Generalmente il Vs. studio prende posizione sui problemi giuridici e fiscali che ci riguardano e anche sulle varie questioni relative a tamponi, vaccinazioni e green pass avete fornito ampi e utili chiarimenti.
Vorremmo perciò approfittare della vs. disponibilità per chiedervi il vs. pensiero sul problema di cui sta in questo momento dibattendo la categoria circa le tariffe di 8 e 15 euro disposte dalla legge per i tamponi effettuati dalle varie strutture comprese le farmacie.
Il dubbio, come avrete sicuramente visto, è quello della modificabilità o meno verso il basso di questi importi fermo restando che si tratta di tariffe non modificabili verso l’alto.

È vero che è un tema che recentemente abbiamo soltanto sfiorato, ma in realtà – almeno a ns. giudizio – la tesi della immodificabilità anche verso il basso dei due importi non dovrebbe avere grande fondamento.

Come sapete, il divieto di vendita al pubblico “a prezzo diverso da quello indicato sulla tariffa” [galenici] o “da quello segnato sulla etichetta” [specialità medicinali] era uno dei principi portanti del sistema ed era sancito dallo storico art. 125 T.U.San.

Purtroppo, e non è necessario spiegare l’avverbio, il principio è stato spazzato via in un amen – quasi nell’indifferenza generale – dal comma 8 del Crescitalia [il solo comma dell’art. 11, si pensi, rimasto del tutto illibato nella fase di conversione in legge del provvedimento che infatti lo conteneva integralmente già nell’originario comma 6], che ha introdotto – naturalmente quale nuovo principio fondamentale – quello esattamente opposto della liberalizzazione assoluta, oltre che di turni e orari, anche dei “prezzi di tutti i tipi di farmaci e prodotti venduti pagati direttamente dai clienti”, con diritto pertanto del titolare della farmacia di “praticare sconti” in sostanza a suo piacimento.

Si tratta del resto di un principio che era pienamente in linea con i venti di liberalizzazione che avevano infatti iniziato a spirare in Europa ancor prima della fine del secolo scorso e sul quale in ogni caso, specie dopo che nella legislazione UE la libera concorrenza ha assunto il ruolo definitivo di principio cardine, la Corte costituzionale prima e la Cassazione poi hanno finito per assumere nel tempo posizioni perfino… integraliste, dalle cui grinfie però – almeno finora e per buona parte delle relative norme settoriali – la farmacia è riuscita fortunatamente a sottrarsi.

È chiaro allora che il prezzo di vendita/cessione al pubblico di un bene/servizio da parte di una farmacia – anche laddove, come in questo caso, sia bensì una legge statale sopravvenuta a fissarlo, ma senza alcuna ulteriore espressa indicazione o specificazione che lasci pensare a una qualunque deroga a quel principio fondamentale, come sarebbe stato invece imprescindibile se la volontà legislativa fosse stata diversa – dovrebbe intendersi semplicemente [ma non è poco…] un prezzo calmierato, come d’altronde definito dal dl. 127/2021, un prezzo quindi non modificabile verso l’alto ma, per quanto detto, liberamente modificabile verso il basso.

Si tenga conto anche che l’Agenzia delle Entrate, volendo fare chiarezza [?] sulla natura e sull’ambito dell’operazione economica insita nel tampone eseguito da una farmacia, ha ritenuto prevalente la cessione degli strumenti di diagnostica in vitro per COVID-19 [sono appunto i c.d. tamponi] e di considerare il servizio necessario all’esecuzione del test come strettamente connesso e accessorio alla cessione stessa, e dunque il corrispettivo che la farmacia ne ritrae deve essere formalizzato nel registratore telematico come la cessione di un dispositivo medico, e non di un servizio [di qui, la necessità di includerla nella ventilazione e così via].

Prestando fede a questa interpretazione, peraltro abbastanza condivisibile, disporremmo quindi di altri elementi – seppur molto meno significativi per la scarsa autorevolezza della fonte – a favore della modificabilità verso il basso dei due importi di 8 e 15 euro, dato che, come abbiamo visto, per il comma 8 dell’art. 11 del Crescitalia i c.d. tamponi sono “prodotti” per i quali conseguentemente può, anzi deve, valere il principio di liberalizzazione e perciò la facoltà della farmacia di praticare “sconti”, cioè riduzioni dei due prezzi limite.

Può darsi che in fase di conversione in legge del dl. 127/2021 [il cui art. 4 rinvia per la determinazione dei due prezzi calmierati al protocollo d’intesa siglato tra il Commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19 e il Ministro della salute] qualcuno si decida ad aggiungere qualche parola di chiarimento: speriamo che sia così, perché ovviamente questa pur lievissima aura di incertezza che grava sulla vicenda non può certo giovare a un clima già fin troppo concorrenziale tra le farmacie.

È vero che la cautela e la prudenza suggerite dai nostri due amici petroniani potrebbero costituire, chissà, una buona soluzione, ma francamente sembrerebbe più che altro una… non soluzione e non ci pare che un’impresa – dinanzi a una qualsiasi ombra di dubbio – debba necessariamente modificare sue (ipotetiche) scelte aziendali…

(gustavo bacigalupo)

La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!