Il titolo di queste note sarà forse più chiaro rileggendo dapprima la Sediva News dell’8 aprile 2021 di commento a Tar Lombardia-Milano n. 846 del 31.3.2021, cui infatti nella sostanza si omologa la recente Tar Lazio-Roma n. 5374 del 7.5.2021.
In ambedue le vicende decise erano state impugnate le autorizzazioni al trasferimento di farmacie all’interno delle relative aree di pertinenza, in entrambe lamentando il ricorrente il mancato rispetto della distanza minima di 200 m. imposta dall’art. 1, comma 2, della legge n. 675 del 1968 e dall’art. 13, comma 2, del d.P.R. n. 1275 del 1971.
La fattispecie romana è più o meno sovrapponibile a quella milanese e la pronuncia del Tar Lazio sembra quasi applicativa di quella del Tar Lombardia non presentando in realtà novità di particolare pregio, anche se in fondo non è frequentissimo veder replicare da un Tar – a poco più di un mese da un altro Tar – la fine sostanza di una pronuncia già di per sé abbastanza innovativa.
Possono valere pertanto le notazioni che avrete colto nel ns. commento alla decisione milanese, ma con qualche ulteriore precisazione.
Il passaggio della sentenza lombarda che aveva allora destato qualche preoccupazione, come forse si ricorderà, era quello secondo cui “la norma relativa alle distanze minime fra farmacie, in quanto sì funzionale alla tutela di interessi pubblici connessi al buon espletamento del servizio ma pur sempre confliggente con il principio di libera concorrenza sancito dalla normativa interna e comunitaria, deve essere interpretata in maniera restrittiva, con la conseguenza che, nei casi dubbi, va data prevalenza all’interpretazione che salvaguarda il libero esercizio dell’attività economica”.
In particolare, a dover preoccupare era ed è soprattutto l’“incertezza” del diritto e purtroppo di profili “incerti”, come sta diventando quello della distanza [dei 200, 400, 1.500 e 3.000 metri, come abbiamo già osservato in qualche altra occasione], il diritto delle farmacie continua ad annoverarne fin troppi [il Crescitalia e la Concorrenza ne hanno del resto accentuato sia il numero che la consistenza] e inoltre – in questa interminabile transizione dal vecchio al nuovo – il Consiglio di Stato non è sempre di grandissimo aiuto.
Per tornare allora a questa vicenda, anche qui viene data dichiaratamente prevalenza all’“interpretazione che salvaguarda il libero esercizio dell’attività economica” che diventa pertanto la panacea di tutti i “casi dubbi”.
Anche questo era infatti un “caso dubbio” perché, delle tre perizie acquisite con riguardo alla distanza tra il nuovo locale indicato dalla farmacia interessata allo spostamento e il locale della farmacia più vicina, due avevano asseverato una distanza inferiore ai 200 metri e la terza una distanza superiore: quanto è bastato, secondo il Tar, per concludere a favore della legittimità del provvedimento di autorizzazione.
L’altra parte della sentenza non merita particolari segnalazioni, perché non contiene effettive novità: si tratta del criterio di calcolo, sul quale il Tar Lazio conferma – quasi integralmente – una giurisprudenza che può dirsi ormai da tempo “consolidata” (T.A.R. Firenze, sez. II, 10/07/2019, n.1067, T.A.R. Toscana, III, n. 1268/2017, T.A.R Lombardia-Milano III, 30 novembre 2017 n. 2300, T.A.R. Firenze, sez. II, 14/07/2020, n.911, Consiglio di Stato sez. III, 14/01/2021, n.450), secondo la quale “ai sensi dell’art. 13, terzo comma, del d.P.R. n. 1275 del 1971, il calcolo della distanza va effettuato prendendo in considerazione la via pedonale più breve la quale, secondo la giurisprudenza, va individuata tenendo conto delle regole contenute nel codice della strada e di quelle di comune prudenza (cfr. T.A.R. Toscana, sez. II, 14 luglio 2020, n.911; T.A.R Lombardia Milano, sez. III, 30 novembre 2017, n. 2300)”.
Qui, più o meno, è tutto abbastanza chiaro.
(romina raponi)
La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!