Mi riferisco alla Vs. interessante Sediva news del 23 novembre sulla dismissione o assegnazione del locale farmacia per chiedervi di aggiungere qualche chiarimento sulla tassazione della plusvalenza che ne deriverebbe a carico del titolare, soprattutto nel caso in cui si il processo di ammortamento del bene immobile si sia compiuto o stia per compiersi.

Lei allude evidentemente alla plusvalenza che potrebbe scaturire in caso di futura cessione/autoconsumo del locale-farmacia al titolare dell’impresa individuale ovvero [secondo la forma  giuridica con cui l’attività è condotta] di assegnazione a uno o più soci della società titolare della farmacia.

Ora, è cosa nota che la “fuoriuscita” dal patrimonio aziendale del bene in questione non sia operazione fiscalmente “indolore”, e  questo in particolare quando cada molto in là rispetto all’acquisto dando modo all’immobile di “rivalutarsi”, considerando che la plusvalenza imponibile è data proprio dalla differenza tra il prezzo/valore normale del bene ceduto/assegnato e il suo costo fiscale “assottigliato nel tempo ”– come Lei stesso del resto ricorda – dagli ammortamenti dedotti.

Tuttavia in questi anni stiamo assistendo alla ri-edizione di diversi regimi agevolati (assegnazione ai soci; estromissione degli immobili dell’impresa individuale; rivalutazione dei beni d’impresa) che riducono spesso in misura anche rilevante il carico fiscale dell’operazione,  e siamo propensi a credere che il legislatore in futuro continuerà a far ricorso a queste agevolazioni (anche) per aiutare le imprese a superare il periodo difficile che viviamo e vivremo probabilmente ancora per un bel pezzo.

Ma le considerazioni espresse nella News presupponevano per l’appunto un progetto di investimento stabile, cioè l’acquisizione “duratura” del cespite nel bilancio della farmacia; se così non fosse, gran parte del vantaggio finanziario dell’operazione – che intuibilmente ha bisogno di un ampio intervallo di tempo per “esprimersi” appieno – verrebbe, è chiaro, “rimangiato” dalle tasse almeno in parte [sempreché non venga in soccorso, come detto, una misura agevolativa che in qualche modo salvi “capra e cavoli”] e allora, per concludere sempre con un aforisma, “il gioco non varrebbe la candela”.

(stefano lucidi)

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