La sussistenza di un saldo di cassa negativo – anche per un solo giorno – oltre a costituire un’ evidente anomalia contabile, può creare grossi problemi in caso di verifiche fiscali perché offre al Fisco, quasi su “un piatto d’argento”, la prova “quasi provata” [anche se, attenzione, presuntiva] dell’esistenza di ricavi non contabilizzati in misura almeno pari al disavanzo.
E infatti, in una situazione del genere è lecito concludere che siano stati effettuati pagamenti mediante incassi conseguiti ma non contabilizzati, oppure che si tratti di un errore contabile; in ambedue i casi, però, spetterebbe a questo punto al contribuente sottoposto a controlli offrire la non sempre agevole prova contraria per sottrarsi all’accusa di “nero”.
Di questo argomento – è vero – abbiamo parlato altre volte, ma ne conoscete tutti la persistente sua grande rilevanza sul piano pratico ed è dunque imprescindibile tornarci almeno di tanto in tanto.
D’altronde, è nel frattempo intervenuta una pronuncia della Suprema Corte [Ord. n. 7538/2020] che ‑ oltre a ribadire a chiare lettere il principio appena enunciato e già affermato in passato tanto ripetutamente da costringerci a ritenerlo un orientamento “ultra consolidato” – ha aggiunto una precisazione importante, e cioè che questa presunzione non viene posta in discussione neppure nel caso di svolgimento dell’attività in forma individuale [è chiaro che intendiamo richiamare la vostra attenzione soprattutto su una farmacia di cui è titolare un farmacista individualmente], dato che si fonda in realtà sulla regola generale ragionieristica per cui il “rosso” di cassa significa senza possibilità di dubbio che le voci di spesa sono di entità superiore a quella degli introiti registrati, con tutto quel che, come si è visto, ne consegue o ne può conseguire.
È un principio, insomma, che vale allo stesso modo e nella stessa misura per una società di capitali, come per una società di persone o una ditta individuale.
In senso contrario aveva invece statuito in quella circostanza il giudice d’appello, ritenendo nella vicenda – quindi decisa poi diversamente dalla Cassazione – che la presunzione operasse solo per le società di capitali a ragione evidentemente dell’autonomia patrimoniale che caratterizza questi soggetti rispetto alle imprese individuali, nelle quali il patrimonio aziendale – nel nostro ordinamento civilistico, e differentemente da ordinamenti di altri Paesi europei – si “confonde” [e, sul piano pratico, con grande facilità!] con quello della persona fisica dell’imprenditore.
Ma questo assunto, lo abbiamo visto, non ha resistito al ricorso dell’Agenzia delle Entrate che ha infatti ottenuto dagli Ermellini la decisione commentata.
(stefano civitareale – gustavo bacigalupo)
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