Mio figlio laureato in ingegneria nel 2017 va a Bruxelles a fare un dottorato di ricerca, non si iscrive all’AIRE ma prende il domicilio a Bruxelles per poter usufruire dei servizi luce, assistenza medica ecc.
Nel novembre dello scorso anno finisce il dottorato e rientra in Italia; nello scorso mese di aprile viene assunto da uno studio di ingegneria in Emilia Romagna con un contratto del commercio 3 livello, ma mantiene la residenza in Molise.
Può usufruire delle agevolazioni fiscali per rientro cervelli dall’estero o lavoratori impatriati? Se sì, cosa fare per accedere a tali agevolazioni?

Il regime speciale per lavoratori impatriati [sono coloro che trasferiscono la residenza in Italia], introdotto nel nostro ordinamento fiscale con l’art. 16 del d.lgs. 14/9/2015, n. 147, e modificato dall’art. 5 del d.l. 30/4/2019 n. 34, è stato recentemente oggetto di chiarimenti con la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 33/E del 28/12/2020.
Il regime è particolarmente interessante perché prevede che i redditi agevolabili, sia di lavoro dipendente che autonomo, concorrano alla formazione dell’imponibile limitatamente al 30% del loro ammontare oppure del 10% per i soggetti che trasferiscano la residenza in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia [N.B. – Fanno eccezione gli sportivi professionisti, il cui reddito è detassato sempre nella misura del 50% e sempreché versino un contributo pari allo 0,5% dell’imponibile, destinato al potenziamento dei settori giovanili e, come vediamo, stanno usufruendo di questa agevolazione soprattutto le società calcistiche…].
I requisiti per accedere a tale agevolazione sono comunque:

  • residenza in un paese diverso dall’Italia nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento;
  • trasferimento della residenza in Italia con impegno a mantenerla per almeno due anni;
  • svolgimento dell’attività lavorativa (dopo il trasferimento) prevalentemente nel territorio italiano;
  • possesso di un titolo di laurea;
  • svolgimento di un’attività lavorativa continuativa di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, oppure un’attività di studio [sempre fuori dall’Italia e negli ultimi 24 mesi o più] conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post-laurea;

Rispettando tutti i requisiti sopra elencati, il contribuente può applicare il detto regime agevolativo per cinque anni.
Nel caso di Suo figlio, la mancata iscrizione all’AIRE comportava, secondo la norma originaria, l’impossibilità di applicare il regime agevolativo; senonché, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta proprio sull’assenza di quest’ultimo requisito con la Risposta (ex Risoluzione) n. 533 del 2019, richiamata anche nella ricordata Circ. 33/E del 2020, chiarendo che il contribuente può dimostrare il periodo richiesto di residenza all’estero anche attraverso elementi probatori di natura sostanziale, quali:

  • documentazione nominativa che lo collega in modo duraturo e stabile allo stato estero [percorso di studi, contratto di affitto, utenze, spese ricorrenti, ecc.];
  • certificazione di residenza rilasciata dall’agenzia fiscale del paese estero.

È importante precisare che tali documentazioni sono richieste entrambe, quindi contemporaneamente e non alternativamente; e dunque, possedendo anche tutti i requisiti sopra indicati, Suo figlio potrà accedere senz’altro al beneficio fiscale.
Ricordiamo infine, tuttavia, che la disposizione normativa fa riferimento alla nozione civilistica di “residenza”, da intendersi pertanto come luogo in cui la persona ha la dimora abituale, che coincide con il luogo dove egli normalmente abita e quindi Suo figlio sarà considerato “residente” in Emilia-Romagna e potrà beneficiare della riduzione del 70% del reddito imponibile, pur avendo mantenuto la residenza in Molise [che invece, come abbiamo visto, permetterebbe/avrebbe permesso una riduzione addirittura del 90% del reddito stesso].

(roberto santori)

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