Prendendo spunto anche dalla recente pubblicazione, qualche giorno fa, della vostra news sulla Farmacia dei servizi e dei due webinar che avete tenuto su questo argomento, vi scrivo per sapere se è possibile inserire un corner ottico in farmacia. Ho infatti da poco trasferito la farmacia in nuovi locali, più grandi dei precedenti, in cui vorrei dare avvio a una serie di servizi e inserire, in particolare, un angolo dedicato proprio a un corner ottico. Sarei interessato a sapere se è possibile, in particolare, ammettere la presenza in farmacia dell’optometrista, dato che le informazioni che ho raccolto in questi mesi mi sembrano piuttosto confuse.
Avendo già delineato qualche giorno fa – sia pur molto brevemente – l’attuale quadro normativo e giurisprudenziale concernente la Farmacia dei Servizi [cfr. Sediva News del 18 ottobre u.s. “La Farmacia dei Servizi nel quadro della normativa vigente…”], l’occasione del Suo quesito può essere utile per esaminare le diverse figure che, a vario titolo, si occupano del mantenimento e del ripristino della salute degli occhi, nonché della loro riabilitazione visiva [che sono poi quelle indicate nel titolo], e soprattutto la loro presenza in farmacia.
Intanto, come del resto è noto, l’oculista è un medico specialista laureato in medicina e chirurgia [dunque abilitato alla professione di medico e munito dello specifico attestato rilasciato al termine della scuola di specializzazione], che si occupa dell’attività di diagnosi e cura di tutte le malattie degli occhi, di eseguire interventi chirurgici, prescrivere occhiali ed applicare lenti a contatto.
L’ottico è invece l’esercente un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie – ai sensi dell’art. 12 del R.D. n. 1334/1928 – in possesso di diploma [vecchio ordinamento] o che ha frequentato un corso di specializzazione post diploma di due anni con esame di stato finale che abilita alla professione; può prescrivere occhiali semplici, occhiali per presbiopie o miopie lievi; può approntare e consegnare occhiali.
L’ortottista [o assistente di oftalmologia] è un professionista sanitario [ai sensi del D.M. n. 743/1994] che ha frequentato un corso di laurea triennale, oltre alla scuola superiore, specializzato nella diagnosi e nella gestione dei problemi della visione binoculare, legati soprattutto all’ambliopia [occhio pigro] e ai disturbi della motilità oculare [strabismo]. Si tratta di un professionista che lavora in stretta collaborazione con l’oculista e che spesso si occupa di buona parte degli esami diagnostici che si svolgono negli studi oculistici [esame del campo visivo, tonometria, pachimetria corneale, topografia corneale, autorefrattometria, misurazione della vista] ma, in tutti i casi, svolge la propria attività sotto la supervisione di un medico oculista, che può esprimersi per le conclusioni diagnostiche ed i consigli terapeutici. L’ortottista non può eseguire esami refrattivi né approntare o consegnare occhiali.
L’optometrista, infine, è un soggetto laureato in optometria [nuovo ordinamento] o che ha seguito un corso di specializzazione post-diploma di cinque anni con esame di abilitazione finale; è esperto di esami refrattivi, in grado di riconoscere le patologie oculari ma a cui è precluso prescrivere cure; spesso lavora in negozio ove appronta e consegna gli occhiali all’utente finale [per questo le figure dell’ottico e dell’optometrista fanno sovente capo alla stessa persona o vengono confusi l’uno con l’altro]. Prima di eseguire l’esame di deficit ottici della vista l’ottico‑optometrista dovrebbe richiedere la certificazione del medico oculista che attesti l’assenza di patologie oculari. Tale certificazione è valida per quattro anni dal suo rilascio [ridotti a due per la fascia di popolazione superiore ai sessantacinque anni di età e per l’età pediatrica]. L’ottico‑optometrista non può svolgere attività dirette all’accertamento di malattie, quindi non può eseguire accertamenti diagnostici quali la tonometria, la topografia corneale e l’esame del campo visivo, effettuare diagnosi, nè tantomeno eseguire attività terapeutiche di qualsiasi tipo. Non può prescrivere farmaci, compresi i colliri utilizzati a scopo diagnostico [es. gocce per la dilatazione pupillare].
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Premesse queste considerazioni introduttive, deve in primo luogo escludersi che l’oculista possa essere presente in farmacia, non foss’altro perché medico e iscritto al relativo albo [e non è necessario illustrarne dettagliatamente le ragioni].
In ragione di questo, taluno ritiene inoltre che sia precluso l’esercizio della professione in farmacia anche all’ortottista per il suo dover operare a strettissimo contatto con l’oculista, ma è lecito più di un dubbio sulla ragionevolezza e anche, francamente, sulla fondatezza di una tale esclusione.
D’altro canto, la presenza dell’ottico in farmacia, in quanto professionista sanitario non prescrittore, non sembra porre alcun problema ai fini dell’art. 102 del T.U.L.S., ferma evidentemente la necessità di disciplinare le prestazioni rese [e/o le cessioni di beni effettuate] dall’ottico alla clientela per conto e nell’interesse della farmacia.
Venendo ora più nel dettaglio al quesito, la situazione relativa all’optometrista è invece più complessa.
Si sottolinea innanzitutto che l’attività dell’optometrista non è regolata dalla legge e il relativo esercizio deve ritenersi libero e lecito, non esistendo alcuna norma che lo vieti; a condizione solo che non venga invaso l’ambito, strettamente curativo, riservato al medico oculista e, naturalmente, che non vengano effettuate manovre che possano provocare anche indirettamente danni o lesioni al cliente [sulla scorta anche di quanto affermato ormai qualche anno fa da CdS n. 5297 del 4/10/2005].
All’optometrista sono dunque consentite, oltre alla semplice attività di ginnastica oculare, quella di misurazione della vista, quella di confezionamento e relativa vendita – senza ricetta medica – di occhiali e lenti correttive non solo per i casi di miopia e di presbiopia, ma, diversamente dall’ottico, anche nei casi di astigmatismo, ipermetropia e afachia.
È, invece, precluso all’optometrista il compimento di valutazioni di carattere diagnostico, lo svolgimento di attività di carattere curativo, il rilascio di ricette, il compimento di interventi di qualsiasi tipo, e l’intervento in caso di vere e proprie malattie oculari (e non di semplici disfunzioni della funzione visiva; come appunto miopia, presbiopia, astigmatismo, ipermetropia e afachia), trattandosi di tutte attività che darebbero luogo al reato di esercizio abusivo della professione medica.
Dunque, sulla scorta di tali principi, può ritenersi legittima non solo la presenza di un ottico in farmacia, ma anche di un optometrista, e questo perché il farmacista può legittimamente vendere presidi ottici coadiuvato da un tecnico [sul presupposto, ovviamente, dell’esistenza di un’autorizzazione commerciale che lo consenta e con l’obbligo che il preposto abbia il diploma di ottico, ovvero la laurea in optometria].
In altri termini e per rispondere al Suo quesito, sembra in definitiva potersi ritenere compatibile con la legislazione vigente la presenza in una farmacia aperta al pubblico di un corner ottico nel quale un professionista abilitato all’esercizio di questa professione [sia esso ottico, optometrista o ottico ed optometrista insieme] svolga tutte le attività che la legge gli consente.
Alle stesse conclusioni sembra d’altra parte indurre quanto più di recente affermato da Federfarma con la circolare 106 del 7/3/2019 che ha approfondito la possibilità di “ospitare” nei locali delle farmacie stesse un ottico-optometrista che svolga in quest’ambito attività di misurazione della vista ed effettui la vendita di occhiali su misura, gestendo autonomamente i pagamenti e la relativa fatturazione.
Nella citata circolare si legge, proprio con riferimento alla figura dell’ottico‑optometrista, che “non sono state rinvenute specifiche preclusioni all’implementazione all’interno della farmacia del servizio di vendita, per il tramite di un ottico-optometrista in possesso di titolo abilitante, di occhiali e lenti protettive e correttive dei difetti visivi”.
La richiamata circolare precisa, al riguardo, che la vendita di occhiali e lenti su misura deve essere effettuata direttamente dall’ottico-optometrista o, comunque, sotto il suo diretto controllo, e che il farmacista è sempre tenuto a verificare attentamente:
- il possesso dei titoli abilitativi del professionista, accertando che il soggetto deputato alla vendita di occhiali “su misura” sia un ottico‑optometrista, in possesso di diploma riconosciuto sul territorio italiano;
- che l’ottico-optometrista abbia a sua volta presentato in Comune una SCIA, certificando per via telematica – sotto la sua responsabilità – il possesso dei requisiti soggettivi e oggettivi e indicando, tra l’altro, anche il luogo ove intende svolgere la sua attività;
- che l’ottico-optometrista prescelto abbia provveduto a registrare il proprio titolo abilitativo presso la ASL nel cui ambito territoriale intende stabilire il suo abituale esercizio, ivi depositandolo in originale (ex artt. 3, 4 e 5 del R.D. n. 1334/1928); la legge esclude, infatti, la liceità della figura dell’ottico c.d. “itinerante”;
- che l’ottico‑optometrista tenga esposto, in modo ben visibile, nel locale stesso, la propria licenza o titolo di abilitazione con l’annotazione dell’avvenuta registrazione all’ufficio comunale (ex art. 20 del R.D. n. 1334/1928);
- che l’ottico-optometrista sia in possesso di adeguata copertura assicurativa per eventuali danni cagionati a terzi nell’esercizio della sua attività;
È opportuno infine specificare nel contratto stipulato con il professionista la natura del rapporto e l’esclusione di qualunque vincolo di subordinazione, oltre che un’apposita clausola, specificamente approvata per iscritto dal professionista, di esclusione di qualsivoglia responsabilità in capo alla farmacia per eventuali danni da questi cagionati a terzi nell’esercizio della sua attività, con espressa manleva della farmacia da eventuali richieste e/o azioni risarcitorie.
Si precisa infine che il rapporto con la clientela finale [la richiamata circolare fa riferimento ai “pagamenti e la relativa fatturazione”] sembra poter essere gestito anche direttamente dalla farmacia, affidando l’intera gestione del reparto a un ottico qualificato che assumerebbe in tal caso la figura di “preposto” a tale attività nel contesto di un rapporto libero-professionale.
In conclusione sembra pertanto potersi ammettere la presenza, in caso di apertura di un corner ottico in farmacia, di un ottico‑optometrista, essendo consentito alle farmacie senza l’assistenza diretta dell’ottico la sola vendita di “…occhiali premontati, con produzione di tipo industriale, per la correzione del difetto semplice della presbiopia…”, peraltro con le specifiche tecniche e con gli accorgimenti prescritti dall’articolo unico, comma 1 e 2, del decreto del Ministero della Salute del 23/7/1998 e ss.mm.ii.
(laura giordani)
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