Sono titolare di farmacia e anche proprietario esclusivo della casa in cui abito con mia moglie e due figli minori.
I rapporti tra noi sono però sempre meno idilliaci e purtroppo è diventata molto concreta l’ipotesi di una separazione coniugale.
L’abitazione è una casa considerata di lusso per varie caratteristiche e comunque si tratta di un immobile che avevo acquistato ancora prima del matrimonio: vorrei in ogni caso evitare che, nell’ipotesi di separazione o divorzio, sia assegnata a mia moglie che del resto dovrebbe essere anche il genitore affidatario della prole.
In sostanza vorrei vendere l’immobile, ma naturalmente non mi sottrarrei agli obblighi che mi fossero imposti dal giudice.
Tenete anche conto che mia moglie ha un impiego soddisfacente ma la mia posizione reddituale è sicuramente più elevata.
C’è un precedente giurisprudenziale che può rispondere al quesito in termini adeguati.
La Corte di Cassazione, infatti, con una recente ordinanza è tornata ancora una volta sulla materia – delicata e ancora in parte da decifrare – dell’abuso del diritto, che, ricordiamo, si configura nei casi in cui vengano poste in essere condotte lecite al fine però di perseguire obiettivi che eludano la volontà del legislatore.
Nella fattispecie decisa dalla Suprema Corte, proprio un marito in procinto di separarsi vendeva la casa familiare al padre che contestualmente gliela concedeva in comodato per la durata di sei mesi.
Successivamente, in sede di separazione e divorzio, l’abitazione veniva assegnata alla moglie, ma – trascorsi due anni – il suocero della donna richiedeva il rilascio dell’immobile perché ampiamente scaduto il termine di durata del comodato, in precedenza pattuito con il figlio.
Il susseguirsi di tali operazioni negoziali integra per l’appunto, secondo la Corte, un’ipotesi di abuso del diritto.
Viene rilevato, infatti, come qui la compravendita, il comodato e la successiva richiesta di rilascio fossero subordinati al reale obiettivo di non perdere la disponibilità della casa familiare.
Una volta stabilita l’abusività di tali negozi giuridici [leciti nella forma, ma non nelle finalità] i giudici di legittimità si sono pronunciati con riguardo al contratto di comodato intercorso tra padre e figlio, concludendo per il riconoscimento all’ex moglie della veste di effettiva comodataria.
È vero che forse la vicenda descritta nel quesito può essere inquadrata diversamente rispetto a quella decisa dalla Cassazione, ma è pur sempre necessario – beninteso – che il coniuge proprietario proceda effettivamente alla cessione a terzi dell’immobile senza che pertanto possano trarsi dal contratto di compravendita elementi idonei a sospettare accordi simulatori o simili.
(cesare pizza)
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