Stiamo effettuando dei lavori di ristrutturazione e ampliamento della farmacia, compresa l’installazione di un impianto di videosorveglianza. Ma la fattura ricevuta dalla ditta fornitrice/installatrice dell’impianto non presenta l’applicazione dell’iva, facendo espresso riferimento al reverse charge, che mi pare riguardi anche noi farmacisti quando effettuiamo acquisti intracomunitari.
È corretto il documento della ditta?

La risposta è affermativa, ma con una precisazione finale.

Stiamo parlando di un particolare metodo di applicazione dell’IVA che, per obbligo di legge, impone – come noto – di effettuare la c.d. “inversione contabile”, che funziona nel seguente modo:

– il fornitore emette la fattura senza addebitare l’iva;

– il cliente integra la fattura con l’iva all’aliquota prevista per il tipo di fornitura e la annota sia nel registro iva acquisti che nel registro iva vendite generando così una neutralità di imposta.

Il vantaggio di tale meccanismo per il Fisco, in luogo del normale addebito dell’iva da parte del fornitore e conseguente detrazione dell’imposta da parte del cliente titolare di partita iva, è rappresentato dalla (quasi) impossibilità di evasione dell’iva.

Ora, l’applicazione del reverse charge anche ai servizi di installazione di impianti relativi a edifici è stata testualmente disposta dall’art 17, comma 6, del D.P.R. n. 633/1972, lett. a-ter [quest’ultima è stata aggiunta dalla Finanziaria 2015], tant’è che il codice ATECO riferibile all’installazione di impianti di videosorveglianza (43.21.02) viene richiamato espressamente anche nella circolare 14/E/2015 dell’Agenzia delle Entrate, emanata proprio per fornire i primi chiarimenti sull’argomento.

Pur dovendo perciò, come anticipato all’inizio, ritenere in principio corretta la modalità di emissione della fattura da parte del Suo fornitore dell’impianto, e pertanto l’applicazione del reverse charge, ci corre l’obbligo di precisare che dall’“inversione contabile” sono escluse le mere forniture di beni.

Di conseguenza, sempre restando in questa fattispecie, occorre – per ribadire l’assoggettamento dell’intera operazione al reverse charge – che in essa, secondo la volontà espressa contrattualmente dalle parti, sia prevalente la prestazione di servizi sulla [eventuale] cessione di beni.

Diversamente, va da sé, la prima risulterebbe accessoria rispetto alla seconda diventando in tal caso inapplicabile il meccanismo del reverse charge.

 (francesco sonnino silvani – roberto santori)

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