[…aprendo così la via all’avvocato, all’ingegnere ecc., e perché no? anche al farmacista occasionale]

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha “ribaltato” [almeno per il momento, perché è la prima pronuncia in questa direzione] il precedente orientamento sulle prestazioni lavorative abituali esercitate da professionisti iscritti all’albo e titolari di partita iva.

Ricordiamo che la l’abitualità dell’attività professionale non va considerata in funzione dei soli compensi/onorari/emolumenti percepiti, essendo necessari ulteriori elementi caratterizzanti le prestazioni effettivamente svolte quali, ad esempio, la frequenza del loro svolgimento e/o la loro continuità nel tempo.

E però, per così dire “tradizionalmente”, l’iscrizione a un albo sembrava costituire – in quanto tale – un requisito sufficiente a configurare l’abitualità delle prestazioni professionali.

In tal senso, lo scorso 15 luglio 2020, si è pronunciata anche l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 41/E che ha individuato proprio nell’iscrizione all’albo un elemento comprovante la volontà del professionista di porre in essere prestazioni professionali in un regime appunto di abitualità.

Senonché, come accennato all’inizio, la sentenza n. 10267 del 19 aprile u.s. della Suprema Corte ha preso un’altra posizione, aprendo la strada alla possibilità di svolgere prestazioni di lavoro occasionale anche per i professionisti iscritti a un albo, assumendo che (anche) l’abitualità va accertata “nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista”.

Il che significa che la “mera” iscrizione a un albo professionale, almeno di per sé, non certifica la volontà del professionista di svolgere le sue prestazioni lavorative in via abituale, ed è anzi una conclusione che la Cassazione ritiene di poter estendere anche ai casi in cui il professionista sia titolare di partita iva.

Certo, è una sentenza quasi “rivoluzionaria” perché sembrerebbe che la strada del lavoro occasionale si stia materializzando anche per gli iscritti a un albo professionale [quel che sarebbe forse parso inconcepibile solo qualche tempo fa…], pur se dovremo attendere perlomeno qualche ulteriore decisione di legittimità nella stessa direzione per poter parlare di una giurisprudenza su questo punto davvero “ribaltata”.

Per ora, proviamo a immaginare come lavoratore occasionale anche il farmacista – iscritto all’albo, evidentemente – che, svolgendo l’attività in una farmacia nel quadro di un rapporto di lavoro subordinato, cioè come farmacista collaboratore, effettui occasionalmente anche qualche sporadica prestazione di lavoro in orari notturni o festivi in altre farmacie.

Sarebbe anche questa un’ipotesi di lavoro occasionale?

(matteo lucidi)

(gustavo bacigalupo)

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