Nella Sediva News di qualche giorno fa ho letto i vs. chiarimenti sul rispetto della deontologia professionale del farmacista circa la pubblicità della farmacia di proprietà o di società: contenuti, informativa all’Ordine, attinenza ai reparti e prodotti con veridicità, eccetera.
Queste sono le condizioni espresse nell’articolo 23 che  possiamo rileggere tutti, come da voi ben detto, ma il punto “pubblicità” ora ha aperto una nuova “dimensione”, superando il “cartello o volantino stradale”, che possiamo anche semplicemente chiamare “pubblicità Social Media in Farmacia” ed è ciò che forse non tutti ancora conosciamo e dunque voi potreste chiarirci.
Visto che, si “sentono” e “vedono” pubblicità di farmacie o catene di farmacie sui giornali, nelle radio locali, in tutti i carrelli della spesa di supermercati, in tv (promuovendo viaggi in crociera), sugli autobus comunali, ovviamente nel web e tramite app, e in tv iniziano a comparire anche le compagnie di assicurazioni (AXA SALUTE) e banche (BNParibas) che stanno promuovendo la vendita di farmaci tramite la vendita di “pacchetti salute”. Quindi, cosa ci siamo persi dall’articolo 23 al “Guerrilla Marketing della Croce”?
Seconda domanda: se non esiste più la pianta organica, si può pensare che anche la pubblicità vincolata al quadrilatero stradale si sia anch’essa dissolta e che quindi il mezzo pubblicitario del “cartello/volantino” sia morto e risorto nei canali di grandi audience e perciò tutto questo è ormai lecito e incontestabile da chicchessia: farmacie concorrenti, Ordine, Asl?
Insomma, visto che la fantasia del Marketing non ha ancora toccato il fondo dell’immaginazione, può una società di farmacia (farmacia Rossi sas) creare una APP per vendita online che abbia un nome che non riconduca alla farmacia ma al servizio della APP ( Farmamobile)  e pubblicizzare la APP su un poster pubblicitario a pagamento che si trova all’interno di un ospedale pubblico o privato?

Tre risposte per tre quesiti.
Quanto al primo, rammentiamo che la pubblicità di una farmacia [o di una catena di farmacie] su giornali, radio locali, tv e così via, è consentita espressamente proprio dall’art. 23 del Codice Deontologico, che infatti prevede al quarto comma che “La pubblicità della farmacia, con qualunque mezzo diffusa, è consentita e libera nel rispetto dei principi di correttezza, veridicità e trasparenza e non deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria a tutela e nell’interesse dei cittadini. Essa deve essere funzionale all’oggetto e realizzata in modo consono alle esigenze di salvaguardia della salute di cui la farmacia è presidio”.
Per quel che riguarda la promozione dei “viaggi in crociera”, pur trattandosi di un’iniziativa probabilmente non troppo… edificante (almeno sotto certi aspetti), è purtuttavia una manifestazione a premio che dunque è anch’essa consentita in farmacia, fermo naturalmente il rispetto di tutti i requisiti previsti dalla legge per tale tipo di promozione.
Invece, l’intervento delle compagnie di assicurazione deve inquadrarsi nella più ampia problematica della copertura assicurativa nell’ambito della salute, che tende oggi a comprendere anche la spesa farmaceutica sostenuta dall’assicurato.
E veniamo alla seconda domanda. Abbiamo rilevato più volte che il Consiglio di Stato sin dal 2013 ha bensì messo in conto che il Decreto Crescitalia del 2012 possa aver inteso sopprimere sia la “sede” o “zona”, quanto e soprattutto la “pianta organica”, ma si è quasi affrettato a sottolineare a chiare lettere la sopravvivenza di un sistema autoritativo di programmazione territoriale dell’assistenza farmaceutica, e dunque – “tutto sommato” [questa in pratica la precisazione del Supremo Consesso] – di “uno strumento pianificatorio che sostanzialmente, per finalità, contenuti, criteri ispiratori, ed effetti corrisponde alla vecchia pianta organica e che niente vieta di chiamare con lo stesso nome”.
Pertanto, pur girando in mille modi intorno a questa specifica vicenda, sembra innegabile che, ad esempio, le paline e i cartelloni pubblicitari debbano comunque (continuare a) collocarsi in una porzione di territorio riferibile alla sede farmaceutica [rectius: “zona” o, più recentemente e per ora forse definitivamente, “ambito di pertinenza”] pubblicizzata nel rispetto delle disposizioni deontologiche.
Infine, ed eccoci all’ultimo interrogativo, ci sembra di poter/dover dare una risposta fatalmente negativa, perché l’articolazione da Lei formulata della pubblicità di un’app all’interno di una casa di cura o di un ospedale – che a sua volta rimandi a un’app di vendita online di farmaci [che, giova ribadirlo anche in questa circostanza, può essere effettuata soltanto da una farmacia o da una parafarmacia autorizzata e in possesso del famoso “bollino” e limitatamente a Sop e Otc] – “elude”, in sostanza fraudolentemente, il disposto di cui al terzo comma dell’art. 23 del Codice Deontologico secondo cui “il farmacista non può accettare né proporre l’esposizione di comunicazioni pubblicitarie relative alla propria farmacia ovvero all’esercizio di cui all’art. 5 del D.L. 223/2006, convertito, con modificazioni, dalla L. 248/2006, negli studi, ambulatori medici e veterinari, cliniche e strutture sanitarie e socio-assistenziali”.
Con il serio rischio, in conclusione, di incorrere in un procedimento disciplinare.

(matteo lucidi)

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