• Sul mantenimento del figlio maggiorenne

Ai sensi degli artt. 147 e 148 del cod. civ., i genitori hanno l’obbligo di concorrere al mantenimento dei figli che non cessa ipso facto al compimento della maggiore età ma perdura finché il genitore non provi in giudizio che il figlio abbia raggiunto una effettiva indipendenza economica oppure che ‑ come nel caso deciso dalla Suprema Corte con ord. 21752/2020 – il mancato svolgimento di un’attività lavorativa sia dovuto soltanto o prevalentemente all’inerzia oppure all’ingiustificato rifiuto di lavorare da parte sua.

Principi appunto riaffermati nel citato provvedimento dalla Cassazione che ha respinto la domanda di un padre, obbligato al mantenimento, per non aver dimostrato la colpevole inerzia del figlio maggiorenne nel rendersi autosufficiente.

Infatti, il giudice, per dichiarare la cessazione dell’obbligo di mantenimento, deve avere elementi sufficienti per l’accertamento di fatto relativo non solo all’età, ma anche – e soprattutto – all’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica, all’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa e, più in generale, alla complessiva condotta personale tenuta dall’avente diritto dal momento del raggiungimento della maggiore età.

  • L’incidenza sull’assegno di mantenimento di una stabile nuova relazione dell’altro coniuge

Questa è una vicenda abbastanza ricorrente ed è stata anch’essa affrontata poco fa dalla Cassazione [ord. n. 22604 del 16/10/2020].

Nella fattispecie la Corte ha confermato la decisione di primo grado che aveva negato alla moglie la corresponsione dell’assegno divorzile [riconosciutole in sede di separazione] essendo appunto emerso come quest’ultima – medio tempore – avesse intrapreso una stabile relazione con un altro uomo.

Gli Ermellini [ritenendo valide le argomentazioni e l’istruttoria svolte in primo grado] hanno ribadito che la presenza di un rapporto sentimentale pluriennale, consolidato, ufficializzato e contraddistinto da una quotidiana frequentazione caratterizzata da periodi più o meno lunghi di piena ed effettiva convivenza porta alla configurazione di una c.d. “famiglia di fatto”.

Pertanto, occorre nel singolo caso verificare in primo luogo la presenza di tutti gli elementi messi in evidenza dalla Suprema Corte e, in caso affermativo, il coniuge tenuto a corrispondere l’assegno potrebbe non incontrare eccessive difficoltà ad ottenere nelle opportune sedi giudiziarie un provvedimento di modifica delle condizioni del divorzio se non altro per quel che riguarda, appunto, l’assegno periodico.

(federico mongiello)

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