Sarei interessato ad avviare in farmacia un servizio di telemedicina in collaborazione con un nutrizionista, consistente in pratica nell’automisurazione della BIA (bioimpedenziometria) da parte del paziente e nel successivo invio dei dati da parte della farmacia al nutrizionista.
È possibile?
Come abbiamo già avuto occasione di chiarire, l’attuale versione dell’art. 102 TULS vieta soltanto il c.d. “cumulo soggettivo”, e cioè impedisce al farmacista [titolare di farmacia o meno: allo stato attuale sembra che le cose stiano proprio così] di essere iscritto anche nell’albo di una tra le ormai numerosissime professioni sanitarie.
Ma l’esercizio di più professioni sanitarie in farmacia [c.d. “cumulo oggettivo”] – esclusi i sanitari prescrittori, ovviamente – è sempre consentito, ferme, è chiaro, le prerogative proprie di ciascuna professione disciplinate dai rispettivi ordinamenti.
E però, se così è, e se – almeno per il momento – circoscriviamo la c.d. telemedicina a prestazioni sanitarie a distanza diverse da quelle del medico di medicina generale e/o del medico specialista, limitandola quindi ad altre professioni sanitarie, perché mai non dovremmo ritenere invece legittimo l’intervento, poniamo, del biologo nutrizionista da remoto alla luce dei risultati del test auto-diagnostico (BIA) operato dal paziente in farmacia [sì, proprio all’interno della farmacia] ai fini appunto dell’elaborazione di una dieta appropriata?
All’interno di questi perimetri, insomma, a noi sembra plausibile l’affermazione definitiva della c.d. telemedicina, e quindi il suo recepimento da parte del sistema normativo che ne disciplini i termini di operatività e gli eventuali limiti del suo futuro sviluppo.
Ma, attenzione, qui il percorso è appena ai suoi albori…
(cecilia sposato)
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