Ho eseguito recentemente dei lavori di ristrutturazione di un mio appartamento per i quali intendo avvalermi della detrazione d’imposta del 50% ma mi sono accorto che ho effettuato il pagamento di una fattura con il bonifico ordinario anziché utilizzare quello messo a disposizione dalla mia banca per questo tipo di interventi.  Ricordo bene che voi ne avete parlato ma sono costretto a chiedervelo: se e come è possibile sanare l’errore senza perdere il beneficio fiscale?

Vista la frequenza, francamente sorprendente, con cui ci viene posto questo interrogativo, torniamo ancora sull’argomento, ricordando in particolare quali siano i  possibili rimedi nel caso in cui il bonifico eseguito non sia quello specificatamente indicato  dalla normativa di riferimento dei vari “eco-bonus” o “sismabonus”.

Tutti tali benefici, indistintamente, prevedono, come condizione essenziale per acquisire il diritto alla detrazione, che il pagamento delle fatture avvenga tramite il c.d. “bonifico parlante”, cioè con quel particolare tipo di bonifico – eseguibile presso il proprio istituto di credito/Poste Italiane Spa [ovvero tramite gli appositi servizi di homebanking ad esso collegati] – che riporti, oltre alla causale contenente il richiamo all’art. 16bis del Tuir [per rimanere sul tipo di intervento citato nel quesito] quale norma applicata per la fruizione della detrazione, anche il codice fiscale del beneficiario del bonus fiscale,  il numero di partita Iva [ovvero il codice fiscale] del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato.

La necessità di riportare nel bonifico questi dati ha comportato che gli istituti bancari e postali istituissero appunto dei modelli di bonifici espressamente “dedicati”, quel che ha assunto particolare rilievo con l’introduzione della ritenuta d’acconto [attualmente nella misura dell’8%] che tali istituti devono applicare nei confronti delle imprese incaricate della ristrutturazione.

A questo riguardo l’Amministrazione finanziaria ha quindi precisato che la non completa compilazione del bonifico bancario/postale – che pregiudichi pertanto in modo definitivo il rispetto da parte delle banche e/o di Poste Italiane Spa dell’obbligo di operare la ritenuta – non consente il riconoscimento della detrazione, salva l’ipotesi della ripetizione del pagamento mediante un nuovo bonifico “parlante” [con tutte le difficoltà del caso, come è facile immaginare …].

Qualora invece la ripetizione del pagamento non sia possibile e/o per errore non siano stati indicati sul bonifico originario tutti i dati richiesti, o ancora sia stato effettuato il pagamento con un bonifico ordinario, la stessa A.F. anche di recente ha chiarito che  la detrazione spetta solo se il contribuente sia in possesso di una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà rilasciata dall’impresa con la quale quest’ultima attesti che i corrispettivi accreditati a suo favore sono stati correttamente contabilizzati ai fini della loro imputazione nella determinazione del reddito d’impresa).

Resta inteso che, in sede di un eventuale controllo, l’A.F. potrà verificare se il comportamento di tutti i soggetti coinvolti sia stato posto in essere allo scopo di eludere il rispetto della normativa relativa all’applicazione della ritenuta.

È dunque consigliabile in definitiva conservare [unitamente alla dichiarazione sostitutiva rilasciata dall’impresa e a tutti gli altri documenti riferiti ai lavori eseguiti oggetto della detrazione d’imposta] anche l’eventuale corrispondenza intrattenuta con l’impresa esecutrice delle opere, appunto per dimostrare la propria estraneità ad eventuali  irregolarità contestate.

(stefano civitareale)

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