Proseguiamo la ns. rassegna della giurisprudenza in tema di obbligo vaccinale a carico dei professionisti sanitari richiamando i provvedimenti più recenti ritenuti di maggior rilievo.

  • Sulla giurisdizione del g.o./g.a.
  1. Per il Tar Veneto e il Tar Toscana è competente il giudice ordinario.

Tar Veneto sent. n. 290 del 14/02/2022, n. 207 del 02/02/2022, nn. 189, 188, 186 e 183 del 31/01/2022, n. 168 del 26/01/2022, n. 141 e 142 del 20/01/2022, Tar Toscana sent. n. 200 del 17/02/2022.
Come il Tar Liguria [v. Sediva News del 31.12.2021], anche i giudici amministrativi di Veneto e Marche propendono dunque per la competenza del giudice ordinario.
In particolare, secondo il Tar Veneto [n. 207/2022], l’imposizione dell’obbligo vaccinale nei confronti dei sanitari – pur essendo dichiaratamente strumentale alla soddisfazione di due interessi pubblici [quello alla tutela della salute collettiva, da un lato, e quello al mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza nell’esercizio delle prestazioni “sanitarie”, dall’altro] – non produce conseguenze in termini propriamente sanzionatori.
Il legislatore non ha, cioè, attribuito alla p.a. poteri autoritativi in tal senso, ma ha orientato tutta la disciplina correlata all’adempimento del suddetto obbligo in funzione della “possibilità, per il professionista o l’operatore sanitario, di svolgere la sua attività lavorativa, sia essa autonoma o subordinata”.
Pur rinvenendo la “genesi” dell’obbligo vaccinale in una finalità di interesse spiccatamente pubblicistico, i giudici veneziani giungono pertanto ad affermare che l’intera disciplina approntata dal legislatore con l’art. 4 sopra richiamato si rivolge al lato, strettamente “privatistico‑lavorativo”, dell’idoneità dell’operatore sanitario – in quanto lavoratore – allo svolgimento di attività sanitaria.
Ne consegue che anche la posizione giuridica azionata in giudizio dal sanitario che si ritenga leso dall’applicazione dell’art. 4 risulta qualificabile in termini di mero diritto soggettivo, non risolvendosi infatti nell’impugnativa di un provvedimento amministrativo costituente esercizio di poteri autoritativi, ma nella richiesta di verificare l’effettiva situazione di fatto e di diritto sottesa.
Di qui, la giurisdizione del giudice ordinario.

  1. Per il Consiglio di Stato la giurisdizione spetta invece al giudice amministrativo.

Consiglio di Stato ord.  n. 583 del 4 febbraio 2022, n. 6796 del 23 dicembre 2021 e 6791 del 22 dicembre 2021

Il CdS afferma la giurisdizione del giudice amministrativo sul rilievo che il procedimento diretto ad accertare – mediante l’esercizio di un potere discrezionale ed autoritativo – se il sanitario abbia ricevuto o meno la somministrazione del vaccino contro il SarsS-CoV-2, in conformità all’obbligo sancito dall’art. 4 d.l. 44/2021, sarebbe espressione dell’esercizio di un potere di carattere eminentemente pubblicistico.
La spendita di poteri di tal fatta risulta di per sé idonea, secondo i giudici di legittimità, a radicare la giurisdizione del g.a. in materia di inosservanza dell’obbligo vaccinale, “trascinando con sé” anche la giurisdizione relativa all’atto di sospensione del rapporto [in conseguenza, ovviamente, dell’inosservanza dell’obbligo vaccinale], che assumerebbe la natura di atto “meramente consequenziale e vincolato”, espressione di un effetto automatico discendente direttamente dalla legge a carico del sanitario inottemperante [cfr. CdS n. 6796/2021].

  • Alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, co. 4, d.l. 44/2021

Tar Lombardia ord. n. 192 del 14 febbraio 2022

Il Tar Lombardia, in particolare, rimette la questione alla Corte “nella parte in cui [l’art. 4, comma 4, dl. 44/21] prevede, quale effetto dell’accertamento dell’inadempimento dell’obbligo vaccinale, <<l’immediata sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie>>
Questo è uno dei primi provvedimenti del g.a. relativi alla disciplina dell’obbligo vaccinale per i professionisti sanitari e gli operatori di interesse sanitario alla luce delle modifiche apportate dal d.l. 172/2021 e successive modifiche al d.l. 44/2021, il quale, come noto, ha devoluto agli Ordini professionali la competenza relativa all’adozione [previa verifica operata “per il tramite delle rispettive Federazioni nazionali”] dell’atto “di accertamento dell’inadempimento vaccinale” che “determina l’immediata sospensione dall’esercizio delle professioni sanitarie”.
Con tale provvedimento il Tar [affidando a una separata ordinanza il rinvio alla Consulta] accoglie – tra l’altro – l’istanza cautelare della ricorrente proprio per “la rilevanza e la non manifesta infondatezza degli enunciati profili di illegittimità costituzionale” idonei ad integrare il requisito del fumus boni iuris, rilevando invece, quanto al periculum, che la preclusione assoluta dell’esercizio della professione, imposta da una norma di dubbia costituzionalità, integra un pregiudizio grave e non altrimenti riparabile all’avviamento dell’attività professionale intrapresa, consistente nella perdita della clientela e delle relazioni professionali oltre che, ovviamente, nell’impossibilità di rispondere alla crescente domanda di prestazioni sanitarie.

  • Sull’obbligo vaccinale investita la Corte europea di giustizia
  1. Il rinvio pregiudiziale del Tribunale di Padova

Trib. Lavoro Padova ord. del 7/12/2021

Il Tribunale, chiamato ad esprimersi sulla sospensione di un sanitario ai sensi dell’art. 4 del dl 44/2021, ha investito la Corte di Lussemburgo di alcuni quesiti pregiudiziali relativi all’obbligo vaccinale imposto ai professionisti e operatori di interesse sanitario.
Il Tribunale ha chiesto che la Corte di Giustizia chiarisca, in particolare:

a) se le attuali autorizzazioni vaccinali “condizionate” siano ancora valide;

b) se la vaccinazione debba esser considerata obbligatoria anche nei confronti dei sanitari guariti dal Covid e pertanto già immunizzati [N.B.: come qualcuno certo ricorderà, il dettato normativo sembra infatti impedire irrimediabilmente la reintegrazione del sanitario sospeso anche in caso di sua “negativizzazione”];

c) se i sanitari possano opporsi all’inoculazione del vaccino fintantoché l’autorità sanitaria abbia escluso controindicazioni del vaccino e che i benefici siano maggiori rispetto ad altri farmaci oggi a disposizione;

d) se la misura automatica della sospensione senza retribuzione in caso di rifiuto alla vaccinazione senza nessun profilo di gradualità sia proporzionale e non discriminatoria;

e) se, laddove il diritto nazionale preveda il diritto di dépecage, la verifica della possibile utilizzazione in forma alternativa del lavoratore debba avvenire in contraddittorio ai sensi dell’art. 41 della Carta di Nizza, con conseguente diritto al risarcimento del danno;

f) se alla luce del regolamento 953/21 – che vieta qualsiasi discriminazione tra il vaccinato e il non vaccinato – sia legittima una disciplina nazionale che consenta al sanitario esentato dall’obbligo vaccinale di poter esercitare la propria attività anche a contatto con il paziente, quando il non vaccinato per scelta è automaticamente sospeso [N.B.: è un interrogativo che ci siamo posto anche noi…];

g) se, infine, sia compatibile con il richiamato regolamento 953/21 la disciplina di uno Stato membro che imponga il vaccino anti-covid – autorizzato in via condizionata dalla Commissione – anche a sanitari provenienti da altri stati membri e presenti in Italia.

  1. Alcune “risposte” del CdS sulle questioni pregiudiziali del Trib. Padova

Consiglio di Stato sent. n. 1376 del 28/02/2022

I giudici di Palazzo Spada, pur non potendo evidentemente “interferire” sull’avvenuto deferimento alla Corte lussemburghese delle questioni pregiudiziali sopra riportate, finiscono tuttavia – sollecitati dal ricorrente – per esprimere il loro parere su alcune di esse.
Con riguardo, in particolare, all’affidabilità delle autorizzazioni concesse [v. sopra sub a], richiamando gli ultimi rapporti dell’Aifa e dell’ISS, il CdS precisa che “nessuna delle fasi di sviluppo pre-clinico e clinico dei vaccini è stata omessa e il numero dei pazienti coinvolti negli studi clinici è lo stesso di vaccini sviluppati con tempistiche standard”.
Sull’obbligatorietà dei vaccini anche nei confronti dei guariti dal Covid [sub b] il Supremo Consesso richiama l’esistenza di numerose e condivise opinioni scientifiche che consigliano, nel rispetto del principio di precauzione, “di somministrare il vaccino, con le dovute limitazioni temporali, anche ai soggetti che abbiano già contratto il Covid‑19”, rinvenendo nel comma 2 dell’art. 4 dl 44/2021 [certificato di esenzione] lo strumento prescelto dal legislatore “in tutte le ipotesi in cui i rischi derivanti dalla somministrazione del vaccino siano concreti e superino la soglia della normale tollerabilità”.
In merito, ancora, alla possibilità di opporsi all’inoculazione del vaccino fino a quando non sia provato che lo stesso non abbia controindicazioni o che i benefici siano maggiori di altre cure oggi disponibili [sub c] il CdS non rileva l’esistenza di nuove cure alternative che abbiano, sino ad oggi, dato prova di essere quantomeno equivalenti al vaccino in termini di efficacia nell’azione di contrasto e di prevenzione del contagio.
Per quanto concerne, infine, i profili relativi alla proporzionalità e non discriminatorietà della misura automatica della sospensione senza retribuzione in caso di rifiuto alla vaccinazione [sub d], il CdS richiama la propria precedente posizione in ordine al complessivo equilibrio dell’assetto già definito dal legislatore, realizzato nell’ottica di un ragionevole e prudente bilanciamento tra i diversi interessi implicati: la tutela, cioè, del bene supremo della salute pubblica, ed il diritto, recessivo, all’autodeterminazione di quanti abbiano deciso di non vaccinarsi.

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Sull’obbligo vaccinale posto a carico dei sanitari, naturalmente, le questioni non finiranno neppure con una definitiva uscita di scena del Covid, perché quelle non definite potranno sollevare onde anche molto lunghe.
Quindi, dovremo probabilmente riparlarne.

(cecilia sposato – aldo montini)

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