È stato pubblicato nella G.U. del 23 ottobre 2018 il d.l. n. 119 in pari data, recante “Disposizioni urgenti in materia fiscale e finanziaria”.
Tra le altre disposizioni, quella di maggior rilievo concerne la c.d. pace fiscale, che viene declinata in una serie di disposizioni concernenti alcuni aspetti del contenzioso con il Fisco.
Vediamo quali.

 Definizione agevolata dei processi verbali di constatazione

Al termine delle verifiche fiscali, la Guardia di Finanza o l’Agenzia delle Entrate consegna (generalmente) un processo verbale di constatazione (PVC) delle violazioni constatate nel corso del controllo.

Nell’art. 1 del decreto è prevista la facoltà di definire il contenuto integrale dei PVC – se redatti e consegnati, attenzione, entro il 24 ottobre 2018 – presentando una dichiarazione integrativa entro il 31 maggio 2019 (sempreché nel frattempo non sia stato notificato un avviso di accertamento o un invito al contraddittorio) che recepisca tutte le violazioni constatate per qualunque imposta accertata.

La definizione del PVC si perfeziona con la presentazione della dichiarazione e il versamento delle sole imposte, senza perciò il pagamento di sanzioni e interessi, in unica rata entro il predetto termine del 31 maggio 2019, oppure in 20 rate trimestrali di pari importo (non è però consentita la compensazione con eventuali crediti d’imposta maturati dal contribuente).

Per i periodi di imposta fino al 31/12/2015 oggetto di PVC, i termini per l’accertamento sono comunque prorogati di due anni.

⇒ Definizione agevolata degli accertamenti

Gli avvisi di accertamento, gli avvisi di rettifica e di liquidazione, gli atti di recupero di imposte notificati sempre entro il 24 ottobre 2018, non ancora impugnati e impugnabili alla stessa data, possono essere definiti con il pagamento delle sole imposte (con esclusione pertanto anche in questo caso delle sanzioni e degli interessi) entro il termine (molto breve) del 23 novembre 2018, oppure, se più ampio, entro quello per proporre ricorso contro gli atti appena ricordati.

La disposizione si applica anche agli inviti al contraddittorio notificati sempre entro il 24 ottobre 2018 (si tratta di una specie di accertamento con cui il Fisco ha “predeterminato” le maggiori imposte dovute per i singoli anni di imposta e per il quale invita il contribuente a discuterne, o meglio ad aderire alla pretesa erariale) e agli accertamenti con adesione (quelli per i quali si è trovato un accordo con il Fisco) definiti entro la stessa data del 24 ottobre, ma in tal caso il versamento deve essere operato entro 20 giorni dalla sottoscrizione dell’atto di adesione.

In tutti i casi sopra descritti, la definizione si perfeziona con il versamento in unica soluzione o mediante pagamento rateale della somma dovuta per un massimo di 20 rate trimestrali di pari importo.

Rottamazione dei ruoli

Siamo ormai alla terza edizione che coinvolge i ruoli consegnati al concessionario della riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2017.

Il pagamento delle somme dovute (ancora una volta, le sole imposte con esclusione delle sanzioni e degli interessi) potrà avvenire in unica soluzione entro il 31 luglio 2019, oppure in 10 rate di pari importo che scadranno il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno, a decorrere dal 2019, ma in tale ipotesi si applicheranno interessi al tasso del 2% annuo.

È in ogni caso necessario produrre una domanda entro il 30 aprile 2019, indicando eventuali pendenze di giudizi aventi ad oggetto i ruoli che si chiede di rottamare, con l’impegno di rinunciarvi.

Possono essere portate in deduzione dall’ammontare delle somme dovute quelle già versate a solo titolo di capitale e interessi, ma non per sanzioni.

Entro il 30 giugno 2019 l’Agente della Riscossione comunica ai contribuenti, che hanno presentato la relativa domanda, l’ammontare delle somme dovute e la scadenza delle singole rate.

Inoltre, nell’ipotesi di insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata o di una di quelle oggetto di dilazione, la definizione non produce effetti e gli importi versati sono acquisiti a titolo di acconto della somma dovuta, che torna quindi ad essere integrale.

È possibile avvalersi della rottamazione ter anche se il contribuente ha aderito alla precedente rottamazione bis, usufruendo così della facoltà della maggiore rateazione (10 rate) dell’importo residuo, sempreché gli interessati effettuino entro il 7 dicembre 2018 il pagamento delle rate dovute in scadenza nei mesi di luglio, settembre e ottobre 2018 per effetto della rottamazione bis.

Anche chi non ha perfezionato la definizione prevista dalla prima rottamazione è ammesso al nuovo beneficio, come anche chi – avendo aderito alla rottamazione bis – non ha rispettato la condizione ivi prevista di versare entro il 31 luglio 2018 tutte le rate dei vecchi piani di dilazione scadute al 31 dicembre 2016.

Sono incluse in questa sanatoria anche le sanzioni amministrative per violazione del codice della strada, ma limitatamente agli interessi.

Nulla è stato invece previsto per i c.d. avvisi bonari (sono quelle comunicazioni che pervengono dal Fisco per carenti versamenti con la previsione di una sanzione ridotta,  che, in caso di mancata liquidazione, finiscono in una cartella di pagamento) con un’evidente disparità di trattamento.

Infine, come ripetutamente annunciato dal Governo, sono annullati automaticamente i debiti di importi residui inferiori ad € 1.000 risultanti dai carichi affidati agli Agenti della Riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2010.

Definizione agevolata delle controversie tributarie

Possono essere definite le liti pendenti al 24 ottobre 2018 con l’Agenzia delle Entrate (sono pertanto escluse l’ICI, l’IMU, la TASI e tutti i tributi locali, in quanto la controparte è il Comune) aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti avanti le Commissioni Tributarie e la Corte di Cassazione.

Il versamento dovuto per usufruire della definizione del rapporto controverso è corrispondente alle imposte risultanti dagli atti impositivi, con esclusione delle sanzioni e degli interessi.

Tuttavia, se il contribuente è risultato vittorioso in primo grado l’importo si riduce alla metà, mentre, in caso di vittoria in secondo grado la somma si riduce ad un quinto.

Laddove poi la vicenda contenziosa sia relativa esclusivamente a sanzioni, in caso di vittoria del contribuente in primo o in secondo grado la somma dovuta è pari al 15% , e in tutte le altre ipotesi la somma da versare è del 40% della sanzione irrogata.

È comunque necessario produrre una domanda entro il 31 maggio 2019 con il pagamento integrale della somma dovuta o, se questa è superiore a € 1.000, con il pagamento della prima delle 20 rate trimestrali cui è possibile accedere.

Le rate  successive scadono il 31 agosto, 30 novembre, 28 febbraio e 31 maggio a partire dal 2019, maggiorate degli interessi legali.

Dagli importi dovuti si scontano tuttavia quelli già versati a qualsiasi titolo in pendenza di giudizio.

La controversia definibile è sospesa, semprechè il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni in commento.

Sono infine sospesi per 9 mesi i termini di impugnazione delle pronunce giurisdizionali che scadono tra il 24 ottobre 2018 e 31 luglio 2019.

⇒ Dichiarazione integrativa speciale

Si tratta del “cuore” del provvedimento, che tanto ha fatto discutere prima della sua pubblicazione.

Il testo della disposizione risultante dal difficile compromesso raggiunto tra le varie parti politiche di governo risulta di dubbia interpretazione in qualche parte e soprattutto di incerto vantaggio per il contribuente.

Dunque, è prevista la possibilità fino al 31 maggio 2019 di correggere errori od omissioni relative alle dichiarazioni fiscali presentate entro il 31 dicembre 2017 (i periodi di imposta interessati sono perciò quelli dal 2013 al 2016) ai fini delle imposte dirette, incluse le imposte sostitutive, delle ritenute, dei contributi previdenziali, dell’IRAP e dell’IVA.

L’integrazione è ammessa nel limite massimo di € 100.000 imponibile annuo, ma comunque non oltre il 30% di quanto dichiarato.

A una prima lettura, sembra che il limite di € 100.000 di imponibile sia corrispondente alla “sommatoria” di tutte le imposte relative allo stesso anno d’imposta (IRES, IRPEF, IRAP, IVA ecc.) e pertanto – se è così – la possibilità di integrare i redditi dichiarati si riduce davvero a poca cosa.

In ogni caso, nell’ipotesi in cui la dichiarazione originaria riporti un imponibile inferiore ad € 100.000, oppure sia senza debito di imposta per effetto di perdite dedotte dal reddito, l’integrazione degli imponibili è ammessa sino ad € 30.000 annui.

Sul maggiore imponibile integrato si applica un’imposta sostituiva del 20% ai fini delle imposte sui redditi e i relativi addizionali, delle imposte sostitutive, dei contributi previdenziali e dell’IRAP, nonché l’aliquota media dichiarata originariamente per l’IVA oggetto di integrazione.

Il versamento della somma dovuta deve essere effettuato entro il 31 luglio 2019 (senza poter compensare l’importo con crediti d’imposta), oppure il pagamento può essere eseguito in 10 rate semestrali di pari somma, con pagamento della prima rata entro il 30 settembre 2019 (come si vede, sono curiosamente previste due date “sfalsate”, 31 luglio e 30 settembre, in dipendenza delle modalità di versamento).

In caso di mancato pagamento anche parziale delle somme derivanti dalla presentazione di questa dichiarazione integrativa speciale, sono dovuti gli interessi e una sanzione pari al 30% delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di pagamento eseguito entro i 30 giorni successivi alla scadenza della rata.

La dichiarazione integrativa è irrevocabile e comunque non è ammessa nel caso di omissione della dichiarazione fiscale anche per uno soltanto degli anni di imposta interessati, come anche nell’ipotesi in cui il contribuente ha avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche, questionari da parte del Fisco.

La procedura, inoltre, che è stata a lungo la vexata quaestio tra i due partiti del “Governo del cambiamento”, non può essere utilizzata per l’emersione di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori dallo Stato e chiunque se ne avvalga fraudolentemente per “sanare” attività finanziarie e patrimoniali, o denaro contante o valori al portatore, provenienti da reati diversi dalla dichiarazione fiscale fraudolenta, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

La dichiarazione integrativa speciale, insomma, non offre alcuna “copertura” né amministrativa né penale, e perciò non definisce i rapporti con il Fisco.

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Come di consueto il Parlamento apporterà qualche modifica al decreto e in particolare quello già annunciato del “saldo e stralcio” delle cartelle per i contribuenti in situazioni di difficoltà economica, e comunque sarà sicuramente un lavoro non  semplice e di problematica attuazione.

(Studio Associato)

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