Dopo gli ultimi due anni di difficili rapporti abbiamo deciso di sciogliere la nostra snc entro la fine del 2021 anticipando di quasi 10 anni la scadenza statutaria e sperando comunque che nel frattempo non subentrino altre questioni tra noi due.
Il problema forse più serio è che non abbiamo ancora convenuto nulla di sicuro sul modo di liquidare la società e soprattutto sull’assegnazione della farmacia, e purtroppo il nostro statuto non dice niente al riguardo richiamando soltanto alcuni articoli del codice civile.
Tutti e due vorremmo intestarci la farmacia personalmente oppure, meglio, continuare la gestione ma trasformando la snc in sas e inserendo in luogo del socio liquidato un’altra persona, anche non farmacista, con un ruolo praticamente di pura forma.
Ha qualche consiglio da darci?

 

Generalmente, ma non sempre come abbiamo appena letto, quando una società di persone [che si tratti di una snc o di una sas non cambia granché] si scioglie – come sembrerebbe in questo caso – per concorde volontà dei soci, il destino della farmacia sociale è stato già definito e di conseguenza, laddove sia stata convenuta la sua destinazione all’uno o all’altro di loro, è stato anche determinato o reso determinabile l’eventuale reciproco dare o avere che ne può conseguire.
Il socio che allora acquisirà l’esercizio – a meno che egli non preferisca [come ormai accade sempre più frequentemente] continuare la  gestione in forma sociale proprio secondo lo schema che anche Lei ha indicato – procederà direttamente all’assegnazione della farmacia a se stesso subentrando in tutte le attività e passività sociali.

  • Liquidazione, cancellazione, estinzione della snc

Proprio per questo, anzi, si ometterà in tal caso – è lecito farlo – anche qualunque fase di liquidazione della società, ma naturalmente non quella della sua cancellazione dal Registro delle Imprese, tenendo presente infatti che anche qui la cancellazione è un passaggio necessario sia perché fino ad allora la snc va considerata in vita e soggettivamente autonoma [con gli oneri e gli adempimenti che vi sono connessi] ma anche perché solo all’esaurimento della fase di cancellazione della società può perfezionarsi il rito dell’altrettanto ineludibile sua estinzione.
Ora, come si rileva anche dalla vicenda riassunta nel quesito, le cose non filano sempre in modo liscio e piano: infatti, può darsi – specie quando lo scioglimento consegua alla disdetta di un socio per il decorso del periodo di durata indicato nel contratto di società [ed è fondamentale, nell’interesse dei soci, che una durata vi sia sempre espressamente prevista, e inoltre che essa sia ragionevole e non, ad esempio, fissata al 31/12/2100 o, peggio ancora, indeterminata…] – che alla scadenza del termine i rapporti tra i soci non siano più idilliaci come al momento della formazione della società.
Inoltre, può evidentemente capitare che più soci vogliano acquisire allo scioglimento del rapporto la titolarità della farmacia sociale, come d’altra parte ci pare si stia verificando anche per voi, nonostante qui lo scioglimento sia stato programmato di comune accordo e a una data molto anticipata rispetto a quella statutaria.

  • I compiti dello statuto sociale

Certo, come abbiamo sottolineato ripetutamente perché lo riteniamo un aspetto semplicemente fondamentale nella costruzione di rapporti sociali che è opportuno blindare il più possibile, i problemi possono rivelarsi nel concreto meno complicati se l’atto costitutivo‑statuto della società di persone [quello che, cioè, ne determina la nascita – atto costitutivo – e contestualmente  ne detta le norme – statuto – di funzionamento] ha disciplinato nel dettaglio, oltre che in piena conformità alle scelte dei soci, anche l’intero percorso successivo alla cessazione della società.
Ma non sempre le regole statutarie sono limpide e/o esaurienti, perché ancora troppo spesso il contratto sociale viene formato tra i soci utilizzando modelli quasi ciclostilati [e i notai qualche volta non possono andare esenti da colpe…], perciò senza neppure preoccuparsi – per restare alla fase dello scioglimento – di fissare con rigore l’iter che la società dovrà svolgere fino alla sua estinzione e dunque alla cancellazione.
Il rinvio pigro e negligente alle norme dettate dal codice civile [che si legge invece in parecchi atti costitutivi, incluso – se abbiamo ben compreso – quello della vs. snc] può anzi dar vita a questioni talora in sostanza non risolvibili, se non all’esito di procedimenti sterili e defaticanti che, quando i soci non riescano a dipanare la matassa che può discenderne, possono talora accentuare ulteriormente per le ragioni più disparate quel distacco tra loro che [come sembra essere esattamente il vs. caso] può averli indotti a non rinnovare il contratto sociale o comunque a sciogliere la società.
Stando al codice, per esempio, “fino a che siano presi i provvedimenti necessari per la liquidazione”, che è la fase immediatamente successiva allo scioglimento della società, gli amministratori – che in una snc sono in genere tutti i soci, in forma disgiunta e/o congiunta, e in una sas sono invece soltanto gli accomandatari – dovrebbero limitarsi “agli affari urgenti”, mentre da parte loro i liquidatori [se e quando nominati, dai soci o dal tribunale] “non possono intraprendere nuove operazioni”.
Come sappiamo, però, la continuazione dell’esercizio della farmacia sociale, a meno che non si voglia correre il rischio di depauperarne seriamente il valore commerciale, impone che si vada ben oltre  i meri atti di conservazione.

  • In particolare, la fase di liquidazione

Ed è qui, in primo luogo, che lo statuto può dire convenientemente  la sua, contemplando, tanto per fare un’ipotesi, che dal giorno successivo allo scioglimento i soci assumano essi stessi la veste di liquidatori [come è consentito] ma con  la previsione espressa dell’ultrattività di tutte le norme statutarie in tema di rappresentanza, firma sociale, amministrazione e direzione della farmacia sociale.
Anche la Cassazione, d’altra parte, ha ammesso più volte l’applicabilità alle società di persone delle disposizioni di riforma in tema di società di capitali, e tra queste c’è anche l’art. 2487 cod.civ. che consente testualmente  al liquidatore, quando la finalità sia quella della “conservazione  del valore dell’impresa”, di agire “in funzione del migliore realizzo” e perciò, in pratica, senza i lacciuoli degli “affari urgenti” e/o di divieto di “nuove operazioni” cui si è accennato.
In questo modo, insomma, tutto potrebbe verosimilmente proseguire senza grandi scossoni.
Senonché, nella fase immediatamente successiva allo scioglimento della società bisognerebbe evidentemente procedere, anche e soprattutto, all’alienazione della farmacia e anche sotto questo aspetto lo statuto dovrebbe essere chiaro prevedendo, poniamo, il conferimento a un professionista terzo [perché no? un farmacista] dell’incarico esclusivo di porre in vendita l’esercizio sul c.d. libero mercato, così da pervenire alla “migliore” risposta, possibilmente dettando in tal senso sin d’ora criteri e condizioni inderogabili delle eventuali offerte del “mercato” da girare  poi in prelazione ai soci.
E, per l’ipotesi in cui più di un socio esercitasse questo diritto [come ancora una volta potrebbe essere forse il vs. caso], lo statuto potrà anche indicare tempi e modi di un “ballottaggio” tra loro.
Sistemata comunque la farmacia sociale – e tutto quel che si è detto, sia chiaro, è perfettamente  estensibile anche alle ipotesi in cui la società di persone possieda due, tre o quattro esercizi – una specifica disposizione statutaria potrebbe prevedere il trasferimento delle funzioni   di liquidatore dai soci ad un terzo [che nulla vieta sia lo stesso professionista che si è occupato della vendita], che ovviamente, ma questa volta rispettando i confini segnati dal citato art. 2487 cod.civ., gestirà l’autentica fase di liquidazione della società, accompagnandola fino alla sua estinzione.

  • Trattative tra i soci se lo statuto tace

Tornando al quesito, parrebbe allora opportuno che voi tentiate di raggiungere un’intesa, sia pure ormai “parasociale”, che possa scandire in forma scritta l’intero cammino – quello che abbiamo appena tratteggiato o un qualsiasi altro che si riveli comunque esaustivo – che la società dovrà ora affrontare; e naturalmente, qualunque sia la degradazione dei vostri rapporti, avete ambedue grande interesse, se il buon senso non basta, a definire con rapidità un accordo-ponte di questo  genere [con riguardo ovviamente, in modo particolare, alla sorte della farmacia sociale].
D’altronde, per concludere, non c’è solo la questione della liquidazione da disciplinare con diligenza in uno statuto sociale e dunque [ne abbiamo parlato a fondo altre volte] i soci non devono temere più di tanto di discostarsi dalle norme codicistiche – peraltro molto poco appetibili per una farmacia e comunque tutte derogabili – nel fissare le regole di funzionamento della loro snc o sas.
E poi, a ben guardare, sono tanti altri i profili inerenti alla vita della società a meritare l’attenzione perfino scrupolosa dei soci, e quindi andrebbero anch’essi risolti secondo le scelte che loro – nella migliore dialettica possibile – devono/dovrebbero aver cura di operare sin dal momento della costituzione.
Il che, s’intende, vale per le società di persone di “diritto comune”, e anche [a maggior ragione, per la verità] per quelle formate tra i vincitori in forma associata di un concorso straordinario, come abbiamo visto ampiamente in questi anni.

(gustavo bacigalupo)

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