Le Sezioni Unite della Cassazione sono state di recente chiamate a dirimere il contrasto giurisprudenziale sorto su una questione piuttosto delicata e dai risvolti pratici rilevantissimi e dunque è opportuna qualche notazione al riguardo.
Stiamo parlando della decadenza dal potere di accertamento dell’Amministrazione finanziaria in presenza di oneri pluriennali.
Sappiamo che il costo sostenuto per l’acquisto di un bene strumentale da parte di un’impresa come la farmacia non viene imputato interamente all’esercizio di sostenimento ma va “spalmato” nei diversi esercizi di vita utile del bene secondo una tecnica economico-contabile chiamata “ammortamento”.
Ora, la questione che le SS.UU. sono chiamate a dirimere riguarda l’ampiezza dei termini entro cui il Fisco può esercitare il controllo su queste spese, e cioè se entro il termine del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione relativa all’anno in cui l’investimento è stato realizzato [che è il termine ordinario per gli accertamenti fiscali] ovvero entro il (ben più ampio) termine del il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione relativa a ciascun anno in cui è stata iscritta in bilancio la relativa quota di ammortamento.
E tra una soluzione e l’altra – se siamo riusciti a farci comprendere – c’è una bella differenza, dato che per un bene che, ad esempio, si ammortizza in sette anni e viene acquistato nel 2020 il Fisco, laddove prevalesse la prima soluzione, potrebbe contestare l’operazione entro il 31.12.2026, mentre il termine, se vincesse la seconda, sarebbe quello del 31.12.2032, cioè del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione relativa all’esercizio in cui viene stanziato in bilancio l’ultima quota di ammortamento (2026).
In altre parole, finché non si completa il processo di ammortamento il Fisco sarebbe autorizzato a effettuare i propri controlli – sotto i vari profili della competenza, inerenza, ecc. – anche se il termine di accertamento relativo all’anno in cui è stata sostenuta la spesa sia/fosse abbondantemente scaduto.
E i risvolti pratici della risposta a questo interrogativo sono di tutta evidenza perché, prevalendo la seconda soluzione, un’impresa può essere costretta a conservare le fatture di acquisto dei beni strumentali anche ben oltre i fatidici dieci anni previsti dal codice civile [anche se è vero che in epoca di FE quest’adempimento non dovrebbe essere così oneroso come in passato].
La questione si pone identicamente anche per tutti quegli oneri detraibili per cui la legge prevede la rateizzazione quali, ad esempio, le spese di recupero del patrimonio edilizio, le cui detrazioni sono rateizzabili in dieci anni. Anche in questo caso il contribuente è obbligato a conservare la documentazione relativa alle spese molto al di là del termine del 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata sostenuta la spesa, essendo la stessa verificabile fino alla decadenza dei termini di accertamento relativi all’anno in cui viene riportata in dichiarazione l’ultima delle dieci rate previste.
Ci auguriamo, quindi, che le SS.UU. diano sulla questione una risposta che tenga conto, oltre che delle ragioni dell’Erario, anche del diritto dei contribuenti alla certezza e definitività dei rapporti tributari.

(stefano civitareale)

 

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