Ho maturato ormai da tempo di scegliere il patto di famiglia come modo di disposizione della farmacia a due dei miei figli, entrambi farmacisti.
Ma da tre anni lavorano in farmacia sia mio marito che il terzo figlio che non è farmacista.
Sto studiando le disposizioni migliori da inserire nel patto di famiglia in modo da soddisfare anche loro due, ma i dubbi mi vengono proprio dall’impresa familiare e dai diritti che nascono a loro favore.
Ci sono vincoli che devo rispettare per questa loro posizione?
E poi, il patto di famiglia può essere utilizzato per ogni tipo di impresa?
Dell’ultimo interrogativo non riusciamo francamente a cogliere la sostanza perché – come prova anche la Sua conoscenza del patto di famiglia – non ci pare che Lei possa dubitare che si tratti di un negozio accessibile per tutte le imprese [piccole, medie e grandi], come per tutte le quote sociali, riguardanti perciò qualsiasi struttura societaria, di persone o di capitali che sia.
Per quanto riguarda la posizione dei familiari che attualmente sono inseriti nell’i.f., quest’ultima non può in principio costituire alcun ostacolo al patto di famiglia, anche se evidentemente non solo è necessaria la loro partecipazione al rogito, ma occorre anche che Lei definisca tempi, modalità e contenuti economici della liquidazione dei diritti loro derivanti in dipendenza della cessazione dell’i.f. ai sensi dell’art. 230 bis del cod. civ.
È una liquidazione che non sempre si risolve – specie con riguardo ai criteri di determinazione degli incrementi aziendali – con grande facilità ed è dunque opportuno che affrontiate adeguatamente questi aspetti.
In ogni caso, è chiaro, le questioni da definire con tempestività sono anche altre, ma non è certo questa la sede per trattarne approfonditamente.
(cesare pizza)
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