Sono in impresa familiare da oltre 20 anni nella farmacia paterna e ormai i tempi sono maturi anche per mio padre per una società che ha deciso di costituire con me in forma di snc; le sole perplessità che lui ha riguardano i diritti che in futuro può oppormi mio fratello che non è farmacista.
Quella di un genitore che costituisce una società [di persone o di capitali] conferendovi la farmacia di cui egli è titolare in forma individuale – chiamando a parteciparvi, ad esempio, il figlio farmacista che finora ha collaborato con lui in regime di impresa familiare – è una vicenda alla quale, specie in questo settore, negli ultimi 30 anni è stato fatto frequentemente ricorso, per lo più in vista del “classico” subentro generazionale nella farmacia di famiglia [anche se, per la verità, l’apertura anche ai “non farmacisti” della partecipazione a una società titolare di farmacia può aver modificato/modificare le prospettive di qualche pater familias, magari spingendolo talora verso soluzioni diverse da quelle che voi state progettando].
Ma in un caso come quello delineato nel quesito, fermo ovviamente il conferimento nella società da parte del padre dell’intera azienda farmaceutica e del connesso diritto d’esercizio, il figlio vi conferisce generalmente [tutto o in parte, dipende dalle singole fattispecie] il credito maturato alla conclusione del rapporto di impresa familiare – destinata a cessare di diritto al riconoscimento della titolarità della farmacia a nome della società conferitaria – sia a titolo di utili attribuitigli nel corso degli anni ma non ancora liquidati, e sia (soprattutto) per incrementi aziendali [“anche in ordine all’avviamento”] che l’art. 230bis del cod.civ. ascrive espressamente al collaboratore familiare “in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato”.
Quindi, vista la durata ventennale della vs. i.f., si può pensare che per questa seconda specifica voce Lei abbia potuto maturare un credito di importo non certo irrilevante, anche se la determinazione degli incrementi aziendali si risolve nei fatti in un’operazione spesso molto complicata.
Senonché, qui la questione – perlomeno nei termini in cui viene posta – sembrerebbe in realtà quella della corrispondenza tra il valore della quota della snc che Le verrà attribuita e l’ammontare del credito che si rivelerà necessario per “liberare” la quota stessa.
In altre parole, se – prescindendo dal valore sul piano fiscale della farmacia conferita da Suo padre [per lo più largamente inferiore a quello “commerciale” perché la norma tributaria permette di valutare l’azienda al netto dell’avviamento] – il credito conseguente alla cessazione dell’i.f. e quindi a Lei ascrivibile risultasse insufficiente a giustificare la quota sociale attribuitaLe, il valore pari alla differenza potrebbe essere configurato come oggetto di una donazione paterna, sia pure indiretta, a Suo favore.
Per questa differenza, allora, potrebbe poi effettivamente porsi nel concreto qualche problema in sede successoria, che del resto ci pare sia esattamente quel che teme Suo padre.
Tuttavia, qualche nube qui può essere dissipata da un recente provvedimento della Suprema Corte [ord. 26229/2021] che ha affrontato proprio il tema del conferimento dei crediti derivanti dall’impresa familiare in fase di costituzione di una società, come la vs. snc.
Dunque, nella fattispecie decisa dalla Cassazione, il ricorrente contestava il conferimento, guarda caso, di una farmacia da parte della madre a fronte della costituzione di una sas in cui il fratello [del ricorrente] conferiva i crediti a lui derivati dalla cessata impresa familiare, additando tale procedura come una donazione indiretta [naturalmente della madre a favore del fratello] che avrebbe leso la propria quota di legittima.
I giudici di legittimità hanno ritenuto infondato il ricorso affermando che il conferimento d’azienda in una società include tutte le attività e le passività precedentemente a carico dell’impresa individuale e quindi anche – tra le passività – i debiti riconducibili all’i.f., non importa se per utili non liquidati e/o per incrementi aziendali.
Quel che conta, precisa la Corte, è che il conferimento da parte del fratello del ricorrente del credito maturato in regime d’impresa familiare non ha fatto altro che estinguere il debito a carico della previgente impresa individuale, in definitiva traducendosi – vista evidentemente dal lato del fratello – in “un acquisto di fatto” della quota ascrittagli della snc.
Su questo presupposto, la Corte – respingendo il ricorso – ha quindi escluso la configurabilità di una qualsiasi liberalità, perché non c’è stato nessun arricchimento per il presunto donatario e nessun depauperamento per il presunto donante.
Probabilmente la Cassazione poteva approfondire meglio gli aspetti giuridici della vicenda decisa [soprattutto, ci pare, con riguardo alla riferibilità all’impresa come tale del credito del familiare…], ma sulle sue conclusioni si può essere d’accordo anche se per voi il problema – tutt’altro che banale e di agevole soluzione… – resta pur sempre quello della migliore determinazione del Suo credito e quindi, come accennato, della corrispondenza tra il relativo ammontare e il valore della quota sociale “liberata”.
Ma sul “subentro generazionale” nella farmacia di famiglia torneremo adeguatamente tra breve.
(gustavo bacigalupo)
La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!