Ho letto con interesse la vostra Sediva News di oggi riguardante l’impossibilità di operare la scissione con scorporo di una società con due farmacie.
Sono un Notaio e sto seguendo un caso in cui riterrei invece applicabile lo scorporo perché è vero che la società di cui mi devo occupare è titolare di una farmacia, ma tra i beni strumentali c’è anche il locale dove viene esercitata l’attività.
Premesso che condivido quello che avete scritto sulla non praticabilità di questa figura introdotta quest’anno dal codice civile, mi sembra invece che sia legittimo il suo utilizzo in questo caso e che la società possa pertanto procedere alla costituzione di una NewCo alla quale assegnare naturalmente il solo bene immobile, procedendo perciò proprio a una scissione mediante scorporo.
Che ne pensate?
Ricordiamo intanto, anche se a Lei evidentemente è già ben noto, che, secondo il primo comma del recentissimo art. 2506.1 del codice civile, “Con la scissione mediante scorporo una società assegna parte del suo patrimonio a una o più società di nuova costituzione e a se stessa le relative azioni o quote a se stessa, continuando la propria attività”.
Ora, nella vicenda che Lei descrive, alla società di nuova costituzione verrebbe assegnata l’unità immobiliare ove viene svolta l’attività, cioè il “locale farmacia”, e il suo capitale sarebbe posseduto interamente dalla società titolare dell’esercizio.
Quindi, quest’ultima – che, stando al dettato dell’art. 7 della l. 362/91, avrebbe tuttora il suo oggetto esclusivo nella gestione di una o più farmacie – dovrebbe integrarlo con l’apertura espressa [quel che del resto vediamo nella gran parte degli atti costitutivi delle società, titolari o meno di farmacia] all’assunzione di interessenze o partecipazioni in altre società, di persone o di capitali [sempre fermo tuttavia il rispetto degli artt. 7 e 8 della L. 362/91 e succ. modd.], e al compimento, sia dal lato attivo che da quello passivo, di qualunque operazione finanziaria, compresa qualsiasi forma di investimento, commerciale, mobiliare e immobiliare, non nei confronti del pubblico.
Beninteso, questo è solo un banale esempio [tra i tanti ipotizzabili] di un possibile allargamento – che riterremmo francamente legittimo – dell’oggetto sociale, pur esclusivo che sia, di una società titolare di una farmacia, come nel caso che Lei ha proposto.
Non vediamo infatti ragioni che ci convincano che possa ritenersi davvero precluso a una società titolare di una o più farmacie investire le proprie risorse – o in generale il suo patrimonio – in operazioni anche del tipo di quella indicata nel quesito.
Ci rendiamo conto di come possa essere lecito propendere anche per una lettura diversa, ma a noi sembra – pur non potendo né dovendo mai sottovalutare l’imprevedibilità soprattutto del Consiglio di Stato – non seriamente del tutto sostenibile [e non da oggi…] perfino la tesi della permanenza nell’attuale nostro sistema di settore, a maggior ragione dopo la prima legge sulla concorrenza n. 124/2017, dell’esclusività dell’oggetto sociale di una società titolare di una o più farmacie.
Sembra d’altronde per la verità ingiustificata, e sotto parecchi profili, un’interpretazione eccessivamente rigorosa [e dunque strettamente letterale] di un disposto normativo rimasto inspiegabilmente uguale a se stesso nonostante le successive manipolazioni del legislatore.
Pur non potendo naturalmente escludere nulla, crediamo in conclusione di non poter dare una risposta negativa al quesito.
(stefano lucidi – gustavo bacigalupo)
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