[…ma la scelta della frazione in cui ubicare il nuovo esercizio resta affidata alla discrezionalità del Comune]

Sono titolare di una delle due farmacie situate in un Comune di circa 7.000 abitanti. La mia farmacia si trova nel capoluogo mentre l’altra sta in una frazione distaccata, che dista circa 5 km dal capoluogo.
In questi giorni il Comune sta istituendo una terza sede, quindi in sovrannumero e in applicazione del criterio topografico; ritenendo però che il mio bacino di utenza sia nettamente superiore a quello dell’altra farmacia vorrebbe ubicare la terza farmacia nella frazione vicina al capoluogo che dista poco più di due chilometri e che ha 700 abitanti.
Considerate inoltre che c’è un’altra frazione nel comune priva di farmacia che è più lontana dal capoluogo e più vicina all’altra farmacia e che ha 900 abitanti.
Secondo voi sarebbe impugnabile il provvedimento del Comune se la farmacia fosse istituita nella frazione vicina al capoluogo, visto che non potrebbe essere rispettata la distanza legale di 3000 metri?

L’art. 1 della l. n. 475/1968 – come sostituito dall’art. 11, comma 1, lett. a, del d.l. n. 1/2012 – dispone, vale la pena ricordarlo ancora una volta, che “il numero delle autorizzazioni [all’esercizio di una farmacia] è stabilito in modo che vi sia una farmacia ogni 3.300 abitanti”.
Notoriamente questo è il c.d. criterio demografico o della popolazione.
L’art. 104 del R.D. n. 1265/1934 – come sostituito dall’art. 2 della l. n. 362/1991 – prevede invece che, “quando particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilità lo richiedono”, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano “possono stabilire, in deroga al criterio della popolazione ecc…, un limite di distanza per il quale la farmacia di nuova istituzione disti almeno 3.000 metri dalle farmacie esistenti anche se ubicate in comuni diversi. Tale disposizione si applica ai comuni con popolazione fino a 12.500 abitanti e con il limite di una farmacia per comune”.
Si tratta, anche questo è noto, del criterio c.d. topografico o della distanza*


*N.B. Nonostante però sia stato proprio il CdS ad aggiungere a quella storica di “criterio topografico” – riferita evidentemente alle “condizioni topografiche e di viabilità” evocate nell’art. 104 TU.San. – la definizione puramente alternativa di “criterio della distanza” proprio per il limite (attualmente di 3.000 metri) di distanza che le farmacie istituite con questo criterio devono osservare rispetto alle altre farmacie della zona [“anche se ubicate in comuni diversi”, come ha precisato la riscrittura dell’art. 104 operata dall’art. 2 della l. 362/91], è riaffiorata recentemente anche in alcune decisioni del CdS, dopo qualche anno di quiete nel corso dei quali correttamente le due definizioni sono state utilizzate con riferimento a una stessa vicenda, una impossibile distinzione tra il criterio topografico, che sarebbe destinato all’istituzione di sedi soprannumerarie rurali, e un fantomatico criterio della distanza, che riguarderebbe invece le sole farmacie soprannumerarie (?) urbane.
Beninteso, non si tratta di una questione meramente semantica o di solo vocabolario perché il riassorbimento nella p.o. della sede in soprannumero – ricorrendone ovviamente i presupposti demografici – può [perché è una facoltà sia pure discrezionale del Comune] essere disposta in sede di revisione della p.o., senza distinzione tra sedi/farmacie rurali e sedi/farmacie urbane.
Certo, è davvero inspiegabile, se non con la pigrizia o la superficialità di alcuni giudici amministrativi, che sia stato resuscitato questo distinguo, a dispetto sia di un chiarimento straordinariamente limpido di segno contrario dello stesso CdS [sentenza n. 2851 del 4/6/2014] che di un intervento – che pure avrebbe dovuto essere di per sé definitivamente illuminante, se proprio ancora necessario – dello stesso legislatore con la modifica/integrazione apportata dalla l. 135/2012 all’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 11 del Crescitalia che richiama con una semplicità che non poteva/non può lasciare dubbi la definizione di “criterio topografico o della distanza”.
Sul piano pratico, che poi è quel che interessa, sta di fatto che – almeno per noi e per i componenti della III Sezione del CdS che avevano firmato la detta sentenza 2851/2014 – le farmacie soprannumerarie, come detto, possono [per la già citata discrezionalità comunale] essere riassorbite, urbane o rurali che siano.


Ora, sull’applicazione di questo secondo criterio – che, dopo la citata l. 362/91, è un criterio soltanto integrativo/derogatorio, e non più sostitutivo, di quello demografico – la giurisprudenza amministrativa ha più volte avuto modo di rimarcare che l’apprezzamento delle “particolari esigenze dell’assistenza farmaceutica in rapporto alle condizioni topografiche e di viabilità”, atte a giustificare l’istituzione di una nuova sede farmaceutica [che, visti i presupposti applicativi dettati dall’art. 104, non può essere che una sede rurale anche se in astratto questo non è previsto da nessuna parte], è attività oggetto di valutazione discrezionale da parte dell’Amministrazione, quindi in principio non sindacabile in sede di legittimità, se non per evidenti erroneità o macroscopici vizi logici.
Venendo allora alla specifica vicenda delineata nel quesito, e richiamando in particolare quanto recentemente affermato, in un caso parzialmente sovrapponibile al Suo, dal Tar Abruzzo con la sentenza n. 370 del 13/10/2022 [ma, ancor prima, da Tar Brescia n. 157 del 17/2/2022 e per la prima volta dal CdS n. 6998 del 15.10.2019], una lettura coordinata delle previsioni normative che abbiamo richiamato all’inizio consente, secondo i giudici abruzzesi, di poter affermare che il limite legale dei 3.000 metri possa/debba trovare adeguato temperamento allorché si ritenga preferibile collocare territorialmente la nuova farmacia in una frazione invece che in un’altra – oppure in un quartiere invece che in un altro, come diremmo allo stesso modo se si trattasse invece che di una sede/farmacia soprannumeraria di una sede/farmacia istituita con il criterio demografico – sull’assunto che proprio la maggiore vicinanza della prima al capoluogo faccia presumere una maggiore domanda di farmaci in quella zona piuttosto che nell’altra.
In sostanza, ferma la sussistenza delle particolari situazioni ambientali, topografiche e di viabilità che impongano l’istituzione di una sede in soprannumero, la necessità – indicata anche nell’art. 11 del Crescitalia di ricercare la maggiore accessibilità al servizio farmaceutico territoriale – può legittimamente giustificare anche una maggiore pianificazione di tipo “verticale” del servizio invece che prevalentemente “orizzontale”, anche se naturalmente la p.a. deve darne conto nel provvedimento istitutivo della sede.
Ecco allora spiegato, aggiunge il Tar Abruzzo – richiamando [al pari del resto dei citati Tar Brescia e CdS] le statuizioni dalla Corte di Giustizia CE chiamata a pronunciarsi sull’art. 104 TULS – perché le farmacie rurali, istituite sulla base del criterio topografico, ben possono essere aperte anche a una distanza inferiore a 3000 metri rispetto alle farmacie esistenti, sulla base di un’attenta valutazione da effettuare in relazione alla singola fattispecie concreta [come quella proposta nel quesito], essendo recessivo in un’ottica comparativa degli interessi in gioco, anche alla luce della normativa di rango eurounitario, l’interesse protezionistico delle farmacie precedentemente insediate ad evitare interferenze nello svolgimento della loro attività, rispetto al preminente interesse pubblico ad assicurare la massima diffusione del servizio farmaceutico.
Anzi, aggiunge il Tar Abruzzo, questo approccio ermeneutico – che è ispirato ad un’applicazione flessibile del limite di distanza – può indurre a interpretare la regola generale nel senso che è possibile autorizzare l’apertura di una farmacia a distanza inferiore a quella minima [che in questa ipotesi è di 3.000 metri] non solo in casi del tutto eccezionali, ma ogni volta che la rigida applicazione della regola generale rischi di non garantire un accesso adeguato al servizio farmaceutico (cfr. Corte di Giustizia CE n. 570 del 1 giugno 2010, nella causa C570/07).
Ci pare insomma di poter concludere che – stando almeno a quanto sembra emergere dal quesito prospettato e fatto salvo il caso in cui l’Amministrazione sia incorsa in “evidenti erroneità” o “macroscopici vizi logici” – la scelta provvedimentale, anche laddove fosse orientata nel senso che Lei sembra temere, potrebbe verosimilmente essere ritenuta legittima anche dal giudice amministrativo, nel caso evidentemente di una sua impugnativa.
Abbiamo detto potrebbe, perché la discrezionalità amministrativa – in questo caso del Comune [a proposito: siamo certi che nella Sua regione siano i Comuni – come d’altronde ha affermato, condivisibilmente, proprio il CdS n. 6998 del 15.10.2019, decisione fondamentale che illustriamo nella Sediva News del 19.11.2019: “E’ di esclusiva competenza comunale ecc.” – le amministrazioni competenti all’adozione dei provvedimenti ex art. 104 TU.San., e non invece proprio la Regione?] – è tale, indubbiamente, da permettere di collocare una sede soprannumeraria anche in una frazione più vicina (poco più di 2000 metri nella specie) a una delle due farmacie già in esercizio, cioè la Sua, piuttosto che in una frazione più lontana [5000 metri] dall’altra farmacia preesistente.
E però, s’intende, la discrezionalità amministrativa non può essere mai confusa con l’arbitrio e dunque anche in un caso come questo – anzi, tanto più in un caso come questo, viste le incongruenze da Lei stesso segnalate – il Comune, giova ribadirlo, deve darsi carico di illustrare adeguatamente le ragioni della sua scelta.

(gustavo bacigalupo – cecilia v. sposato)

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