[…in una società, anche con la successiva cessione da parte dell’ex titolare delle quote sociali ascrittegli per effetto del conferimento, non configura la cessione dell’azienda come tale]

Si sta infatti consolidando anche presso la Suprema Corte (da ultimo Ord. Sez. V 24.647/2021) l’indirizzo giurisprudenziale per cui il conferimento in società di un’azienda individualmente posseduta – pur se seguito dalla cessione a titolo oneroso delle partecipazioni dell’ex titolare – non può costituire ai fini dell’imposta di registro una cessione d’azienda.
È facile allora pensare al caso, del resto frequentissimo, di una farmacia/ditta individuale conferita in società (di persone o di capitali), in cui il rogito di conferimento sia stato seguito – anche a brevissima distanza di tempo – dal rogito di cessione, da parte dell’ex titolare individuale, delle quote sociali ascrittegli per effetto del conferimento.
Un esempio, anche se già proposto altre volte. Tizio, titolare in forma individuale di una farmacia, raggiunge opportune intese con Caio per cedergli l’esercizio, ma invece di procedere tout court a un rogito di vendita conviene con lui – in un ampio accordo-quadro – di conferire la farmacia in una sas, nella quale Caio figuri sin dal rogito di conferimento come socio accomandatario [pur con una quota sociale pari all’1%] e Tizio vi figuri invece come socio accomandante [pur con una quota sociale pari al 99%], anche se, sia chiaro, l’esempio funziona perfettamente anche nel caso in cui Caio “parta” da accomandante e Tizio da accomandatario, nonostante in tale ipotesi diventi evidentemente necessario modificare, al momento della cessione delle quote, la regione sociale.
Inoltre, nell’accordo-quadro, s’intende, è anche già contemplato che – al riconoscimento della titolarità della farmacia a nome della sas – Tizio sarà obbligato a cedere, a condizioni ovviamente anch’esse già disciplinate nel dettaglio, il suo 99% a Caio o a persone da questi indicate.
Il risultato sarà comunque anche qui quello di una farmacia posseduta da una società [sas, snc ecc.] di cui Caio abbia l’effettivo dominio.
La differenza tra questo punto di arrivo e quello che vede Caio [o una società da lui partecipata] immesso direttamente nella titolarità individuale della farmacia è rilevante, in particolare, per la differenza sul piano fiscale tra i due percorsi giuridici.
La cessione d’azienda, infatti, viene tassata per il registro con aliquota proporzionale (3%) comprendendo anche l’avviamento nella base imponibile, mentre la cessione delle quote sconta l’imposta in termine fisso (€ 200).
Di conseguenza, dopo la riscrittura dell’art. 20 T.U.R., la valutazione sull’“intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato” – onde qualificare quest’ultimo ai fini della tassazione – non può più essere operata [anche sulla base del collegamento ad altri atti e/o su elementi extra-testuali].
In pratica, il Fisco è vincolato esclusivamente da quel che è desumibile dal negozio sottoposto a registrazione.
In passato non era così, e qualcuno forse lo ricorderà, perché il testo precedentemente in vigore della detta disposizione consentiva ai verificatori “voli pindarici” invece improponibili con la nuova stesura.
Oggi il Fisco, cioè, se vuole contestare comportamenti elusivi da parte del contribuente – e dunque, in estrema sintesi, che questi abbia posto in essere una successione di negozi tra loro collegati (costituzione di società-conferimento di farmacia -cessione di quote societarie) al solo fine di pagare meno imposte rispetto a quelle che sarebbero dovute con l’unico negozio che direttamente avrebbe potuto realizzare gli effetti economici desiderati (cessione d’azienda) – è costretto a ricorrere alla procedura prevista dall’art. 10-bis dello Statuto del diritti del contribuente in materia di abuso del diritto, o elusione che dir si voglia.
Si tratta di una disposizione fondamentale, che pone una serie di tutele a favore del contribuente, e tra queste anche – ad esempio – l’obbligo a pena di nullità dell’atto di accertamento di chiedere al soggetto verificato, prima della notifica dell’atto stesso, chiarimenti sull’operazione effettuata, rappresentando al contempo i motivi per cui l’operazione stessa verrebbe ritenuta elusiva.
Non sarebbero in definitiva consentiti – neppure per la migliore dottrina e, come vediamo, neppure per la Cassazione – comportamenti dell’Amministrazione finanziaria non adeguatamente ispirati al rispetto delle norme dello Statuto, anche se capita tuttora fin troppo spesso di imbattersi in uffici fiscali particolarmente restii ad abbandonare vecchie abitudini.

(stefano civitareale)

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