Io e altri due miei colleghi, in procinto di acquistare una farmacia insieme, siamo propensi a costituire una srl, come ci ha indicato il notaio.
Saremmo però d’accordo nel consentirci reciprocamente dopo almeno tre anni dalla costituzione di cedere la quota, e quindi vorremmo sapere quali sono gli aspetti connessi al trasferimento di quote di una società di capitali nel caso in cui accogliessimo le indicazioni del notaio sulla srl.

 

La trasferibilità delle quote sociali rappresenta molto spesso uno dei “nodi” complessi da sciogliere, quel che evidentemente vale anche [ma spesso ancor più] nella fase di costituzione di una società che intenda conseguire la titolarità di una o più farmacie.

Ora, mentre in una società di persone [e segnatamente in una società in nome collettivo] la “personalità” di tale tipo di società giustifica la previsione codicistica dell’incedibilità* della quota per atto tra vivi senza il consenso degli altri soci, in una società di capitali vale invece il principio inverso della cedibilità della quota, che si fonda sulla garanzia di libera circolazione delle quote, quindi del capitale, essendo d’altra parte indifferente che sia Tizio invece di Caio a partecipare a una srl o a una spa.


*N.B. – È un principio, pur ampiamente e per mille vie derogabile, che si ricava dal disposto dell’art. 2252 c.c., secondo il quale “il contratto sociale può essere modificato solo con il consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente”, così in sostanza sancendo appunto l’incedibilità della quota senza il consenso di tutti gli altri soci.


 

Proprio questa indifferenza della persona del socio, sia detto tra parentesi, la dice forse lunga sulla disagevole applicabilità della srl nelle società “familiari” di farmacia, come del resto se ne contano tante nel nostro sistema.

Ma, si ricordi, sono derogabili sia – incondizionatamente, come detto – il principio della incedibilità nelle società di persone come anche quello della libera cedibilità nelle società di capitali, con l’importante diversità che, per queste ultime, in caso di introduzione nell’atto costitutivo di una disposizione in deroga al principio e che pertanto fissi l’incedibilità della quota*, sorge in capo al socio o ai suoi eredi il diritto di recesso da esercitare ai sensi dell’art. 2473.


*N.B. – Una disposizione derogatoria che sarebbe pienamente legittima, perché l’art. 2469 del cod. civ. fa “salva” una “contraria disposizione dell’atto costitutivo”.


 

Per la migliore intelligenza di questo passaggio, tuttavia, vale forse la pena riportare integralmente il testo della disposizione applicabile che è quella di cui al comma 2 dell’art. 2469 cod. civ.:

Qualora l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti, o ponga condizioni o limiti che nel caso concreto impediscono il trasferimento a causa di morte, il socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 2473. In tali casi l’atto costitutivo può stabilire un termine, non superiore a due anni dalla costituzione della società o dalla sottoscrizione della partecipazione, prima del quale il recesso non può essere esercitato”.

Come si vede, la finalità della circolazione delle quote il codice sembra volerla perseguire e raggiungere con pienezza anche nel caso di una norma statutaria in deroga, concedendo al socio la facoltà di recesso e con il diritto pertanto al rimborso della propria partecipazione in proporzione al patrimonio sociale.

Aggiungiamo che il valore della quota del socio receduto è determinato tenendo conto di quello di mercato al momento dell’esercizio del recesso e il relativo importo deve essere versato entro 180 giorni dalla comunicazione del recesso stesso.

Infine, attenzione: se gli altri soci o un terzo concordemente individuato da tutti i soci – sempre nella fattispecie che stiamo articolando seguendo ovviamente la linea indicata nel quesito – non si rendano essi stessi acquirenti della quota del socio receduto, oppure, in alternativa, le riserve disponibili non siano sufficienti a far fronte all’obbligazione pecuniaria, la società rischia seriamente di dover essere posta in liquidazione.

È un argomento, insomma, delicatissimo anche per le tante sfaccettature che può presentare quando si progetti il famoso “passaggio generazionale” della farmacia, che dunque è un altro dei tanti aspetti che va ben ponderato in questa fase di individuazione della forma sociale più aderente ai vs. interessi.

In questo quadro, perciò, non deve avere per Voi grande importanza che la forma della società Vi sia suggerita da un notaio o da chiunque altro, essendo irrinunciabile, come abbiamo tentato di illustrare brevemente, un’ampia visione a monte di quelli che in medio e lungo periodo possono essere i Vs. reali obiettivi.

Certo è, in ogni caso, che l’idea di introdurre nello statuto una qualche libertà, più o meno robusta, di consentirvi una libera uscita dalla società dopo tre anni non sarà facile realizzarla, anche se – per la verità – potrebbero affiorare nel concreto strade di lavoro percorribili in grado di favorirvi anche in questa direzione.

(stefano lucidi – gustavo bacigalupo)

 

La SEDIVA e lo Studio Bacigalupo Lucidi prestano assistenza contabile, commerciale e legale alle farmacie italiane da oltre 50 anni!