Diversamente dalle società di persone, le cui regole di funzionamento possono derogare pressoché a tutte le disposizioni codicistiche che le riguardano, nelle società di capitali il codice civile detta numerose norme imperative, come tali inderogabili e non modificabili dai soci neppure di comune accordo tra loro.
E’ possibile tuttavia individuare – all’interno della stretta disciplina della normativa applicabile – uno “spazio” di derogabilità, o in ogni caso di forte attenuazione dell’imperatività, nel terzo comma dell’art. 2468 cod. civ., secondo cui “resta salva la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società o la distribuzione degli utili”.
Lo statuto potrà dunque legittimamente contenere particolari pattuizioni tra i soci circa una possibile/eventuale “supremazia” di uno rispetto all’altro o agli altri, in deroga specifica al principio generale in base al quale i diritti sociali spettano ai soci in misura proporzionale alla partecipazione da ciascuno posseduta e le loro partecipazioni sono determinate proporzionalmente ai rispettivi conferimenti.
Con riferimento per esempio all’amministrazione della società [un aspetto ovviamente spesso fondamentale nei rapporti tra i soci e in quelli tra loro e la società], potrà essere previsto l’obbligo che qualsiasi decisione dell’organo amministrativo debba comunque essere “avallata” da un socio anche non amministratore, ferma naturalmente in tal caso l’estensione a quest’ultimo della responsabilità prevista dall’art. 2476 cod. civ. nei confronti dei terzi, degli altri soci e della società stessa [v. Sediva News del 4/10/2023].
Come anche la distribuzione degli utili può essere prevista in misura proporzionalmente diversa rispetto alla partecipazione di ciascun socio al capitale sociale.
E tuttavia, ma non poteva essere altrimenti, il quarto comma del citato art. 2468 cod. civ. prevede che questi diritti particolari dei soci possono essere modificati soltanto con il consenso di tutti, fatta sempre salva una diversa disposizione dell’atto costitutivo.
Pertanto, ove quest’ultimo contempli una espressa deroga all’unanimità [prescritta in principio, come appena detto, dall’art. 2468], scatta la facoltà di recesso da parte del socio che non ha approvato la delibera di modificazione dei diritti particolari attribuiti ai singoli soci, con le importanti conseguenze che abbiamo analizzato recentemente [v. Sediva News del 6/10/2023].
Ancora una volta, insomma, la raccomandazione deve essere quella di prestare la massima attenzione alle scelte che in ambito societario [indifferentemente che si tratti di una società di persone o di società di capitali] possiamo essere chiamati a operare valutando soprattutto, è chiaro, i relativi effetti.

(stefano lucidi)

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