Sono socio al 45% di una srl ma secondo lo statuto io partecipo agli utili non al 45% ma al 40% perché il 60% è riservato all’altro socio e questo perché l’altro socio è stato il motore della nostra società e in pratica apportatore della gran parte della clientela iniziale, che però io ho contribuito negli anni ad accrescere.
L’altro socio sembrerebbe però intenzionato a impormi un aumento della sua partecipazione agli utili dal 60 al 75% e la riduzione della mia dal 40 al 25%, ferme naturalmente restando le quote possedute da ognuno.
Secondo il mio avvocato, egli avrebbe facoltà di aumentare in questo modo la sua partecipazione e questo perché lo statuto prevede espressamente sempre la maggioranza assoluta e mai l’unanimità.
Potete darmi qualche indicazione?
Come abbiamo ricordato anche in una News recentissima, secondo il terzo comma dell’art. 2468 “resta salva la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società e la distribuzione degli utili”.
E qui siamo naturalmente proprio in tema di “particolari diritti”, vista appunto la diversa percentuale di partecipazione agli utili rispetto a quella di partecipazione al capitale sociale.
Ma il successivo quarto comma prevede anche che “salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo [come vediamo, anche in materia societaria il codice – pur quando detta un principio – fa spesso salva, a meno che non si tratti di una norma imperativa e quindi di un principio inderogabile, una diversa concorde volontà delle parti che nella fattispecie si risolverebbe evidentemente in una “diversa disposizione dell’atto costitutivo”] e salvo in ogni caso quanto previsto dal primo comma dell’art. 2473, i diritti previsti dal precedente comma possono essere modificati solo con il consenso di tutti i soci” [cioè, con l’unanimità del consenso].
Senonché, stando al quesito, il vs. statuto sembra rimettere alla maggioranza assoluta ogni decisione, comprese quelle riguardanti eventuali modifiche di “particolari diritti” di un socio [e quella riguardante la misura di partecipazione agli utili altro non è, come detto all’inizio, che un “particolare diritto”], e dunque dovrebbe rendersi senz’altro applicabile il primo comma dell’art. 2473, richiamato, come abbiamo appena letto, dal quarto comma dell’art. 2468 sopra riportato.
Ora secondo il primo comma dell’art. 2473, in caso di “rilevante modificazione dei diritti attribuiti a norma dell’articolo 2468 quarto comma” il socio dissenziente – quindi Lei – ha diritto di recedere dalla società con le modalità previste dallo statuto, e in ogni caso dallo stesso art. 2473.
Ed esercitando il recesso Lei avrebbe diritto al rimborso della Sua quota di partecipazione alla srl [che resterebbe ovviamente quella attuale del 45% dell’intero capitale sociale] in proporzione al patrimonio della srl, “tenendo conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso; in caso di disaccordo la determinazione è compiuta tramite relazione giurata di un esperto nominato dal Tribunale, che provvede anche sulle spese, su istanza della parte più diligente”.
Il rimborso deve inoltre essere eseguito entro 180 giorni dalla comunicazione dell’esercizio del diritto di recesso alla società.
In definitiva, come forse si sarà colto, Lei non ha facoltà di opporsi alla modifica della misura della partecipazione agli utili dell’altro socio [e quindi avrebbe ragione il Suo avvocato], ma potrebbe nondimeno avere la possibilità di recedere, quindi di “uscire”, dalla società con una remunerazione corrispondente al valore della quota posseduta.
Resta tuttavia un dubbio: quando può ritenersi veramente “rilevante” – tale cioè da consentire il recesso del socio – una “modificazione dei diritti attribuiti a norma dell’articolo 2468 quarto comma”, cioè di un “particolare diritto” come quello che il vs. statuto riconosce all’altro socio e che egli parrebbe ora voler rendere ulteriormente particolare?
Può forse, cioè, ritenersi “rilevante” un aumento della misura di partecipazione dal 60 al 75%?
Nonostante le ragioni che potrebbero aver giustificato, fin dalla costituzione della società, la diversità di partecipazione di ogni socio agli utili, l’impressione è che nel Suo caso la risposta – tanto più considerando il successivo Suo “contributo” all’aumento della clientela – possa/debba essere positiva, con il riconoscimento perciò del diritto da parte Sua, laddove l’altro socio intenda perseguire l’obiettivo, di esercitare il recesso.
Non possiamo però nutrire certezze anche per lo scarso aiuto che si può trarre dalla giurisprudenza.
(stefano lucidi – gustavo bacigalupo)
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