunicazioni in formato digitale aventi valore legale.
Accade però, come detto, che la casella si riempia e che quindi non consenta di ricevere ulteriori messaggi.
La giurisprudenza, chiamata a decidere sulla validità o meno della comunicazione/notificazione alla “casella pec piena”, si è espressa delineando due diversi orientamenti.
Il primo sostiene che la ricevuta PEC attestante la situazione di “casella piena” del destinatario sia idonea a dimostrare in ogni caso la ricezione del messaggio in quanto il titolare di una Pec ha per ciò solo il dovere di assicurarsi il corretto funzionamento della sua casella di posta, perché ha l’onere di verificare non solo le comunicazioni regolarmente inviategli a quell’indirizzo, ma anche di attivarsi affinché i messaggi possano essere regolarmente recapitati. Pertanto, la notifica effettuata alla casella di posta risultata “piena” viene equiparata ad un preventivo rifiuto di ricevere notificazioni per il suo tramite e quindi, ai sensi del secondo comma dell’art. 138 cod. proc. civ., la notifica si considera eseguita.
L’altro orientamento giurisprudenziale, al contrario, assume che la ricevuta di ritorno attestante la condizione di “casella piena” della PEC del destinatario non comprovi il perfezionamento della comunicazione/notificazione nei confronti di quest’ultimo, valorizzando ora le esigenze di tutela del diritto di difesa connesse all’effettiva conoscibilità degli atti, ora la sussistenza di uno specifico obbligo di diligenza in capo al mittente.
In tale ultimo caso, perciò, il notificante – usando l’ordinaria diligenza – avrebbe potuto/dovuto provvedere a un nuovo successivo invio sempre a mezzo PEC o attraverso mezzi equipollenti [consegna a mani, notifica a mezzo posta o con ufficiali giudiziari] della comunicazione: di recente, in questo senso Tar Cagliari, I, 14 febbraio 2022, n. 99.
La Cassazione in ragione di questi due diversi e contrapposti indirizzi in merito alla validità della comunicazione/notificazione alla casella pec piena ha sottoposto la questione alle Sezioni Unite che – tuttavia – finora non risultano essersi pronunciate sul tema.
Con la sua recente sentenza n. 4900 del 21 aprile 2022, però, il Tar del Lazio – volendo comunque decidere il ricorso e non potendo evidentemente far ancora affidamento sulla decisione delle SS.UU. della Cassazione – ha ritenuto di aderire alla tesi secondo cui la trasmissione di un provvedimento da parte della pubblica amministrazione a un soggetto che abbia appunto la casella pec “piena” deve considerarsi valida ed efficace atteso che la saturazione della capienza è un evento imputabile esclusivamente al destinatario, e che quest’ultimo ha lo specifico onere non solo di procedere alla periodica verifica di quanto inviatogli a tale indirizzo, ma anche di attivarsi affinché i messaggi possano essere regolarmente recapitati.
Questo ragionamento parte dall’assunto del livello di diligenza che l’ordinamento richiede ad alcune tipologie di soggetti [ovviamente maggiore per le amministrazioni, i professionisti e gli imprenditori, per i quali l’indirizzo di posta elettronica certificata è identificato con il domicilio digitale, e minore per il semplice cittadino] per poi giungere alla validità della comunicazione per soli professionisti e imprenditori e non per il comune mortale.
Il Tar Lazio, nella fattispecie decisa in quella circostanza [di cui parleremo anche in un’altra occasione sia pure per aspetti diversi] ha comunque ritenuto ragionevole – pur trattandosi del farmacista referente di una compagine che aveva partecipato in forma associata [con successo] al concorso straordinario laziale – rimettere nei termini l’interessato essendo emerso nel giudizio che la saturazione della casella Pec era dipesa da cause non ascrivibili alla sua volontà né dipendenti da inescusabile sua negligenza.
Ma da questa sentenza dei giudici romani è bene che tutti noi prescindiamo, tenendo invece fortemente conto che certi ruoli impongono un controllo costante della propria casella Pec, tanto più considerando che si tratta proprio della casella in cui vengono trasmessi, tra l’altro, anche gli accertamenti fiscali.
Per la verità, anche le caselle di posta ordinaria vanno sorvegliate ma su quelle Pec nessuno – ancor meno se è un avvocato, un commercialista, un farmacista o un imprenditore [per non parlare ovviamente di una pubblica amministrazione] – può minimamente distrarsi.
(aldo montini)
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