[…ma anche la latitanza del legislatore regionale]
Ci apprestiamo ad aprire una farmacia in un capoluogo di provincia laziale che abbiamo vinto nel concorso straordinario e voi che trattate in pratica tutti i problemi delle farmacie, legali e fiscali, potete forse aiutarci a capire come la farmacia può restare aperta anche oltre l’orario obbligatorio stabilito dalla legge.
A noi risulta infatti che sia possibile ma vorremmo sapere quali sono le formalità da rispettare e quali gli obblighi riguardanti sia i cartelli da apporre all’esterno della farmacia e sia l’orario di accensione della croce verde.
Sono problemi affrontati altre volte e in una circostanza si trattava della questione dell’orario di accensione della croce verde luminosa proposta da una farmacia romana e perciò anch’essa laziale come la vostra.
Partendo allora proprio dalla “croce verde”, la disposizione di riferimento è anche in questo caso l’art. 9, comma 2, L.R. Lazio 26 del 30/7/2002, secondo cui “all’esterno dei locali di ciascuna farmacia deve essere affissa una croce luminosa”.
Come vediamo, la prescrizione legislativa non riguarda l’affissione di un’insegna a forma di croce ma di una croce luminosa [quindi non semplicemente illuminabile o illuminata] che brilli in sostanza di luce propria, ed è pertanto plausibile propendere – attenendosi a un’interpretazione soprattutto letterale – per un obbligo di accensione H24.
E’ una conclusione che d’altra parte potrebbe trovare indiretta conferma anche nell’art. 5 del D.lgs. 153/2009 [il decreto legislativo sulla “farmacia dei servizi”…], rubricato “Utilizzo di denominazioni e simboli”, per il quale: “Al fine di consentire ai cittadini un’immediata identificazione delle farmacie operanti nell’ambito del Servizio sanitario nazionale, l’uso della denominazione: «farmacia» e della croce di colore verde, su qualsiasi supporto cartaceo, elettronico o di altro tipo, è riservato alle farmacie aperte al pubblico e alle farmacie ospedaliere”.
Questa disposizione, infatti, rimarcando una volta di più che quello della farmacia è un servizio pubblico che nel suo concreto svolgimento resta tale anche quando l’esercizio è chiuso, sembrerebbe esprimere l’intendimento del legislatore di vederne sempre e comunque segnalata la presenza, peraltro anche ai fini della rilevazione da parte del cittadino – con l’ausilio di cartelli affissi all’esterno [di cui diremo tra un momento] – dei turni di apertura obbligatoria o facoltativa di tutti gli esercizi della zona, compresi di conseguenza anche quelli diversi dalla farmacia che, chiusa al pubblico, appone il cartello.
Quest’ultima, proprio con la sua croce luminosa, permette insomma all’utenza di conoscere le farmacie della stessa area territoriale in quel momento in servizio e semmai ci si potrebbe chiedere – ove si condivida questa tesi – se sia opportuno e/o necessario rendere lampeggiante la croce solo quando l’esercizio è aperto e invece non lampeggiante quando è chiuso, anche se qui evidentemente questo è un profilo tutto sommato secondario.
Inoltre, quel che stiamo osservando viene forse ulteriormente corroborato ‑ e passiamo così alla questione che il quesito pone sulla libera apertura della farmacia “in orari diversi da quelli obbligatori” – dal disposto del comma 165 dell’art. 1 della Legge sulla Concorrenza [L. 124/2017], che:
>> dopo aver formalmente sancito nel primo periodo – “Gli orari e i turni di apertura e di chiusura [dove però la “chiusura” viene evocata a sproposito] delle farmacie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale stabiliti dalle autorità competenti costituiscono il livello minimo di servizio che deve essere assicurato da ciascuna farmacia.” – quel che implicitamente già si ricavava dalla ben nota disposizione liberalizzatrice di cui al comma 8 dell’art. 11 del Decreto Crescitalia [“I turni e gli orari di farmacia stabiliti dalle autorità competenti in base alla vigente normativa non impediscono l’apertura della farmacia in orari diversi da quelli obbligatori”.];
>> e aver subito ribadito nell’incipit del secondo che “È facoltà di chi ha la titolarità o la gestione della farmacia di prestare servizio in orari e in periodi aggiuntivi rispetto a quelli obbligatori”;
ha di seguito espressamente condizionato [“purché ne dia …”] il pieno e legittimo esercizio di tale facoltà alla “preventiva comunicazione all’autorità sanitaria competente e all’ordine provinciale dei farmacisti e [purché la farmacia] ne informi la clientela mediante cartelli affissi all’esterno dell’esercizio”.
Chiarito doverosamente che per la farmacia che intenda “prestare servizio ecc.” è un obbligo giuridico [perciò sanzionabile anche sul piano deontologico] il rispetto di tali condizioni, inclusa quella di informare “la clientela mediante cartelli ecc.”, è lecito credere che con questo ulteriore e incisivo intervento il legislatore statale – per un più ordinato espletamento del servizio farmaceutico sul territorio [come d’altronde può andare d’accordo un sistema articolato di turni con un sistema di aperture “selvagge” degli esercizi?] – abbia in realtà anche voluto attenuare l’estremo rigore, in termini appunto di massima e incondizionata libertà di apertura di farmacie da parte dei loro titolari o gestori, del principio enunciato nel primo periodo del citato comma 8, per di più qualche mese dopo interpretato con severità perfino maggiore dal Consiglio di Stato.
Di qui, la scelta di sottoporre l’esercizio della facoltà di “prestare servizio in orari e in periodi aggiuntivi rispetto a quelli obbligatori” all’osservanza da parte della farmacia delle condizioni formali di cui si è detto.
E però, così mitigato dal legislatore nazionale il principio fondamentale da esso stesso dettato qualche anno prima, sembra si possa ora configurare anche una sfera non ridottissima di operatività di pertinenza di quello regionale che gli permetta di agire [ovviamente con le classiche norme di dettaglio] negli spazi vuoti che indubbiamente ha lasciato questo secondo intervento statale e dunque, in particolare, di disciplinare anche nei contenuti l’esercizio concreto della facoltà della farmacia di “prestare servizio ecc.”.
Tuttavia non sembra purtroppo che le Regioni si siano finora mosse in questo ambito perché, secondo quel che ci consta, le due o tre che sono intervenute si sono limitate a replicare in pratica il disposto del comma 165, lasciando così irrisolte le criticità che in fase applicativa possono facilmente derivarne come nei fatti ne stanno derivando.
Ma anche in questa direzione le rappresentanze professionali e sindacali potrebbero forse fare molto.
(gustavo bacigalupo)
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